Nuova Repubblica - anno III - n.29 - 25 settembre 1955

Bi / 6 (77) nuova repubblica Rochelle su Reconst,·uction, n. 21-22, giugno-luglio 1955), ~ l'esperienza dei pretr operai he. dimostre.to . anch'essa, col ------------------------------------------------------- vivere drammaticamente il problema, come ·un'astratta distinzione scolastica non. basti a garantire la· Chiesa uffi– ciale· dalla collusione con foJ"Zeclassiste.· CATTOLICI AL BIVIO MISTICISMO POLITICO di MARGHERITA ISNARDI ,l PIU' DI UN ANNO di distanza dal decreto del A S. Uffizio che segnò -.almeno ufficialmente - la fine_ dell'esperienza dei preti operai, dopo la fase caratte– rizzata dalle rigide censuro e dalle appassionate proteste, il problema suscitato da quell'esperienza comincia a dar luogo ai primi tentativi di un giudizio critico più rigorosamente obbiettivo. La documentazione si offre in abbondanza alla analisi; il più ricco ed esamiente sforzo di raccolta è stato forse compiuto col volume Les pretres ouvriers, pub– blicato .nel 1054 dalle Eclition~ de minuit. Ma si trattava ancora cli un saggio, insieme, di documentazione e di ten– denza. in cui all'esigenza della nuda relazione documen– taria ai fatti testi opinioni si intrncciava l'altra esigenza della giustificazione e spiegazione; manifesta. attraverso il continuo interferire di un 'opinione di équipe. La raccolta ha quindi tutto l'interesse pregnante dell'opera di batta– glia, e corno tale ci sembra piuttosto appartenere al primo atteggiamento dell'opinione che non a quello dell'obbiet– tiva analisi storiografica. Che a un'esigenza l}iù documen– taria che storiografica sisponcla anche il volume, recen– temente uscito, di C. Cesa, Apostolato cattolico e condi– zione operaia (La Nuova Italia, Hl55), com'è stato da poco affermato sn queste stesse colonne (v. i nn. 23/24 e 25 di N.R ciel 14 e 28 ag. u:s., pag. 3), sembra di non potersi ammettere se non a prezzo di una confusione fra i due attoggian1enti; l'atteggiarnento docun1entario è ancol'a., in definitiva, di carattere pratico; nell'introduzione critica del .Cesa troviamo la questione irnpostata secondo un deter– _m.inato criter·io interpretativo e riassunta in tei-mini pro– blematici, affrontata quindi storiograficamente. Né si nega questo atteggiamento, col rilevar·e i limiti di quest'analisi e con l'affennare la necessitil. di andar oltre i termini in cui essa è riassumibile. ·L'interpretazione del Cesa rileva essenzialmente il con– trasto, oltre che fra ·1a concezione cristiana del povero .e quella marxista del proletario (problema già sentito e affrontato, con diversa soluzione, dal laicato francese; basti vedere A. Béquin sn Esprit, n .. :~, marzo 1954, p. 341, circa l'accettazione, da parte dei preti operai, della « [orma attuale della povertà»), anche e più specialmente fra il legame confessionale e il legame di classe, fra le due diffe– renti coscienze superinclividuali imposte da due differenti organizzazioni (p. 38, soprattut.to p. 41) ; il problema viene così a configurarsi in termini più decisan1ente storici, riguar• dando in particolare la forma post-tridentina dell'organiz– zazione ecclesiastica. Poco vi è da obbiettare alla lucida _definitività cli questa formulazione; resta però da chiedersi se non vi sia da anelare oltre un'enunciazione di questo tipo, da studiare e penetrare ulteriormente quest'incompa– tibilità nei suoi termini specifici. A parte quelli che sono gli itinerari dei singoli, nei quali l'es.perienza dei preti operai si impone piuttosto nel suo valore umano di parte– cipazione alla sofferenza (né manca in essi lo sforzo della comprensione anche su piano razionale, il tentativo cioè dell'analisi sociologica; si vedano le pagine del p. Depierre riportate a p. 78 e sgg. del volume del Cesa), si prestano i,1 particolare a un'analisi di questo tipo quelli che sono i documenti uff'Lciali della rottma e della crisi, le lettere colletti ve cli ambo le parti, ove, concretate ·in affermazioni di principio, le prese di posizione reciproche appaiono par– ticolarmente chial'C. { N QUESTE posizioni, l'incompatibilità