Nuova Repubblica - anno III - n. 21 - 31 luglio 1955

Bit 6 * B I B I La vita diAttlee ' ,l QUALCUNO CHE GLI DICEVA che Clernent Attlee ti._ era un uomo assai modesto, pare che Winston Chur– J.. chili rispondesse: « Ha tutte le ragioni di esserlo! ». La lettura delle memorie di AttJee (La mia vita, .Mila– no, Garzanti, 1955), nel.le quali vengono contabilizzati i vari suoi incontri, viaggi, atti poljtici, senza il minimo giudizio personale, senza la minima impressione, senza che appaia mai la presenza dello statista che mira decisamente a uno scopo e lo raggiunge, conferma questa sensazione di modestia; sensazione caratterizzata anche cla 1 fatto che fin dal titolo inglese, As it happened, « è andata così », e dalla conclusione che egli ebbe ad occupare « una carica che non mi sarei mai aspettato di essere chiamato a rico– prire», Attlee non si è mai sentito « uomo della Provvi– denza », artefice in prima persona delle sorti del suo paese e del proletariato britannico. Molti uomini politici s,i preparano fin dalla nascita, ·come i sovrani, specie in Inghilterra, a governare il loro· paese; Attlee non ci ha mai pensato e si stupisce di diven– tare primo ministro . .Molti capi partito si sentono « indi– spensabili » a promuovere le finalità politiche del loro partito; Attlee lo diventa per caso e lo rimane per caso. Si dedica alla politica attraverso l'assistenza sociale. Occu– pandosi dei lavoratori del sno quartiere di Londra, sale a poco a poco per tutti 1 gradini della gerarchia laburista e nel lare le sue scelte organizzative cerca sempre cli adat– tarsi alle aspirazioni della maggiornnza. Chi cercasse nella sua carriera uno spunto 01·iginale, le caratteristiche del grand'uomo, rimarrebbe profondamente deluso, perché non c·è mai nulla, nelle sue iniziative, che lo elevi al di sopra dei snoi compagni di '.otta, se non fòsse la tenacia con la quale persegne la sua esperienza di difen– sore delle esigenze dei lavoratori, soprattutto le più minute. Chi cercasse qualcosa neJla persor,alità di Attlee che abbia plasmato il movimento operaio britannico · rimarrebbe ancora più deluso perché Attlee ha una diffidenza innata per queste iniziative da « intellettuali ». Al momento della crisi dinastica cagionata dal desi– derio di Edoardo VIII di sposarsi morganaticamente con Mrs. Simpson, per esempio, ·Attlee, consultato neJla sua veste di leader dell'opposizione dal primo ministro Baldwin, si dimostra più conformista dei conservatori stessi, rite– nendo di esprimere l'avversione della massa proletaria per questi matrimoni di sovrani con donne tre volte divor– ziate e critica l'atteggiiunento di alcuni intellettuali labn-. risti, « che, in ogni questione, si può essere certi cbe si appigliano alla soluzione sbagliata ». · Così pure, Attlee non lotta contrn l'imperialismo o il militarismo pe;· rag.ioni ideologiche, ché anzi, studiando i problemi militari come sottoseg,·etario alla guerra nel primo i gabinetto Macdonald, si rende « conto che, qua– lunque cosa si potesse mai fare nel campo del disarmo, ci sarebbe sempre voluto un esercito in funzione di polizia per i vasti tenitori del Commonwealth e dell'Impero ». .Modesto si sente e modesto rimane quando, vice primo ministro di Churchill, alla vigilia del lancio della bomba atomica a Hiroshima, n'el maggio-giugno 1!)45, egli ritiene logico di non sapere niente di questo « segreto noto a un ristrettissimo numero di persone », dalle quali, nonostante la sua eminente carica, Chmcbill l'aveva esci usò; e non se ne lamenta, benché il primo ministro lo facesse non per ragioni di sicllrezza ma perché si preparava a mettedo davanti alla sorpresa del!o scioglimento del parlamento peT battere meglio i laburisti! Come un uomo simile è rillscito a dirigere il partito laburista per vent'anni, a sviluppare la sparut& pattuglia a cui si era ridotta la sua ràppresentanza parlamentare dopo il tradill)ento di Macdonald fino a farne il partito che conquistò il potere nel l !)45? In un paese come il nostro, dove ogni individuo si crede un deus ex machina, senza il cui concorso il paese andrebbe