Nuova Repubblica - anno III - n. 31 - 9 ottobre 1955

(79) nue,a repul,blica UN TEATRO NAZlffNAtE FET1c1·s~o DEJ~ REGISTA di VITO PANDOLFI S I- APRIRA' TRA POCO la nuova stagione te,atrale, ed avremo, come al solito, qualche classico inscenato con molta cura e molta spesa, le novità americane di prammatica (a volte guidate da nobili intendimenti, del 1'-esto), e, per fanalino di coda, le obbligatorie novità italiane, verso l'aprile. Come sempre. E come sempre la questione del teatro nazionale a Roma. Che, ancora una volta, co1Te il rischio cli restare insoluta, nonostante i ten– tativi che si compiono per risolverla. Chi scrive è pe1·– fettamente convinto che quanto potrà dire in materia è de– ·stinato a restare lettera mo1ta, Uno Stato che continua a considerare i giornalisti, tnilitari fino al sessantesimo anno di ~tà, non è certo il più adatto· ad ascoltare 'quanto - in una materia minol'C come può esserlo quella del tea– tro nazionale - si può scrivere sulla stampa, in proposito, facendosi portavoce dell'opinione pubblica. Del resto si sono ormai versati fiumi d'inchiostro sull'argomento, e non sarà. un piccolo rivo come il presente, a causare la piena. Nonostante tutto questo, vi sono ferme speranze in molti di noi, che un giorno la vita democratica avrà. una sana circolazione·f é:; che l'esporre, chiar.amente un'opi– nione possa suscitare un seguito. Cominèiamo ad esporla fin d'ora, perché anche questo ,nodo -. piccolo nella vita <li una nazione, ma pur sempre nodo ~ non può non ve- nire al pettine. -----. E' noto che ogni capitale d'Europa ha il suo teatro nazionàle dove vengono rappresentati i classici nazionali e stranieri: Molto spesso in forma tradizionale e didattica, ~on un.'innata tendenza· .all'ammuffimento e· al conservato– risipo. Ma insomma un teatro stabile· nazionale esiste, e fa <la termine di paragone, in male o in bene,. per tutta la vita teatrale del paese. Lo straniero ·che visita Roma, vor– rebbe conoscere il suo teatro, ma il più delle· volte non ·trova invece che una serie di classici e novità straniere, che . naturalmente non lo interessano. Il grosso pubblico delle terze visioni - di studenti; o di impiegati - vor– rebbe seguire un teatro che ·fosse strumento di cultura e gli parlasse un linguaggio comprensibile, e invece, gli stu-' denti si vedono persegt1itati dà compagnie di infimo or– dine che sfruttano la sua ,·oglia di inarinare la scuola, e la gente di modesta condizione (che è tanta, proprio a Roma)· si vede confina1'6 in loggione, da dove - bisogna dirlo - qualsiasi spettacolo diviene indigeribile. Che la fondazione cli un teatro nazionale a Roma sia una que– stione cli decoro nazionale, una vera e propria necessità pubblica, nessuno ormai può più metterlo in dubbio. Da ogni parte le opinioni sono concordi'. Perché allora non vi si provvede? Perché i numerosi tentativi compiuti in questo senso ·hanno tutti fallito allo scopo? Sostanzialmente perché non si è raggiunta una con– cordanza di for-.wche lavorassero a questo scopo. Ogni ·ini-• ,,iativa è stata di parte e tendeva ad escludere le altre pa,,tÌ. Gli ostacoli da superare sono troppo ardui perché li si possa superare da soli. D'altronde un teatro che venga ad assumere un ruolo preciso nella vita della na– zione, ne sia cioè « il teatro nazionale ~, non può farsi espressione di individuali tendenze artistiche. Deve presen– tare· un panorama, non un solo volto. Ciò che intralcia tutti i movimenti che si compiono in questo senso, è, a mio p,a– rere, la sopravvalutazione dei compiti del regista teatrale, la confusione che si fa solitamente tra regista e direttore artistico di un complesso. Del regista si parla nel teatro italiano solo da trenta anni, ma siamo giunti· ormai al feticismo. Il teatro offre ottimi registi che sono pessimi direttori artistici (non sanno scegli•~l'e un ,,epertorio, fol'mare e- guidare un complesso) e viceversa; le due qualità. difficilmente si trovano riunite nella stessa persona. Quando mai si è visto un teatro di opera a cui sovraintende un direttore d'orchestra che· per cli più diriga tutte ·Je rappresentazioni? I poteri si deb– •bono equilibrare e contl'obilanciare. Né. un