Nuova Repubblica - anno III - n.29 - 25 settembre 1955

.(77) nuova f.'epubblica '(Rrparti del nosll'o esel'c,:ro sono sfati ced,;li alla socirfà Ponti– De J,aurenti., per le scene di massa del film Guerra e 11acc) (Dis. di Dino Boschi) IL COLONNELLO MEDICO: « Abile, arruolato; destinazione 3.o Btg. Lux film » BOCCACCIO RIVIVE A CERTALDO LINGUAGGIO POPOLARE di VITO PANDOLFI S I COMPIE A VOLTE un lungo itinerario per percor– rere una breve distanza. Mi si permetta di descrivere quello da me compiuto per giungere alle rappresen– tazioni boccaccesche presentate con la mia direzione di fronte al palazzo pretorio cli Certaldo, nei luoghi dove Boc– caccio visse i primi e gli ultimi anni della sua vita. Non ho percorso il mio itinerario da solo. La mia esperienza , può dirsi forse un'esperienza generale, un viaggio che a que– sto porto è destinato a sfociare. Per uno strano caso circa dieci anni fa ebbi a parte– cipare a un Congresso di Arti e Tradizioni popolari. Erano per me scienze ignote o quasi, né valsero a chiarirle gli interventi degli illustri professori convenuti. llfa ebbi modo di conoscere uno studente sloveno, Mirko Omàr, che vi si dedicava completamente da diversi anni. Andava percor– rendo i piccoli paesi d'Istria e vi faceva « raccolta :t sia di oggetti elaborati dalla fantasia e dall'uso dei contadini, sia di racconti còlti sulle labbra degli avi, e che a loro erano giunti di generazione in generazione, leggende sentimentali o apologhi moralistici, con personaggi ora fiabeschi ora reali, Ebbi poi occasione di far pubblicare alcuni di questi documenti, e li volli presentare io stesso al lettore. Suc– cessivamente, in dieci anni di attività intellettuale, ebbi modo cli constatare sempre più frequentemente come alla _base dell'opera d'arte vi fosse più o meno in profondità e in lontananza, una tradizione popolare, una materia raccolta ed elaborata collettivamente, che attraverso un individuo prendeva poi una fisionomia precisa, si concretava stori– camente: Omero, come Shakespeare, sono un uomo come un popolo come un'epoca. Capitava allora a me come alla mia generazione e al mio tempo cli compiere le più diverse espe1·ienze, scon- • financlo in diversi mondi, disparati nello spazio e nel .tempo. Eppure sapevamo che la mèta non era ancora vi– cina. Bisognava giungere a qualcosa cli proprio, di incon– fondibile, vivere nella forma che ci era stata data dal destino: le tradizioni popolari del nostro paese ci forni– vano l'alveo su cui appoggiarci, l'humus su cui svilup– parci, da cui prender\) sostanza. Queste esigenze si face– vano sempre più forti di mano in mano che di ogni altra esperienza venivamo ben presto a toccare i limiti. Ma non era facile giungere a soddisfarle con una decisione sponta– nea ciel nostro lavoro, senza motivi velleitari che rendes– sero poi vano l'impegno. Le maturazioni per essere fo– concle, debbono procedere con lentezza, nel giro ciel sole. L'essere giunto a inscenare gli spettacoli boccacceschi, è stato cosi per me un punto d'arrivo. Più che la scienza filologica e delle fonti, una lettura senza schemi ciel « De– camerone > mi ha convinto che Boccaccio ha tratto ispi– razione quasi sempre, direttamente o indirettamente dalle tradizioni popolari della sua epoca e del suo popolo. Ecco perché ripo·rtare in luce nell'agitata esposizione di uno spettacolo parti ciel suo « Decamerone. » non costituisce il solito lavoro di scavo nel passato culturaie a cui nor~al– mente si dispongono gli ideatori di spettacoli all'aperto, ma significa nel nostro paese e soprattutto a Certaldo, dare continuità alle nostre tradizioni popolari - a quanto cioè è perennemente vivo, per sua natura e destinato a tra– smettersi di generazione in generazione - far sorgere ne– gli spettatori il senso della loro inestinguibilità, dare un ·motivo di più perché esse si arricchiscano e si sviluppino, stimolare l'immaginazione popolare. La pianta ciel « Deca– merone » può dare nuove gemme se può cli nuovo affon– dare le sue radici nell'lnimus che le è proprio, respirare nel clima che- la fece nascere. E' un mondo spirituale, un nucleo cli vita con una sua chiara linea e struttura, che può e deve trovare un ampio l'igoglio di frutti. E' noto quanto della novellistica boccaccesca, in