si rivela nei di- versi atteggiamenti mentali che denotano due diverse educazioni cultùrali. Alcune affermazioni dei preti operai (si veda p. es. a p. 113 della raccolta del Cesa, n. 237 della edizione francese: « la nostra vita religiosa è cambiata ... le nostre condizioni di vita e· la coscienza operaia .... dove– vano portare un cambiamento nella pratica esterna della fede», così comè il Cesa traduce !'ancor più efficace espres– sione francese « dans notre expressione religieuse », o a p. 208 della raccolta francese: « un certain nombre d'entra nous ... ne peuvent plus participer au sacerdoce te! qu' il s'est exprimé dans la civilisation bourgeoise, etc. , , , deno– tando con chiarezza l'influenza del motivo, in definitiva cli origine marxista pur se passato attraverso successive riela– borazioni, della relazione fra condi,,ione sociale ed espe– l'ienz!' religiosa, cozzano con I'« educazione > della gerar– chia ecclesiastica al pensare in termini universalistici, alla astrattezza della posizione scolastica, all'aprioristico rifiuto cl.iogni fo1ma di « primato della pratica». Che non si toc– chi, da parte dei preti operai, la sostanza intima della vita religiosa, ma l'espressione -esterna della fe_cle,non è suffi– ciente, agli occhi della gerarchia, a garantire dal pericolo dell'introduzione di un grave elemento perturbatore. La superiorità della Chiesa alle classi sociali e ai loro con– trasti, riaffermata i11più punti delle lettere pastorali, è, per la gerarchia, garanzia di una considerazione·· dell'esp.res– sione religiosa e della prassi ecclesiastica che prescinda dil _ogni relazione con la struttura sociale; di una }:lossibilità di definire il loro valore astraendo da ogni realtà ad esse estrinseca in senso immediato. E' noto come il laicato francese abbia acutamente avvertito e apertamente denunciato più volte il pericolo dell'equivoco in cui si muove la gerarchia; dell'illusorietà di una simile astratta superioi-ità della Chiesa d'oggi al mondo delle contrapposizioni sociali. E'_ in sostanza la pos1z10ne ·che porta la gerarchia a farsi, con medievali– stica ignoranza cli quelli che sono i « conditionnements de la foi » su piano storico - cfr. l'articolo, già citato dallo Scalia, di H. Bal'toli in Esprit, n. 11, nov. '54, .pag. 589 sgg. - portatrice e sostenitrice, a sua volta, di un verbo sociale presentato come deduzione o corollario «puro» di principi metafisico-religiosi, ma che in realtà è ben lungi dallo sfuggire a una clùara caratterizzazione storico-sociale, spesso a una chiara qualifica di clàsse (com'è esplicito, p. es., a proposito del principio della proprietà privata nella sua forma cli piccola proprietà). La posizione del problema in pmi termini astratti impedisce infatti alla gerarchia. cli affenare tutta la concreta pregnanza pratica di principi propri della società preborghese professati in clima storico di trasformazione -della società borghesé. attraverso la lotta di classe - di comprendere in concreto come, p. es., ancorarsi su terreno sociale al principio medievalfstico della concordia e collaborazione fra i vari ordini della società (ch'è principio cli ordine ben diverso da quello dell'amore cristiano fra gli uomini) equivalga, nella società odierna, a nn pratico appoggio alle forze conservatrici del mondo borghese. Apparentemente, i preti operai sono piÌ'z direttamente compromessi della gerarchia con 'forze sociali, clànno adito all'accusa di queste di esser impegnati a fondo nell'opera di temporalizzazione della Chiesa. In realtà il loro grido commosso ( « abbiamo imparato che preten– dere di essere al di sopra delle parti in contrasto non significa niente ... di fatto ... si è da una parte o dall'altra», p. 107 deÌ,Ja racc.olta del Cesa) ·ba tutto il valore della rottura di un equivoco; accanto alle sottili distinzioni del laicato intellettuale cattolico, accanto al coraggioso acon!es– siona]jsmo pelle minoranze sindacali cristiane di Francia (mi limito a citare il rapido resoconto delle varie fasi della lotta· sostenuta da gruppi di minoranza CFTC. per garantire l'indipendenza sindacale