alla perdizione sicura, dove non v'è uomo po.li– tico democratico o socialista che non commetta il peccato d'orgoglio di difendere la libertà individuale in generale solo per potere con prepotenza affermare in modo anar– chico la propria libertà, in un paese dove sotto l'indivi– dualismo democratico o socialista di ciascuno risch;.:l di palpitare il cuore di un .Mussolini in potenza, non si riesce a capire che un capopartito o che un capo di governo socialista sia semplicemente l'espressione - la modesta, umHe, servile espressione, quasi - dègli ide1di e delle masse che rappresenta. Chi cercasse di capire la grandezza di Attlee leggendo le sue memorie rimanebbe sconcertato perché sarebbe andato a cercare quella grandezza do'v·e non c'è e non sarebbe andato a cercarla dove invece c'è: nella civiltà del popolo inglese, nella coscienza del proletariato britan– nico, nella. maturità del partito operaio inglese. Attlèe è l'esponente, l'espressione, il rappresentante - nel senso più largo della parola - di quel popolo, di quel proletariato, di quel partito; di quel partito i cui ideali di emancipa– zione non sono· mai concepiti in modo settario, sezionale, esclusivistico; ideali che bene enuncia lo stesso Attlee nell'nnic.a pagina programmatica, sulle 300 di cui si compongono le sue memorie, quando dice: « La naziona– lizzazione non era fine a se stessa, ma un ele1nento essen– ziale per raggiungere gli scopi che ci eravamo proposti. I controlli non erano desiderabili in se stessi, ma. necessari per poter sfuggire al potere economico dei capitalisti. Una più equa distribuzione della ricchez¼a, lungi dall'.essere destinata a mortificare i ricchi, era giustificata dal fatto O T F~ C A * che una società con deJle gl'Osse sperequazioni eco·nomiche è fondamentalmente ammalata ». Qual'era dunque il fine, se nenimeno la « più equa distribuzione della ricchezza» sembra un fine in sé? Che cosa nobilitava, rendeva veramente rivoluzionaria questa umile, empirica esperienza di govei·no? t La nostra mèta - risponde At.tlee - non era UIJ capitalismo riformato, ma un progresso verso il socialismo democratico~- Ecco il fine rivo.luzionario, •Che distingue il socialista a.ncbe piè, riformista, gradualista e moderato, come Attlee, dal democratico o dal pseudo-socialista oiù rivoluzionario ed estremista a parole e reazionario a fatti: non acconten– tarsi di un capitalismo riformato ma puntare verso la riforma di stmttura, anche a passi m,inutissimi, ossia pnn– tare lentamente ma decisamente ,·erso il socialismo demo– cratico. Di ChurchilJ, che considera Attlee un 111ediocre, e che sul piano dei valori democratici borghesi potrebbe sem– brare nel giusto, Lloyd Ceorge ·diceva una volt& proprio ad AttJee: « C'è \Vinston, che ba pronta una mezza dozzina di soluzioni, una delle quali è ~ertamente buona; ma il g,,aio è cbe non sa quale sia quella buona»: Attloe non è l'uomo dalla mezza Llozzina di soluzioni; ne ba una sola, è convinto cbe sia la buona perché ne sono convinti come lui milioni di lavoratori. Del primo si studierà il genio, l'intuito, il carattere, si seri verà insomma una catasta di biografie; della perso– nalità ciel secondo non si occuperà forse nessuno, ma dell'opera che a nome e per conto del proletariato inglese avrà compiuto, si occuperà certamente la storia. PAOl•O VITTORELLI Psicologia e p·edagogia E ' USCITO IN QUESTI GlORNI, nella collana di monografie edite dall'Istituto di Medicina Sociale di Roma, un volume del prof. Dino Origlia inti– tolato Problemi psicologici e ped<•gogici della scuola media. E' un libro che vorremmo vedere nella biblioteca di tutti gli insegnanti e di tutti i genitori italiani. La nostra scuola media, nRta come scuola di cultura, è rimasta so– stanzialmente immutata e non risponde affatto alle esi– genze psicologiche e sociali èlegli alunni. Nella sua qualità di consulente di ConsultOl·i psicopedagogici per le scuole medie di l\lilano l'A., gii, noto per altre pubblicazioni di medicina sociale e di psicologia, ha avuto modo di racco– gliei-e una notevole quantità di matel'iale e si trova in una