temi, personaggi, C{lratteri, moti vi sentimentali e umoristici si ritrovi nella ··lhlteratura drammatica europea, da llfolière a Shakespeare. llfa la ricchezza di spunti e di commozioni che essa porge è ben lontana dall'essersi esaurita: essa può dare un contenuto più vivo che mai alle forme moderno di spettacolo, pantonùma, balletto, opera eia ca- 1nera, pot-pourri comico, drarnma br_eve e violento. Nonostante il disinteresso totale, quando non l'ostilità, delle autorità ufficiali, da cinque anni, l'Associazione Pro– Ce1-taldo, con molta abnegazione o con vera intelligenza organizzata, riesce ad allestire gli spettacoli. E da cinque anni un grnppo cli attori ed io ci trasferiamo sui colli del Chianti, là dove scendevano un tempo i Modici, nella val d'Elsa, dove Francesco da Barberino elaborò il suo co– dice d'amore, da cui trassero infine il loro spii-ito vivacis– simo e il loro --accorato fondo di poesia, Mino Maccari e Romano Bilenchi. Si è instaurata una nuova e festosa trndìzìone. Sono spettacoli tenuti su cli una linea cli spon– taneità e di semplicità - come quelli cho i discepoli cli Copeau portavano nelle campagne francesi - che trovano una loro autentica ragione nel fatto che gli spettatori - lavoratori delle campagne e delle .industrie cli laggiù più un nucleo cli curiosi che abbandona le spiagge tirreniche - hanno col linguaggio e con i personaggi del Boccaccio. Una familiarità piena. Si riconosèono in essi, lo compren– dono e lo gustano assai più di quanto non si faccia nelle università e fra i dotti. Sentono un linguaggio a1-tistico loro, e lo amano. Si lamenta molto spesso la pove,-tà ciel r~pertorio nazionale, Non è certo povero. Comunque, vi sono molti modi di arricchirlo e di rinvigorirlo. Non ultimo quello cli rivolgersi alla nostra letteratura, alla nostra tradizione, al nostl'O mondo, che sono cosi ricchi di motivi cli spettacolo. Non è questa la sede per discuterne ampiamente, come il tema meriterebbe. Posso comunque affermare che le espe– rienze da me compiute con questi spettacoli, dimostrano come una forma letteraria possa agevolmente trasformarsi in un'altra, la novellistica, ad esempio, in drammatica (basti pensare a quanta parte ciel teatro cli Pirandello de– riva direttamente dalle sue « Novelle per un anno»), quando si abbiano (e si conservino nel pàssaggio da una forma all'altra) dirette rappresentazioni della realtà. Infine: una piccola oasi di libertà di pensiero e di espressione, si è venuta creando a questo modo nell'arido e conformista deserto ciel teatro italiano. La fervida im– maginazione e lo. spirito cli pr ofonda umanità ciel Boc– caccio, appartengono all'animo italio.no più segreto e ge– nuino, fanno spirare un vento di giqvinezza che caccia via le nubi tanto di sovente, purtroppo, sospese ad oscurare l'esistenza del nostro popo!o. Accanto a questo fresco e libero lievitare di vita, ci si sente rinascere. Oggi Boc– caccio può essere un simbolo, uno stendardo festoso che esorcizzi le lu~ubri oppressioni. IN MARGINE AL FESTIVAL DIPLOMAZ EABITI DA SERA L ~ ANNO SCORSO ,wcva segnato una specie cli 1·ivo– l11zione negli usi e costumi della Mostra veneziana ciel cinematografo. Fino al 1953 non era mai man– cata sui manifesti una fl'8se alla quale la vecchia dire– zione teneva immensamente: « Per lo spettacolo serale è di rigore l'abito da sera>; nei manifesti ciel '54 la frase non si lesse più e fu sostituita eia una semplice preghiera cli preferire l'abito scu,·o. Eviclentcme,ite la nuova dire– zione, guidata eia Ottavio Croze, che è uomo intelligente e cli .buon gusto, s'era accorta che l'imposizione, oltre ad essere una goffaggine cli per sé, era anche il segno della mentalità cli quei suoi predecessori, che, inviati eia Roma a guidare una n1anifestazione s01·ta a Venezia come una mostra d'arte, avevano ratto di tutto per trasformarla in ttn festival di monclaniti, tmistico-commerciale. Quest'anno, per alcuni giorni, le cose continuarono co• me nel '54; ma a un bel momento, con sorpresa cli tutti, si rilesse sui manifesti la fatidica frase. Evidentemente la direzione s'era accorta che il livello dei film, dopo le buone aHermazioni elci primi giorni, era divenuto così basso che, per salvare la mostra, bisognava che almeno l'interesse mondano non n1ancasse. Per la stes.