Teatro Nazio– ;,ale può affidarsi ad un regista stabile. Abbiamo a Roma clivel'si registi cli qualità.. Qi sembra la cosa più mgio– nevole alternarli al lavoro, sotto la direzione -di un so– vraintendente - uomo di cultura e organizzatore al tempo stesso - con gli stessi poteri - controllati da una com– missione - ciel ~ovraintendente dei nostri teatri d'opern, o alla Gomedie I<'·rançaise. Un Teatro Nazionale avrà. come principale cura quella di valorizzare il repe1torio e_ le tradizioni nazionali. Praticherà. prezzi moderati ed abbo– namenti, come usa fare da decenni l'Accademia di S.anta Cecilia... Le nostre opinioni -possono, dirsi banali, tanto sembrano acquisite, tanto 1·ispettano il -buon senso. E;ppure, quando è settembre e il vento rinfresca il co– lore di Roma, vediamo· riformarsi questi tentativi - al– meno dieci volte in vent'anni - e regolarmente crollare in partenza o a breve distanza. Si è sempre tradito il buon senso, correndo.:-dietro· ai· propri sogni personali, a quelle ambizioni che• non· trovano né consenso né attenzione nel di~ti·atto pubblico ?omano (troppe volte preso per il ba– vero, nella sua storia millenaria per poter essere .attratto con facilità). Eppure,· il buon senso finisce sempre. con l'averla vinta. Vedre,mo quando., Sarà una staJ;ione dav• vero ·riul>rìta ·di novità, quella. 7 (Dis. di Dino Bo&chiJ (Secondo ,in'inchiesla di wi giornale di Ginevra l'ltaliq. è il paese d'Eul'opa che ha il maggior nume,-o di avvocati) Il paese del diritto TOYNBEEE LA STORIOGRAFIA CONTEMPORANEA L • OPERA in dieci volumi di Arnold Toynbee, Study ' o/ Ilistory, è ormai completa con la pt1bblicazione, avvenuta nel HJ54,' dell'ultima parte; le prime due erano uscite l'Ìspettivamente nel 1933 e nel 1939. In JiC nea generale, si può dire che il pubblico, o per lo meno quella parte di esso che è preparato ad affrontare let– ture serie, ha fatto al libro un'accoglienza sempre più ca– lorosa, mentre gli storici accademici, che in un primo n:io– mento si erano mostrati rispettosamente critici, .hanno as– sunto un ;i'tteggiamento ,sempre •più ostile e sprezzante. Si può dire che questi atteggiamenti cont1·astànti si sono chiaramente delineati per la prima volta. dopo la pubbli– cazione, nel 1947, del co;npendio in un solo volume dei primi sef volumi. Questo compendio raggiunse una vendita veramente sensazionale in America ed ebbe una buonà accoglienza anche altrove. Gli storici aprirono il loro luoco in ·questa occasione, ma anche la pubblicazione degli ul– timi quatti-o volumi, nel 1954, incontrò un vero e pro– prio sbar)'amento di ostilità -da parte delle ·eminenti per– sonafità che recensirono il libro nei _periodici culturali. E' facile comprendere entrambi questi atteggiamenti. Il _pubblico è stato grato a uno scrittore che, pur posse– dendo un'enorme cultura storica - questo merito non -gli è stato· mai contestato da nessuno - si è dedicato ad oro dinarla in maniera da darle un significato e, si potrebbe dire, . una filosofia. Gli storici accademici, d'altra parte, hanno· idCermat.o che Toynbee ha svisato i fatti per adat– tarli alle sue teorie. Non si può negare che Toynbee non ha fatto nulla per conciliarsi questo genere di critici. Egli accusa gli sto– rici accademici di_ perseguire una « onniscenza senza sco– po ~, un'accumulaziQne anti-scientifica di conoscenze, senza tentare di chiarirne le leggi, presentando,. secondo le parole di Shakespeare, « una storia raccontata da un idiota, che non significa nulla ». Inoltre, le sue idee recano offesa a molte correnti di pensiero. Egli offende i razionalisti at– tribuendo un'importanza suprema alla religione; offende i I"eligiosi considerando tutte le religioni esistenti come im– perfette e parlando in maniera molto dura contro la Chies·a Cattolica. Ma su un punto non può esservi dubbio alcuno: Toynbee ha qualche cosa da dire ed ha il coraggio di dirlo. Egli non è un propagandista in ·cerca del « voto » del lettore. Forse il modo migliore per presentare Toynbee e la sua teoria della storia è di accennare alla sua biografia, di descrivere la sua esperienza personale. · Toynbee nacque nel 1889, in una famiglia benestante e molto còlta, vari