da imposizioni confes– sionali e ambiguità dottrinarie, comparso ad opera di J. IL TABU' DEI -~EALPOLITJK \ R ITENGO sia necessario intervenire nella discussione sul tema federalista, per contribuire a chiarire e ma– gari a favorire il corso nuovo federalista enunciato ad Ancona dal segretario generale. Per le elezioni politiche del 1953 il segl'etario gene– rale del l\lFE ritenne che allora era il momento dei real– politilcers e, da giocatore d'azzardo, gettò il MFE nella lotta aff'tancato chiaramente al quadripartito. Vollero gli isci-itti delle varie sezioni questa politica del tutto per tutto? Non lo credo o per lo meno, ero segretario della sezione, noi di Molfetta inviammo ali'« Europa Federata> · uno sc,·itto di allarme: « ... è giusto che il MFE esca dalla fase di propaganda ed aHronti l'azione politica, ma è necessa!'io che, particolarmente per il Mezzogiorno tradizionalmente trasformista, siano chiare idee e situa– zioni politiche, affinché non si rischi di scambiare per fe– deralisti ·tutti coloJ'O che finiscono i loro discorsi eletto– rali con un pistolotto nel quale entrano per una decina di volte le parole federazione o unione ... Mentre è chi.ara la posizione dei federalisti europei verso i pàrtiti di estrema sinistra, c'è ancora tanta confusione, da noi, per quanto riguarda la destra. Io penso che tali posizioni vadano chia– rite ai nostri iscritti ad evitare pericolosi errori e dolo– rose sorprese»; e finivo l'articolo chiedendo che la di– scu$Sione iniziata al secondò congresso regionale pugliese « data l'importanza di essa per tutti i federalisti > fosse 1;aperta sulla nostra rivista. L'articolo non fu pubblicato e si tirò diritto. Dopo la logica crisi e chiusura della sezione, questa si riapriva e veniva in scena il problema CED. Anche questa volta avemmo la netta impressione che alla segreteria generale avessero deciso di essere realpolitilce1·s e cli comportarsi in conseguenza. In una assemblea ove fu discussa la campagna per la CED, la sezione (a stretta· maggioranza, ad onor del vero, non dopo. esauriente discussione) votò una mozione contro la campagna pro CED. Il risultato costernò gli allora dirigenti. locali i quali non inviarono, come era loro dovere, alla segreteria centrale la mozione, e nemmeno ad « Europa Federata »; si precipitarono a Roma a· colloquio col segretario generale· (lo disse coraggiosamente il segre• tario regionale e ·membro del direttivo locale) .e prepara– rono una seconda assemblea (oh· quante facce n_uove !) che si rirnangiò la pnicedente mozione e ne approvò un'al– tra, naturalmente pro CED. Altrettanto naturalmente l'as– semblea finì « a schifìo », come dicono i siciliani, e un po' movimentata. Forse queste ed· analoghe ·cose, suppongo, successe in altre sezioni dtl MFE (cli solito dove esiste un · gruppo di gente politicamente qualificata o, come si dice oggi, « fessi P-l/litici »), non le ha mai sapute il sig. Albér• Lo Scalia non .ha forse torto quando lamenta nel volume del Cesa· là mancanza di un inserimento del pro– blema dei preti operai nell'ambito di tutto il vasto movi– mento cli l'innovamento del mondo cattolico francese. Inse– rimento che del resto · av,·ebbe portato l'indagine assai oltre i termini di un'introduzione critica, dato che· una simile integrazione esigerebbe, per essere completa, un con– fronto fra gli atteggiamenti e le posizioni proprie dei preH operai e le parallele posizioni del laicato catto]jco d'avan– guardia. Come punta di rottura, come gruppo pirettamente impegnato, i preti ope1·ai si son trovati, in realtà, ad assumere talvolta posizioni di carattere radicale nelle quali è sensibile la confluenza di• due visioni totalistaristiche· del reale. Anzitutto, si desiderel:ibe. nelle loro h,ttere collett.ive, _nei loro documenti cli gmppo, una distinzione più netta fra missione re]jgiosa e missione operaia, quella distinzione cli piani necessaria a garantirci da ogni possibile misti– cismo politico; vi è un residuo integralistico nella stretta unità da essi posta fra il mondo. della vita' religiosa e quello dell'impegno sociale. Questa