<;;aragione, si sollecitò negli ultimi gio,·ni l'arrivo cli dive e di divi, dei quali si sarebbe sentita assai meno l'assenza se i film avessero maggiormente attratto l'attenzione degli spettatori. Su decisioni cli questo genere è probabile non ab– biano mancato d'influire pressioni clàll'alto. Quanto più una iniziativa d'arte vieno impoverita di contenuto cultul'alo e arricchita in carnbio d'attrattivo n1ondane e con1merciali, tanto più riesce facile impo,·vi quel conformismo che fino all'anno scorso fu la parola d'ordine in Italia e a- Venezia. Di questa situa,,iono sono 1·imasti anche quest'anno degli strascichi assai spiarovoli. E' noto °I'episoclio clel– l'a:mbasciatrice an,eriCfma, insol'ta con tutta 1a sua auto– rità contro la proiezione d'una pellicola ciel suo paese che la direzione della Mostra a\'0Va invitato d'accorcio coi pro– duttori cli laggiù. La pellicola non metteva in buona luco certi aspetti della gioventù americana; la signora Luce ne fu sdegnata e fece dell'eliminazione del film la conditi.o sine qua non della sua presenza alla Mostra; la direziono non Je rispose che, a una n1ostra del cinernatografo, un buon film è pi,, interessanlo d'uno zelante ambasciatore; preferì, o dovette pr-efori1·r, l'ambasciatrice al film. In modo pii, salomonico la direzione usci da un altro ginepraio, clovuto alla presenza cl'alcuni film che sembra– vano contravvenire a un articolo della Mostra che esclude la proiezione d'opere che offendano « un sentimento na– zionale». I Cechi avevano ·inviato un film - pare molto notevole - che, nanando la vita cli Giovanni Huss, sem– brò alla commissione cl'accettaziono offendere i sentimenti cattolici d'a.lcuni paesi; gli Spagnoli avevano inviato un film « Il canto ciel gallo», che descriveva crudeli persecu– zioni religiose d'un paese imn,aginario ... che le unifonni militari e la scl'ittura cirillica rendevano troppo facil– mente immaginabile. Furono esclusi tutti. e due. La Ce– coslovacchia fece buon viso a cattivo gioco e mandò in cambio un altro film che valeva assai meno del primo; la Spagna fece il viso clell'1trmi e ritirò anche il suo secondo film, secondo i metodi cli prestigio caratteristici alle clit– tatme fasciste. Al pubblico pare sia spiaciuta cli più l'esclusione ciel film boemo; alle auto,·ità di Roma invece parve ben più grave quella del film SP>t;m1lo; infatti, mentre per Gio– vanni 1-Ittss, escluso pri,na, non s'erano n1inin1an1ente scon1- poste, per Il canto del gallo scesero a Venezia in massa: sottosegretario alla P,·esidenza, direttore generale dello spettacolo, ed altri con loro. Lasciarono le cose com'erano, per fortuna; e, per conto nostro, non possiamo che ralle– grarci ciel fatto che la Spa.gna franchista, che era. diventata alla Mostra una delle nasioni più autorevoli e pi,, accon– tentate, abbia visto vacillare, almeno, il suo piedistallo. E' purtroppo continuato anche quest'anno l'ostraci– smo dalla. giuria italiana d'ogni rappresentanza al cinema e alla. critica cosiclcletti « di sinistra» e l'altrettanto rigo– rosa presenza dei rapprnsentanti della critica clericale, sebbene l'apporto dato dai vari indirizzi di sinistra - marxisti e non marxisti - al cinema. italiano sia incom– parabilmente maggiore cli qu~llo che vi hanno dato i cri– tici clericali. Ne è uscita una troppo visibile preoccupa– zione di farsi perdonar l'onore d'un premio di primo grado concesso alla cinematografia russa con tutta una serie di premi dati un po' a tutte le nazioni dell'Occidente. E' infine necessario dare un po' .più cli vivacità e di movimento all'ambiente, al pubblico soprattutto. E' un pubblico che a mettersi l'abito eia sera ci riesce abba– stanza bene; 1·iesce meno bene ad applaudire i film; di fì. schiarli è assolutamente incapace; un pubblico che si de– dica con assai più assiduo interesse alla. ricerca dei bi– glietti gratuiti e all'ansioso accaparramento degli autografi èhe alla discussione dei lìlm, E' vero che ha delle at– tenuanti: i prezzi dei biglietti sono altissimi e i film non li valgono quasi mai; ma le mostl'e hanno, un poco, il pubblico che si sanno creare e quello di Venezia deve essere assolutamente rinnovato. T. Z.

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