nuova repubblica situazione pal'ticolarmente favorevole per individuare le deficienze - stavo per dire le colpe - della scuola ila– liana. Ho parlato di esigenze sociali e psicologiche. Consi– deriamo singolarmente i due aspetti: la scuola media - parlo naturalmente della scuola organizzata nel modo tradizionale - dà al ragazzo un certo - corredo di nozioni, ma non lo aiuta affatto a sviluppare la sua personalità e a divenire un adulto cosciente dei ,propri• diritti e doveri e .capace di vivere e collaborare con gli altri nella società di oggi. Questo deriva dalla incongruenza fra i valori ideali proposti dalla scuola e le possibilità di affermazione re1;>l– mente offerte dalla vita di oggi, dal modo in cui si svolge l'attività scolastica, dalla mancanza di un lavoro produt– tivo, modernamente inteso, che, oltre ad offrire altri van– taggi, costituirebbe un efficacissimo strr1mento di socializ– zazione. Ma se passiamo a considernre le esigenze psicologiche dell'alunno di scuola media, esigenze che la scuola ignora o lascia del tutto insoddisfatte, vedremo che qui la parola «colpe» non è troppo forte. Cli uorrùni della scuola - docenti, compilatori di programmi, legislatori in materia scolastica - ignorano ne! modo più completo, o per lo meno banno ignorato fino a pochi anni fa, la fìsiologia e la psicologia dell'età evolutiva: fatto, 5.1uesto, che può portare a conseguenze talvolta irrimediabili. I luttuosi episodi ri– petutisi in. questi ultimi anni con impressionante frequenza sono di per se stessi abbastanza eloquenti. Viene in mente il titolo eh un film di Cayat.te: Siamo tutti assnssini. E il tutti, intendiamoci, non si rifedsce solo ai pro– fessori, ma in veste tutta la società. Tutto nella nostra scuola tende a dare ai ragazzi un senso di frustrazione: le mate.rie di studio che non rispondono ai loro interessi, i metodi didattici che non tengono conto del loro sviluppQ psicologico, i criteri di valutazione, le norme disciplinari, il modo in cui sono organizzati l'insegnan1ento e lo studio. E l'elenco non è affatto completo. Quando a questi fattori negativi propri della scuola se ne aggiungono altri di in– dole familiare - e purtroppo il caso è assai più frequente di quanto comunemente si creda - non dobbiamo mera– vigliarci che il senso di frustrazione produca nel ragazzo insuccesso scolastico, irregolarità nel compo,-tamento, turbe psico-somatiche più o meno gravi e possa spingerlo in qualche caso fino all'omicidio o al suicidio. I rimedi? Da una parte una profonda trasformazione della nostri. organizzazione scolastica in modo che l'alunno possa soddisfare nell'ambito della scuola. anche tutte quelle esigenze di carattere sociale cbe in altri tempi venivano soddisfatte nell'ambito della famiglia; dall'altra l'istitu– zione di Consultori medico-psico-pedagogici nei quali medici, psicologi, insegnanti e assistenti sociali collaborino insieme nell'interesse del ragazzo. Ma perché tut o questo possa realizzarsi bisogna superare una serie di difficoltà - e non solo di ordine materia le. Non bastano leggi e cireo– lari: occorre la buona volontà e la .collaboi·azione di tt,tti. PAOLA FRANCHETTI COHSI RESll)EN-ZIALI DI U. P; SI RESPIRA A BR.UNATE L 'AMICO VENEZIANI mi ha caricato in macchina e, . siamo filati via sull'asfalto bruciante e molle, ver– . so l'autostrada fatta in un volo. Poi Como, su fa– ticosamente per la tortuosa salita fino a Brunate, sn an– cora a San .Maurizio. Qui, nella dipendenza di un albergo, alloggiano e studiano e discutono una ventina cli giova– notti e ragazze seguendo i corsi di cultma politica orga– nizzati da Unità Popolare in due turni: il primo terrni– na.to domenica 24 luglio, il secondo, più numeroso, ini– ziato subito dopo. Giovani di ogni pl'ovenienza, veneti, lom– bardi, piemontesi, liguri; c'è anche un siciliano di Modica., che quando parla non ti dà nemmeno la soddisfazione di un attimo cli esitazione nel classificarne l'origine. Quass1,, ~ mille metri, Milano e' I.a sua calura sono di– menticate. Campironi la gli onori di casa. E' un gigante giovanissimo: il «professore» che