Nuova Repubblica - anno III - n. 4 - 25 febbraio 1955

P 13R poter fare, con sufficiente esattezza'. il profilo_dei dipen- . denti dei Centn di colonizza- zione dell'Ente Maremma, bisogne– rebbe esaminare a fondo come si sia mai formata questa classe di tecnici e di burocrati, cui in pra– tica è affidata l'esecuzione della Riforma. Siffatto esame non sol– tanto mostrerebbe a luce meri– diana le differenze che intercor– rono fra questa nuova casta di impiegati e la burocrazia tradizio– nale (statale o parastatale), ma ci farebbe altresì comprendere i mo– tivi veri del persistente stato di in– certezza in cui vivono gli esem– tori della Riforma. Ma una storia dettagliata di costoro ci porterebbe troppo lon– tano. Ora ci preme soltanto scova– re in questa ·storia qualche mo– mento che possa gettar luce suf– ficiente su tutto l'or-ientamento del– la Riforma. Notiamo innanzi tutto che la maggior parte dei dipendenti dei Centri di colonizzazione non è stata assunta per concorso. Perché? Si dice che gli ideatori della Rifor: ma abbiano scartato il sistema del reclutamento per concorso, perché questo sistema avrebbe portato le cose in lungo (mentre v'era la necessità di affrettare i· tempi e dar corso immediato alle operazioni preliminari della Riforma) e per– ché, rifuggendo da questo siste– ma, si contava non soltanto di im– pedire il costituirsi di una buro– crazia pletorica e di sele~ionare una vera e propria élite di fun– .zionari, particolarmente adattata a– gli scopi della Riforma, ma di precostituirsi anche la possibilità di scegliere una éq11ipe burocratica con criteri prevalentemente poli– tici. Ciò, tuttavia, non deve far pen– sare che l'assunzione del personale sia avvenuta o avvenga per ini– tiativa dei grandi capi della Ri– form~ o sotto il loro rigoroso con– trollo. In effetti, la più parte del– le assunzioni sono state e sono fat– te « per cooptazione » dei diret– tori dei Centri di colonizzazione, i quali· sono andati a cercare e via via cercano i più vicini collabo– ratori nella cerchia dei propri co– noscenti. A causa di questa prassi, molti Centri di colonizzazione hanno fi– nit~ col prendere un'impronta tut– ta particolare. Basta _infatti met– ter piede in uno di questi Centri per accorgersi che qui si respira ve– ramente la c. d. aria di famiglia, e per riscontrare che, nei rapporti degli impiegati fra loro e con i dirigenti, più dei vincoli gerarchi– ci possono i vincoli «affettivi». Tanto vero che in alcuni casi, es– seQdo apertamente intervenuta la direzione centrale a stroncare e denunciare qualche abuso fiorito ali' ombra del motto 11110 per t11tti e tutti per 11110, i colpiti hanno trovato impensate solidarietà ed hanno avufo il coraggio di prote– stare perché « i panni sporchi si dovrebbero lavare in famiglia». :B dunque facile capire come e perché, in questo clima, i dipen– denti dei Centri non siano portati ad assumere atteggiamenti di in– dipendenza net confronti dei loro benefattori. Il conformismo dila– ga e i dirigenti possono dormire sonni tranquilli. (Neanche il Sin– dacato Dipendenti Ente Marem– ma si fa mai vivo). M A vediamoli da vicino, qu_e– sti ~< funzionari ». Qual' è la loro provenienza sociale, qual' è la IUU NUOVA .ttEPUBBLICA PROFILO PRATICO DELL'ENTE· MAREMMA I RAGIONIERI D LLA IFORMA Peri tecnici l'on.Togni è l'uomo che ci vuole.Agliaddetti socialinte– ressasoprattutto la "tessera del pane ,,. E cosìla Riforma v avanti senza entusiasmi, conla caratteristica di unagrossaoperazione burocratica. loro mentalità politica? Bisogna distinguerli in due classi : da una parte i tecnici e gli impiegati am– ministrativi; dall'altra gli addetti sociali. I primi, come tutti, vengono as– sunti in base ad informazioni po-. sitive; è sufficiente ch'essi non risul– tino schedati come comunisti o af– fini. In realtà, la maggior parte dei tecnici e degli impiegati ammini– strativi non sono iscritti ad alçun partito; appartengono ad un ceto che, qui, è ormai declassato e pol– verizzato - la piccola borghesia - e perciò sono refrattari ad una precisa qualificazione