Nuova Repubblica - anno III - n. 19 - 17 luglio 1955

nunva repubblica 7 LUCI DELLA RIBALTA Fanfani e la fotta contro rumori (Vis. di Dino Boschi). FOLKLORE IN EUROPA di LUDOVlCO ZcORZI Q DESTA Storia del folle/ore [Giuseppe Cocchiara, (( S-to,~a del folklore in E«ropa. Torino, Einau- di, 1!)54], la prima che si pubblichi in Europa - si legge nella presentazione alla seconda edizione - risponde a un bisogno che sempre più acutamente sentiamo in questi anni e cho va ben oltrn i limiti della .curiosità o della moda: il bisogno cli stabilire con chiarezza il significato delle concezioni cli vita e delle creazioni letterarie e artistiche delle classi popolari», e, aggiungeremo, la loro connessione e i loro apporti alle l0rme della cultura ufficiale, organizzata e codificabile. Scntio.n10, in altri termini, che ogni nostl'a ignoranza del mondo popolare sarebbe ignoranza di una parte essenziale cli noi stessi e della nos~ra sto,·ia; e che la nostra cultura sarebbe eompromessa nella sua stessa integrità e vitalità se trascurasse cli assumere coscienza di quelle forme cli pensiero e di vita e elci loro ineliminabile contributo creativo. Questa esigenza non è di oggi soltanto, ha tina sto– ria, ccl è la stotia che Giuseppe Cocchiara traccia magi– stralmente in questo libro. Agli inizi, che datano da.I pe– riodo in CllÌ si formò l'Elll'opa moderna, la cultura occi– dentale scoprì nel mondo dei selvaggi americani e più tardi dei popoli orientali - visti attraverso il prisma cli un mito che trova la sua più oggettiva definizione nel– l'opera cli un Rousseau, cli un Montesquieu, di un Voltaire - una pietra cli paragone su cui misurare le proprie con– quiste e istituzioni, uno specchio in cui rifiettel'e le pro– p1·ie aspirazioni e utopie. Una estensione in profondità cli questa prima scoperta, doveva portare a fissare lo sguardo sul « mondo primitivo» che è all'interno di ogni paese;. nell'età della Rivoluzione francese, e strettamente connesso al risveglio del concetto delle singole nazionalità, nasce il « folklore», profonda e impetuosa carica emotiva prima che scienza, e fattore culturale cli indubbia portata storica. Da allora il « folklore » ha acquistato una sempre mag– giore dignità e compiutezza tecnica di scienza, di scienza, come si definisce, « delle tradizioni popolari »; ma da.Ila seconda metà dell'Oltocento' (e specialmente in paesi come il nost,.o, costrntti da particolari concomitanze ,storiche a_ .\mo svolgimento nazionale entro scherni rigidamente clas- sistici), di qnan~o si è a1Ticchito I cli contributi e ricerche erudite, di tanto ha pe,·so del sno originario carattere di forza concretamente attiva e vivificatrice. Ecco perché oggi appare più che mai ncce,·sario rista– bilire tra la cultura « aotla » e la culttu·~ « popolare» quel rapporto vitale che per lungo tempo si è smanito; e a quest'opera, che si pone trn le più .urgenti dell'attuale mo– mento cultul'ale, questo libro offre il fondamento di una n1inuziosa e compiuta ricostruzione storica. Sebbene l'esposi,ione Cl'itica e problematica della ma– lel'ia prevalga quasi semprn su quella semplicemente in– formatiYa, il volume del Cocchiara non è soltanto uno stru– mento destina.to a rivolge,·si a nna ristretta cerchia di spe– cialisti, ma rappresenta un'utile integrazione a molteplici filoni di ricerche e di studi, una letttll'a sostanziosa per l'arricchimento e il coordinamento di una infinità cli dati particola,.i, preziosi e indissociabili dallo spi,.ito cli ogni cultura modernamente aggiornata. Per quel che ci ri– guarda, avremmo solo eia rilevare che il C., autore tra l'altro cli un giovanile pregevole studio sulle vastasate si– ciliane, mostra cli avere trascurato, in questa sua fatica per tanti _aspetti conclusiva, un più largo margino di interesse verso quei fenomeni connessi col teatro popola.re o « istin– tivo», alla cui tradizione risalgono comunque le correnti più vi,·e ed attive del teatro europeo, e in particolare ro– manzo e italiano. Anzi, la storia del nostro teatl'o profano, dai primordi del Tl'e agli ultimi décenni del Seicento, con in mezzo i complessi e dibattuti nodi critici elci_mimo po– polare, delle ··maschere, giù giù fino alla Commedia del– l'Arte, è in pratica ancora tutta da indagare e da risco– prire, oppure è ferma, nel migliore dei casi, alla rico– stntzione e all'esegesi filologica dei testi; e una sua, anche parziale o iniziale, sistemazione, · recherebbe un apporto decisivo alla definizione, in sede critica e storica, di quello che il Gramsci chiama « il carattere nazionale-popolare» della nostra lettera.tura. In un campo così folto di adden– tellati folkloristici, e così legato alle costanti della mito– logia, della novellistica e della poesia popolare, cui puro il disegno del C. dedica largo spazio, av1·emmo preferito una ricapitolazione meno sparsa e occasionale, un più specifico e diretto impegno riassuntivo. Va da sé che a questo punto sorgeva naturale il trapasso a un nuovo discorso, decisamente estraneo all'assunto clell'opo1·a. TRE PREM A SAINT VINCENT M ENTRE LA STAG[OC'IE estiva, tra riprese di vecchi film e presentazione cli