membri della quale si erano distinti nel campo della letteratura e della cultura. Ricevette una ottima educazione a Winchester e ·a Oxford, dove· studiò greco, latino, letteratura, storia e filosofia e quando giunse alla virilità era già. considerato uno studioso di prodigiose qualità.. Poi venne il 1914; e un pensiero lo colpì a un tratto: « Ho già percorso questa strada priina d'ora ... nei miei studi ellenici ». Era nato in un mondo dominato da una. prosperità e da un ottimismo senza precedenti; ·ed ora veniva il crollo. Così era accaduto anche p,ella storia ellenica: la stol'ia si stava ripetendo. La civiltà. ·ellenica si era sfasciata, disintegrata e aveva cessato di esistere. Perchè? Era questo inevitabile' destino di tutte le civiltà? Questo quesito portò :naturalmente 1'àt– tenzione di .Toynbee su altre ·civiltà: l'archeologia inodér- na a,veva già. fatto molte scoperte su un gran nui:nero di civiltà che, non solo erano motte come l'ellenica, ma da lungo tempo erano sepolte e dimenticate. Che cosa era questo « càncello della morte» attraverso il quale erano· tutte passate?•Poi -c'era un certo numero •di civilfà ancora viventi con le quali l'Occidente· modèrnò' èra stato da tempo in contatto: la civiltà indù, quella islamica e quella dell'Estremo Oriente. In quali condizioni si twva- '>< vano queste civiltà. al momento attuale? e OSI' Toynbee _fu indotto a esplorare tutte le civiltà, morte e vive, note alla storia; ad .esaminare quelle morte con l'intento di scoprire la causa della loro scom– pa.rsa; ad esaminare quelle vive nell'intento di scoprire se ,ivelavano gli stessi tragici sintomi cli mortalità. Era naturale che Toynbee· iniziasse le sue ricerche da quel punto, perché era stato il colpo mortale dello scop– pio della prima guerra mondiale che aveva per la pri,ma volta indirizzato i suoi pensieri· su quella via. Ciò nondi– meno egli aveva conùnciato, diciamo cosi, dalla fine della storia, ed era inevitabile cl!è PQ!\Sa!'Sepoi ad esaminare le origini e lo sviluppo delle civiltà. :N,aç_quecosì la strut– tura generale intorno alla quale fù elahoi1,ta. l'_intera sua· eper.a: re Genesi, gli Sviluppi, il Crollo ·:e la Disi'ltegra- .zione delle Civiltà. . . ., ,. Quando diciamo civiltà, intendiamo una abbreviazione per ·«.una società. in via di civilizzazione». Al di lÀ clelle civiltà, e per un· periodo di ·forse mezzo milione di anni, l'umanità visse in società primitive. Poi vennero, circa. sei– mila anni fa, questi esperimenti, questi_ tentativi di co– struire un tipo di società più ambizioso e complesso. Espe– rimenti azzardòsi, terminati nel fallimento! Ma sono tutti destinati a ·terminare nel fallimento? Toynbee respinge il determinismo di Spengler. · ,· Vi sono state in tutto circa due dozzine di queste civiltà e alcune di esse sono legate fra loro. E' ovvio ad esempio, che la nostr11 civiltà. occidentale è sotto certi aspetti il «rampollo» di quella ellenica e che l'ellenic_a a sua volta era legata, sebbene in mani~ra diversa, alla civiltà. Minoica o Cretese. In qual modo la nostra civiltà si ricollega a quella ellenica? - evidentemente attraverso la Chiesa Cristiana, che sorse come una religione proleta– ria nel mondo ellenico, sopravvisse al suo crollo, e _gettò le fondamenta _del)a nostra ciyiltà.. Oggi essa è ormai su– perata? Jn ogni ciyiltà i fatti sono diversi, ma il loro intimo significato è in gran parte lo stesso. I critici osserveranno che la storia non è così nitida e simmetrica come appare nell'esposizione di Toynbee. Forse; ma egli ha illuminat > molti punti oscuri, ed anche coloro che non sono d'accordo con lui su molte questioni dovranno ammettere di avere imparato molto dalla sua opera. Le regole elaborate da Toynbee si applicano anche al mondo di oggi che, sotto molti aspetti, è tanto diverso da qualsiasi precedente periodo? E' questo un altro soggetto su eui Toy,nbee ha molto da dire. Alcuni apprezzano la sua opera come panorama del passato. Tale essa è senza dubbio; ma il suo scopo nell'elaborare tate panorama è di servirsi del passato per formulare una diagnosi del pre– sente. e del futuro. D. C. SOMERVÈLL

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