politica ed. ideologica. Semmai l'unico adden– tellato con la vita politica essi lo mantengono grazie ai vincoli eco– nomici (e anche personali) che li legano alla grassa borghesia e alle alte gerarchie tecnico-burocra- · tiche. La loro mentalità è tipi– camente qualunquistica; in prati– ca si traduçe in atteggiamenti di indifferenza (o di diffidenza) ver– so la vita dei contadini, dei quali sorvegliano e talvolta repri_mono le manifestazioni politiche più ap– pariscenti (riunioni sindacali, ma– nifestazioni collettive, issamento di bandiere, ecc.). Per modificare l'o– rientamento politico dei contadini, non si sforzano di intervenire al- tivamente col metodo della persua– sione. I « fervorini » qui distribui– ti da qualche capo sono apparsi a questa gente comicamente ingenui. In fondo all'anima essi covano la simpatia,per la maniera. forte. L'on. Togni è il loro uomo. Di qui, l'estrema suscettibilità ch'essi mostrano per le campagne di stampa condotte dai comunisti. I comunisti certo non vanno mol– to per il sottile e i .loro sistemi non sono proprio quelli che ci vorrebbero per migliorare il co– stume politico; ma le reazioni dei nostri « funzionari » sono reazioni, nervose e del tutto inadeguate. Questa mentalità si riflette dan– nosamente sui rapporti fra i Cen– tri di colonizzazione e i contadini assegnatari di terre. Qui ci tro– viamo in un aperto clima di dif– fidenza. La maggior parte delle de– ficienze tecniche e soci.ili che si im– putano alla Riforma è forse do– vuta ai « funzionari ». Gli abusi dei vecchi proprietari, il ritardo nell'assegnazione delle terre, la manc_ata assegnazione a tutt'oggi di molti poderi, la debolezza del– !' organizzazione cooperativistica : tutto ciò è in buona misura do- . vuto alle insufficienze dei « funzio– nari». Facile intuire che cosa accade sul piano dei rapporti umani. Ne– gli incontri con i « funzionari » il contadino, come prima e come sempre, non sente né calore né solidarietà; l'aspetto burQ_craticodei Centri lo rriette a disagio. Dinanzi alle porte degli uffici egli attende per ore intere è, . quando vien ri– cevuto, l'aria distratta e frettolosa di chi l'ascolta non è- fatta · certo per incoraggiarlo. Agli uomini dei a1 vU Centri le lamentele degli assegna– tari sembrano noiose e spesso paio– no meri pretesti per screditare la Riforma. L'assunzione da parte dell'Ente dei fattori che erano alle dipen– denze dei vecchi proprietari ha fatto il resto : ha reso ancor più ammuffita l'aria che si cespira nei Centri. I capi non hanno volu– to· creare le « vittime della Rifor– ma», si dice, ed è giusto. Come poteva anche esser giusto che non ci si dovesse privare della collabo– razione di tecnici esperti e di buo– ni conoscitori di questa campagna. Ma un fatto resta: cioè che la pre– senza dei vecchi fattori, mentre non ha contribuito certo ad instau– rare un· nuovo ordine di rapporti fra i Centri e i contadini, ha fat– to sì che la Riforma, anche per questo aspetto, non sia stata quello scossone ch·e molti si ripromet– tevano. F RA i giovani della D.C. (o dell'Azione Cattolica) sono sta– ti e vengono scelti gli addetti A Milano, come i nostri lettori già sanno (N. R., n. 3, 10 feb– braio 1955), « un gruppo di giovani mossi' da finalità di educazione ci– vica e al di f,,,,ri di qualunque preoccupazione di parti » ha orga– nizzato un ciclo di conferenze sulla Costituzione. L'iniziativa è partita dagli studenti dei licci e delle uni– versità rnilancsi, e ha incontrato, fin dalla conferenza inaugur;lc di Piero Calamandrci, un successo pieno, calo– roso. Tanto vero che la stampa « ben– pensante·» ha espresso subito i suoi timori, la monotona accusa di filoco– munismo rimbalzando da Nazione– Sera al Borghese, da Oggi alla Pa– tria, da Candido alla Notte. Che noi si sappia, in fatto di organizzazione e di finalità subdole, il comunismo e i comunisti c'entrano come il ca– v6lo a merenda; semmai si tratta proprio di un episodio significante l'apertura dcmocratiéa della nuova generazione, il suo prender coscien– za dei problemi di oggi con serie– tà, lungi