fondi di magazzino, offr<> ben scarsi appigli pe1· stendere qualche noterella critica in margine a questa o quella pellicola (la maggior parte dei filro sono, ahimé, al cli là di' ogni biasimo), può presentare un certo interesse riandare assai brevemente alla annata cinematografica testé trascorsa. Un ottimo pretesto per alcune considerazioni, a Imeno per quanto riguarda la produzione di casa nostra, viene suggerito dall'assegnazione, avvenuta il !) luglio a Saint Vincent, delle «grolle» d'oro destinate a premiare il miglior regista, la mjgliore attrice e il miglior attore del cinema. italiano nel pe1·ioclo com– preso tra il Lo luglio 1()54 e il 30 giugno 1!)55. Come hanno riferito le rrnnache dei quotidiani, que– st'anno i trofei sono tocoati a Vittorio De Sica per la regia cli L'oro di Napoli, ad Alida \'alli per l'interpretazione della figura della contessa Serpieri in Senso di Luchino Visconti e a Marcello Mastroianni per le buone doti rivelate .in Peccato che sia un canaglie; cli Blasetti e Giorni d'amore cli De Santis. Più che entrnrc in polemica con le decisioni della giuria, - ci penseranno, ne siam<l certi, le rivL'te sp,1- cializzate - ci sembra per il momento più utile richiamare l'attenzione su un passo del verbale in cui si tenta cli sfuggita, ma non senza acume, di tirare un poco le somme della produzione italiana con8iclerata nel suo complesso: « Nei film italiani - Yi si legge - presi in esame fra quelli presentati al pubblico dal Lo luglio l!J54 al 30 giugno J955, la giuria ha constatato un ulteriore accen– tuarsi di preoccupazioni commerciali e cli incertezze arti– stiche: ciò nonostante sono stati realizza.ti alcuni film cli un notevole significato e cli un coerente tono espressivo, mentre hanno esordito nella regìa anche quest'anno giovani degni di attenzione ... ». I film sui quali la giuria ha discusso sino all'ultimo n1omento, e sen~a raggiung~re l'unanimità poichè i premi sono st.,ti assegnati a maggioranza, erano L'oro di Napoli, di \'ittorio De Sica {che doveva poi avere la meglio), Senso di Luchino Visconti e /,a strada cli Federico Fellini. OJ'a, comunqne si voglia giudicare questi tre lavori e dare la palma ad uno piuttosto che all'altro, una constatazione s'impone: nessuna cinematografia cli altri paesi può van– tare, per il 1!)54-55, un gruppo di tre film della stessa portata cli quelli citati. C:uarcliamo ad esempio agli Stati Uniti: tra i film amel'icani premiati nei primi mesi dell'anno con le celeberrime statuette degli « Oscar», solo Fronte del porto di Kazan potrebbe sostenere onorevol– mente il confronto con le opere cli De Sica, di Visconti, cli Fellini. · Eppure - e i giudici cli Saint Vincent 110n l'hanno nascosto - il cinema italiano è in crisi. E non da oggi, come giu ·tamente ha rilevato la giuria nel parlal'e cli un « ulteriore accentuarsi di p1·eoccupazioni commerciali e di incertezze artistiche». ì\Ia se In nostra industria ·è in crisi - i centocinquanta film nll'anno non ingannano più nes– suno e, pe,· la prossima stagione, non potrà valere neppure questa magra giustificazione - è evidente che non man– cano gli uomfrii in grado cli nrnntenere la produzione ita– liana su un piano cli onesti\ e di dignità artistica. Anche perché - come non han mancato di far notare gli stessi giudici di Snint Vincent• - accanto ai tre film suddetti si possono allineare almeno otto-dieci pellicole, sia di «anziani» sia di promettenti esol'dienti, che, pu1· non riful– gendo per eccelse qualiti, d'arto, dà.nno un note,·ole con– tributo a quella produzione « media» che può soddisfare ugualmente pubblico e critica. Purtroppo, se queste considerazioni possono offrire qualche motivo cli confo,.to, le prospettive per l'annata cine– matografica 1955-1956 non sono altrettanto rosee: per molti mesi gli stabilimenti di Cinecittà sono rimasti pressoché desel'ti; la nuova legge del cinema Yiene elaborata tra incer– tezze e sbandamenti cli ogni sorta e già è facile prevedere che riuscirà in ogni modo a scontentare un poco tutti; la censul'a - quella ufficiale e quella, ben più temibile, uffi– ciosa che si esercita in mille modi durante la preparazione e la lavorazione di un film - si va facendo sempre .più vessatoria; il giro delle- cambiali ha assunto ormai un ritmo vorticoso spingendo sull'orlo del fallimento quei produttori che non hanno la risorsa delle grosse copro– duzioni. Questo e altro insomma non fanno che aggiunge1·e fosche pennellate al quad,·o. Si continua a pensare allora che l'unico rimedio per uscire dalle difficoltà sia quello di buttarsi ad imitare gli americani con i «film-colosso», i film dal miliardo in su; e _non ci si vuol rendern conto che è proprio su questa strada che gli americani ci vanno spingendo da anni (for– nendo generosamente ca.pitali, attori e registi come nel 1·ecentissimo caso di Guerra e pace) per eliminare un con– conente pericoloso, per far sì, insomma, che l'anno ven– turo a Saint Vincent i giudici non debbano avere neppure l'imbarazzo della scelta fra tre film come L'o,·o di Napoli, Senso e La strada. · ALBERTO BLANDI

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