Nuova Repubblica - anno III - n. 30 - 2 ottobre 1955

(78) nuova repubblica ASTRATTISMO E NATURALISMO di MAURIZIO CALJIESI T UTTI CONOSCONO la primaria importanza, avuta dall'Italia, soprattutto a partire dal duecento, nella storia dell'arte europea. Ma non tutti si rendono conto che l'Italia perde questo primato con lo scoccare dell'ottocento. Quella che era un'arte di risona.nza inter– nazionale, diviene un'arte provinciale. I inacchiaioli non sono pittori da buttai· via; ma il limite del loro provin– cialismo è palese. II primato delle arti passa, dal neoclassicismo in poi, decisamente alla Francia. Ma gli italiani, naturalmente, non se ne accorgono: si sentono alle spalle Michelangelo e Tiziano e si ri4tngono i continuatori di una immortale tradizione. Così, alla piaga del provincialismo, si aggiun– gono i ceppi della tradizione. L'ombra del Rinascimento italiano si proietta sulla prodmsìone moderna e, mentre cnlla le illusioni di grnndezza, limita la libertà: creativa, instrada inesorabilmente verso l'accademismo. Merito grandissimo del futurismo è quello di aver for,;ato questa situazione, di aver cercato una via di uscita. E' veramente strano: sotto il profilo politico, è ben noto, il movimento futurista sfocia e si fonde nel fascismo; e il fascismo è, tra l'altro, proprio la somma e la risultante di e.erti difetti nazionali, come il provincialismo, il na– zionalismo, il culto della tradizione. Per altri aspetti in– vece, e qui sta, come dicevo, il suo merito eccezionale, il fotnrismo combatte proprio queste limitazioni. La spiega– zione è probabilmente da ricercarsi nel fatto che questo movimento, nel campo delle arti figurative, annovera una personaHtà di non comune intelligenza storica, come il Boccioni. Boccioni è, naturalmente, un nazionalista: in– fatti vuole restituire alla pii.tura italiana il suo primato. Ma appunto perché cerca di restituirgHelo, si rende conto, evidentemente, che questo primato l'Italia lo ha perduto. Egli poi capisce un'altrn cosa: che non è riallacciandosi alla tradizione, Ìna troncando assolutamente con essa, dando addirittura « fuoco ai musei >, che la pittura italiana po– trà trovare un suo nuovo vigore. Boccioni, in realtà, ca– pisce a pieno che la nuova pittura europea ha un solo punto di partenza: l'impressionismo. E' perciò -con Boccioni che la pittura italiana fa le sue mosse per uscire dal gretto provincialismo, e per ridi-_ ventare li.nguaggio europeo. Ma purtroppo Boccioni muore in guerra. La successiva pittura italiana, pur annoverando personalità notevol,i come De Chirico, Carrà, Casorati, at– traverso la fase metafisica che sembra quasi denunciare l'ossessione e lo squallore di un gusto neoclassicista ormai 1-iaffiorante, precipita ben presto nel cosiddetto e nove– cento >, provincialissimo e hastardo. Soltanto la. seconda guerra mondiale ha spazzato·, da noi, le ultime tracce del novecento; la caduta del fascismo, i contatti- internazionali presto ristabiliti, il miglioramento ulteriore dei mezzi di- comunicazione, la diffusione delle borse di studio, hanno in breve tempo creato in Italia le condizioni favorevoH alla nascita di una nnova pittura, di validitl. europea. Si parla di pittura europea: è ormai evi– dente, infatti, che non ha più senso parlare di < tradizio– ne > itaHana (oggi la nostra sola tradizione, del resto am– piamente superata, è quella del futurismo), né, quasi di– rei, di una pittura italiana; come non ha quasi senso par– lare, oggi, di una pittura francese od inglese. Ciò che è venuto meno è il ~i!?llificato limitato e distintivo di « scuo– la»; vi sono soltanto delle tendenze, che-accomunano, an– che a distanza, pittori di diversi paesi. E se vi sono molte tendenze, si può anche dire che v'è un solo linguaggio. O almeno un linguaggio principale, un linguaggio più vi– vamente at.tuale: che è quello astratto. F INO A qualche anno fa, molti sarebbero stati pronti a giurare sulla tine, a breve scadenza, dell'astrattismo. Si è invece assistito al fenomeno opposto: in questi ultimi anni l'astrattismo si è diffuso, ha fatto ovunque prose– liti. Lo stile « figurativo> passa invece un brutto quartÒ d'ora. Sta di fatto che è ormai ben difficile, visitando uria mostra, trovare un quadro figurativo che convinca, che dimostri una sua necessità morale; mentre, nel campo dell'astrattismo, stralciata tutta l'abbondante ed inevita– bile zavorra, non è raro incontrare dei pezzi che rivelano un.,..in1pegno, una forza, una validità, infine, vera.mente genuine. Che cosa è avvenuto? Evidentemente, lo stile