posizione .riaffiora con frequenza nelle pagine dei preti operai; v. a p. 206 della raccolta francese, ov'è riportato un significativo documento non ufficiale; v. a p. 236 della stessa raccolta, a p. 112 della raccolta del Cesa («noi eravamo diventati sacerdoti nella nostra vita ope1·aia... al di fuori di quella vita non eravamo più niente, ne1n1neno spiritualmente» ecc.). For– zature· ed esclusivismi appaiono ciel resto inevitabili se non si voglia astrarre dalla situazione pratica nella quale i preti operai hanno assolto la loro missione. Nonclimeno, di fronte al pericolo di un generoso, entusiastico rovescia– mento della posizione ecclesiastica che non ne costi– tuisca un'autentica soluzione, si è tentati di ripiegare su affermazioni di principio che attestano il punto più alto di coscienza critica del problema cui son giunti esponenti del laicato cattolico francese; vorrei citare, fra il moltissimo citabile, una frase, significativa appunto perché riassuntiva, di C. Maignial, Esprit n. 2, febbr. 1()46, p. 267 : « ce nlcst pas au nom de Dieu, mais au nom de \!homme que_ le chrétien entre clans la révolution ». Tutto ciò può forse servire a chiarire· ulteriormente qualche aspetto- dell'esperienza dei preti operai nel suo va– lore positivo e anche nei suoi limiti intrinseci; solo te– nendc, ·conto dell'uno e degli altri, potranno esser trac– ciate le lince cli quell'accettazione coraggiosa che vorremmo augurarci, da parte della Chiesa, del mondo sociale d'oggi. F E D E R A L I S 'f l .tini. Ecco perché, avuto notizia dell'autocritica fatta ad Ancona dal segretario generale e dell'annunciato nuovo corso federalista, noi abbiamo ritenuto opportuno di restare ancora fuori del MFE. Siamo purhoppo degli inguaribili democratici e troppo convinti della bontà del sistema de– mocratico da esercitarsi sempre, anche quando il ·,ealpo– litiker che è poi in ognuno di noi, ci consiglia a tentare il colpo. Gli amici che sono ancora nel MFE provino a costi– tuire una opposizione viva e vitale, sicché al prossimo congresso siano essi e non il segretario generale ad indi– care il nuovo corso. ANTONIO GADALE'l'A INGENUITA! Pubblichiamo il testo di una lettera che t1n iscritto a.l MF'E e a UP ha inviato al presidente della federazione veronese del mo~·imento federalista europeo. VERONA, 12 settembre 1955 . Egregio Presidente, mi vedo costretto a 1·ipresentare definitivamente le di– missioni dal MFE (come aderente e membro del- comitato direttivo provinciale e della sezione di Verona), che già presentai nel luglio scorso e ·poi ritrassi, senza tuttavia aver avuto alcuna parola al riguardo da parte scia, per il ripetersi in forma più grave di quell'increscioso incidente acca.duto due mesi fa circa. Infatti l'organo del MFE Europa Federata della metà di agosto, polemizzando con Nuova Repubblica, settima– nale del movimento d'Uniti, Popolare di cui sono ade- 1·ente, non .ha saputo trovare migliori armi per stroncare gli argomenti che gli si opponevano che ricorrere all'in– giuria. Non conosco l'autore di tale prosa che mi offende, essendo io pure collaboratore di Nuova Repubblica, ma ·non credo trattarsi cli persona fine ed educata. Tuttavia il fatto che simili righe trovino ospitalità sull'organo nazionale del· movimento, mi convince essere le qualifiche attribuite agli aderenti di Unità Popolare ufficiali nel MFE, perciò la mia presenza nelle sue file diviene inopportuna. Scusi, Presidente, ·il ritardo con cui reagisco a un tale gesto, ma ·solo ora ne venni a conoscenza, essendo, ·stato per qualche tempo assente dall'Italia. Deve infine pure scusare la mia ingenuità di esigere da alcuni focosi ita– liani" la correttezza e il rispetto· 'dell'avversario nella lotta politica, ma che vuole? Io fra tutti i paesi europei pre– diligo la cattiva europeista Inghilterra, in cui vi è un po' più di educazione e democrazia che nella federalista Italia. Voglia gradire i più rispettosi saluti e porgere a tutti i federalisti veronesi i sentimenti· della mia amicizia. · C_ordialmente, Dr. Andrea FagiuoU

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