regola la vita di questi r_agazzi come in un cenobio, e impone loro p~rfìno i diver– timenti serali, per la verità abbastanza bene accolti. Do– vete pensare che la piccola comunità comprende tutta la gamma della gioventù, dai 18 ai 25 anni, e non è facile tenere a freno tutti i soggetti, imporre loro nove o dieci ore di analisi e di dibattito comune e in commissioni spe– cializzate, e poi la sera, dopo il pranzo, tenerli insieme an– cora per far loro eseguiTe balletti popolari, con Merzagora grassoccio che deve « fare da donna » percbè le donne son troppo poche, ed egli bestemmia quasi educatamente per l'innatmale ruolo, sotto il fuoco di fila degli sfottò dei com– pagni; o costringerli a cercare oggetti nascosti, con una tecnica di gioco nuova ma con punti di partenza e di arrivo già scontati da un secolo. Bene, insomma arrivando nel pomeriggio siamo stati accolti festosamente, e poco dopo ci siamo messi al lavoro. Da una finestrina del terzo piano si è affacciata la bella testa bianca di Parri, il quale la mattina aveva tenuto un'ampia relazione sul programma economico e sociale di U.P. e sulla sua azione politica. La riunione pomeridiana era indetta appnnto per ascoltare le relazioni delle commis– sioni di lavoro sull'esame da loro fatto delle dichiarazioni di Parri. Il quale è sceso con la solita cicca all'angolo della bocca, ha teso tre dita alle mani dei nuovi arrivati e si è seduto diett·o il tavolo professorale con quella sua aria tranquilla e rassegnata che ricorda l'antica abitudine al– l'insegnamento. Andate a fidarvi dogli sloga,ns. I giovani d'oggi sareb- bero scettici, superfìciali, lontani dalJe grandi idee, alieni dalla politica attiva. Storie. Qui ho avuto la riprova di un mio vecchio convincimento, che mi è venuto non soltanto dalressere stato vicino ai giovani nella lotta partigiana, ma da prima, da quando ci infiltravamo tra i giovani dei GUl•' e· di « Mistica fascista». Le nuove generazioni sono piì1 serie, più meditative delle nostre, meno entusiaste e meno inclini ai sogni. Vogliono vederci chiarn. La sbornia della retorica fascista, la ·pesante grossolanità della «cultura» ufficiale di quel tempo, li ha. fatti beffardi e diffidenti. E ha condotto gran parte della generazione precedente a questa, alla lotta contro il nazi-fascismo. Poi è venuta la democra– zia, o meglio questo preambolo alla democrazia, e non gli è piaciuta porchè hanno capito che sotto sotto c'è qual, cosa che non va. Difiìdano dei partiti tradizionali cbe si sono fatti battere dal fascismo e anzi, a parer lor·o non ingiustificato, ne hanno preparato l'avvento. Taluni sono attratti dai miti: religiosità e rivo! uzione, e allora demo– crazia cristiana e partito comunista, ma in quei partiti sono i più inequieti e i più inquieti, e sono i meno conformisti. Qnesti nostri sono attratt.i da U.P. proprio perchè non offre miti, perchè si batte contro i conformismi, contro le lotte di religione, contro il mandarinismo. E discutono con una sprngiudicatezza e un impegno dai quali i «vecchi> banno molto da imparare. Fuori i «vecchi~ da U.P., han proclamato in questo dibattito. E i vecchi sono gli affezio, nati agli schemi, alle parole d'ordine, alla vecchia prassi, alla inamovibiliti~ dei «dirigenti~- Farri e io eravamo uri po' imbarazzati, ma ci è stato chiarito che la faccenda non ci riguardava e abbiamo gonfìato un po' il petto. Ci siamo sentiti scaricare dalle spalle un lotto d'anni, con l'aiuto della brezzolina serale e di quella folata di gio– vinezza. Dopo cena un'oretta di discussione perchè restava da puntnalizzaro qnalcosa su la «posizione» di U.P. nello schieramento politico. Movimento di sinistra, diamine, con tutte le riserve sullo «tradizioni» e sui «miti». Di sini– stra politica, di propulsione riformistica, "di conciliazono delle classi lavoratrici con lo Stato, di saldatura tra ceti medi progrediti e classi lavorat!'ici. Poi abbiamo giocato alle boccette, io associa.to con una bella e intelligente figliola della mia Genova. Brava anche a boccette. PIERO CALE_FFI

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