figu– rativo non riesce a rinnovarsi; ·10 stile astratto, invece, deve aver trovato qualcosa di nuovo, deve aver fertilizzato nelle coscienze. L'astratti~mo, ormai, conta molti anni di vita. Anche in Italia, in seno al movimento futurista, Giacomo Bafla fece· degli esperimenti d'arte astratta. L'astrattismo di Balla ò interessante perché è, in un certo senso, la forma più elementare, •più spontanea di astrattismo: elementare anche come giustificazione teorica. Quando, in polemica con gli assertori di un « soggetto » chiaraÌnente dfatingui– bile, si ce1·ca una spiegazione per l'arte non figurativa, si ricorro spesso al paragone della musica: la musica è puro accordo di su9ni, così il quadro astratto è puro accordo di linee e di colori. E non è certo moderno, il tentativo di trovare delle gamme di colori corrispondenti ad accordi musicali · (fu persinq ,inventato un apparecchio che tra- J 7 -~ . . \ 1/; -. :' i ~ ~ ~~-~~~-;_-?~ ±±~ . (Dis, di Gag) DOMENICA AL MUSEO: « Chi ti sembra più in gamba, Julinho o Schiaffino? » sformava i suoni in colori). Si può dire che l'astrattismo di Balla si informi a questa idea elementare, di far della musica con i colori. Una delle opere astratte più note di Balla è infatti la decorazione delle pareti di un auditorium in Germania. Da allora, l'astrattismo ha fatto molta strada, assimilando le esperienze del cubismo e dell'espressioni– smo. Ma solo nei pittori dell'ultima generazione, quelli che si sono formati nell'immediato dopoguerra, si può dire che l'atrattismo si appresti a divenire un linguaggio ne– cessario, coerente, non più vocabolario polemico e d'avan– guardia, non più esperimento, ma mezzo d'espt'essione autentico, assimilato alle coscienze, affinato da un'espe– rienza che ormai appartiene alla storia. J L FATTO E' che l'astrattismo, nelle esperienze di questi giovani, si appresta ad uscire dal meccanicismo pe,· gua– dagnare una sua umanità. Son concetti delicati ad espri– me1·e, ed anche pericolosi, particolarmente a cospetto di un pubblico, "'lo-time quello d'oggi, che ha ormai digerito gli ammonimenti crociani sull'identità di contenuto e di forma: tuttavia mi sembra che una decisa, anche se ne– cessariamente approssimativa, distinzione si imponga, tra l'astrattismo formaHstico, in cui il contenuto è «astratto» (o « freddo ») e l'astrattismo, diciamo, in funzione espres– siva, in cui la forma è astratta, ma non il contenuto. Che èosa sarà da intendere per contenuto astratto? Quando parliamo di forme « astratte », esprimiamo un concetto, in verità piuttosto banale, ormai a tutti ben noto e, per con– venzione, da tutti accettato: intendiamo forme senza te– stuali dfedmenti alla realtà esteriore, e cioè, come sarebbe meglio di.re , « non figurative >. Evidentemente, se questa astrazione è effettuata meccanicamente, senza partecipa– zione della fantasia (il che purtroppo avviene spesso e con– tribuisce a confondere le idee al pubblico non abbasta.nza preparato) non parleremo neanche di « contenuto », ma soltanto di vuoto. Non è però detto che ogniqualvolta il procedimento ·astrattivo è meccanico o fine a se stesso (cioè non in fun– zione espressiva di un «calore> sentimentale), debba ve– nir meno il contenuto. Se infatti la fantasia, con i suoi mi– steriosi suggerimenti, partecipa del procedimento astrat– tivo e presiede ad esso, avremo ugualmente un contenuto; ma sarà, appunto, un contenuto « astratto >. Esso potrà essere, ·ad esempio, il puro e semplice compiacimento della fantasia (qualcuno, tanto peri rifarci con un esempio al– l'antico, ha detto che il contenuto della pittura di. Paolo Uccello altro non è che il suo amore per la prospettiva) o un sentimento, o una sensazione, per l'appunto in astrat– to, come il dolore, la gioia, la paura, lo smarrimento ecc. Un sentimento, cioè, ricostruito « a freddo> con la fanta– sia e simbolizzato, più che espresso, con le forme astratte. Naturalmente, nella storia della poesia, c'è posto anche per questi « contenuti astratti », che possono dar luogo a finissimi capo)ayori. Ma, nel· quadro storico della nostra civiltà, mi sembra evidente che il culto di un contenuti– smo astratto in tal senso, e quindi chiuso, senza contatti diretti con l'inquieto, drammatico svolgimento della vita moderna, avrebbe decisamente avviato verso una nuova sorta di accademia, verso un immobilismo spirituale, in– compatibile con il positivo senso storico della nostra ci– viltà, e piuttosto riferibile prontamente e non a torto, da parte degli assertori del « realismo socialista>, all'entrata in crisi dei valori borghesi. In effetti, quella che oggi si sente imperiosa è l'esi– genza di un «realismo», cioè di un'aderenza concreta, sofferta alla realtà dell'esistenza. Ma i pittori che oggi si chiamano e 1·ealisti », e che si schierano contro le ten– denze astratte, son ben lontani da un effettivo « reali-_ smo > morale o di contenuto. Sono soltanto dei cartello– nisti, che fanno la propaganda alla classe operaia; car– tellonisti spesso pieni di forza e di genialità, come Gut• tuso, ma pittori superficiali, fuori eia.Ile linee di sviluppo storico dell'arte moderna. Picasso, che è il genio fìgu• rativo di questa prima metà del ventesimo secolo, è uno dei più formidabili «realisti> che la pittura annoveri, in forza della sua decisa, violenta presa di contatto con !"og– getto; ma non ha mai dipinto, pur variando continua .. . mente maniere, nei termini di uno stretto realismo figu– rativo. Egli non ha mai fatto (o se lo ha fatto non lo ht. sentito) neanche dell'atrattismo di contenuto, e quindi in– conciliabile con l'esigenza espressiva di un realismo mornle Quella che, per maturazione, l'astrattismo sta invece ora trovando, nei giovani pittori dell'ultima genernzione, /, la via di questa conciliazione. L'astrattismo « di conte– nuto> aveva provocato, con l'interruzione del diretto ,·ap– porto espressivo, una frattura fra arte e realtà. L'esigenza che si è sentita netrimmediato dopoguerra è sta.ta quelli, di ristabilire il rapporto. I primi tentativi in questo senso, qui da noi, li hanno compiuti i pittori di quella genera– zione, che oggi naviga tra i quaranta e i cinquanta. Essi hanno diffuso il cosiddetto stile «astratto-concreto>, ri– portando l'attenzione sull'oggetto e ricreando, sulla falsa- 1·iga della sua struttura reale, la struttura formale della composizione astratta: essi cioè banno curato soprattutto nella forma (giungendo però, talvolta, a fastidiosi com– promessi) la coRciliazione tra l'« astratto» e il «concreto»:. il rinnova.mento del contenuto ne è venuto spesso di con– seguenza. M_ A I PITTORI della gcnera.zione successiva, sembrano aver compreso che la forma può - anzi deve, forse, per una maggiore efficacia espressiva - 1·imanere del tutto astratta, purché sia in funzione di un contenuto concreto, diciamo pure, «realistico». Portet·ò ad esempio uno dei casi più interessant.i e. promoltenti: quello di Enzo Bru– nori. Si può essere «realisti», cioè concretamente ade– renti alla realtà, in molti sonsi. Per Brunori la via è quella, più piana e spontanea, del natu·ralismo. E se il naturalismo sembrava aver fatto il suo tempQ, nei tristi dipinti dei pittori domenicali, con questi quadri astratti rientra a vele spiegate nella storia della pittura, portando, al di fuori di ogni retorica, un accento di schiettezza, di autenticiti,. Brnnori dipinge quasi sempre paesaggi, molto spesso alberi. Ma quella che egli dipinge non è l'appa- 1·enza testuale degli alberi, ma l'emozione che destano in lui quegH alberi: emozione intensa, concretissima, conti– nuamente rinfrescata a contatto della sua sorgente. Della struttura naturalistica degli alberi non 1·imane, nella com– posizione astratta, che un suggerimento di taglio, cli ritmo snello e verticalistico, in cui si orientano e si coordinano i colori, intensamente orchestrati sui rapporti di luce; que– ste zone di colore, traducono in pmi valori emotivi il brn· Jicante, luminoso affollarsi delle foglie intorno al tronco. L'intensità espressiva dei colori è consentita a.ppunto dal· l'assoluta libertà fantastica del linguaggio astratto. Gli alberi di Brunori sono forse più di un esempio; sono orm~i quasi un simbolo, pe,· questi giovani pittori. Ed è sintomatico notare come abbiano già fatto scuola: alla recente mostra del Premio Esso, che è stata allestita a Venezia, uno dei premi maggiori è andato ad una com– posizione astratta, stupendamente viva., di un altro gio– vane, Giuseppe Aimone. In questo dipinto, intitblato « Giardino », è facile cogliere, nel serrato ritmo vertica– listico, l'eco degli alberi di Brunori. In sostan·za, la frattura tra arte e realtà, che più o meno semplicisticamente, e più o meno a proposito, è stata molte volte tirata in ballo per condannare la pittura con– temporanea, viene forse per la prima volta ad essere così spontanea, così serenamente risolta nella pittura di questi giovani. Una buona parte del pubblico, naturalmente, non se ne accorge, e continua a vedere dei segni indecifrabili: ma per costoro non c'è niente da fare,.

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