da ogni allettante richiamo estremista. Se poi il sig. Benito Ca– robcnc si lamenta, in una lettera ai giornali, che alla conferenza di Calamandrei siano stati presenti di– versi comunisti e socialisti, e non solo giovani liceali o universitari, ceco davvero un buon argomento; quando si terranno altre conferen– ze nel salone degli Affreschi del– la Società Umanitaria, bisognerà che qualcuno controlli le carte di id~n– tità, i tesserini dell'associazione stu– denti mcpi o delle segreterie di Fa– coltà: insomma « vietato agli adulti », oltre che naturalmente ai giovani operai e impiegati, niente affatto bi– sognosi di avere informazioni sulla Costituzione. Si badi che le sciocchezze fas_ciste del sig. Benito (esponente del MSI, ci informano), raccolte dal pen{laiolo ingrassato ·alle briciole di mille ban– chetti che risponde al nome di Mino Caudana, vorrebbero insinuare- il so– spetto dell'uso di locali scolastici per · quelle conferenze o lezioni, e cosi an– che il resto della ·stampa benpensan– ·te si guarda bene dal precisare il luogo delle riunionì. Quel che im- sociali, il cui .compito è proprio. quello di creare i nuovi rapporti 1111Mni fra. i riformatori e il ceto contadino. Sono giovani che han– no partecipato a speciali corsi per attivisti e perciò hanno una de– terminata qualificazione politica. Ma, a dir la verità, questa qua– li.ficazione è più formale che altro. La tessera che tengono in tasca, in– fatti, è più una tesser" del pane che il documento, la prova di un preciso impegno politico. Così' si spiega perché in genere anche gli addetti sociali svolgano le loro man– sioni con scarso entusiasmo, con quello stesso distacco, con quella stessa superficialità e sufficienza che sono doti ormai peculiari della nostra burocrazia.· Nei primi tempi della Rifor– ma, ci capitò di assistere ad una conversazione fra alcuni funzio– nari dell'Ente e un tecnico agrario che dell'Ente non faèeva parte. Si parlava della Legge-stralcio. Il porta, si capisce, è battere sul tasto della « propaganda politica» in cam– po studentesco, propaganda antipa– triottica antidernocraticd antigouerna– tiua (se fosse governativa allora non sarebbe più « politica » ?), e segna– lare la cosa al Provveditore agli Stu– di e ai singoli presidi. Ahi, ma il pre– side del Liceo Manzoni non è forse l'on. Malagugini del PSI? Perciò il povero liceale che scrive al direttore di Candido non può firmarsi, te- ' mc rappresaglie e in questo - con– clude trionfalmente il periodico èlei diffamatori di Dc Gasperi - « c'è Il borghese straccione tutto il programma dell'Italia libe– rata e democratizzata ». I corsivi sono del periodico in que– stione, e significano evidentemente che sotto il fascismo uno studente poteva anche rifiutare i cinquanta centesimi per « Libro e moschetto », o presentarsi, il sabato, in borghese anziché vestito da balilla della coorte tipo o da avanguardista con tanto di pugnale; il Preside gli avrebbe detto: fai pure, noi mica siamo nelle fetenti democrazie! E, dimmi un po': tuo padre dove lavora? Tutti i benpensanti si séandalizza– no, tutti si preoccupano - spie pul– cinellesche - di avvertire il Prov: veditore agli Studi di Milano; si muova per carità, non capisce che qui è in gioco il concetto di Patria, la dignità della· nostra nazione? So– lo il Caùdana affetta la mancanza di ogni stupore; egli ha scritto in– fatti, contemporaneamente, su Na– zione-sera e La Notte un pezzullo 3 tecnico, ch'era in compagnia d'un proprietario sottoposto a scorporo, sputava veleno su tutta la Riforma. « La Riforma - disse - ha bell'e rovinato gli interessi della produ– zione. Io lo dicevo. Non. poteva es– sere che così ». Una pausa, e poi : « E pensate che il Ministro m'ave– va invitato ed aveva insistito per– ch' io prendessi la direzione del– l'Ente Delta Padano! Non ho po– tuto accettare ... per motivi miei per– sonali ». Ecco, sintetizzate in una fra– se, le condizioni «umane» della Riforma. Chi ci garantirà ora che gli_altri tecnici, i quali si trovano oggi alla testa dei vari Enti e dei vari Centri, hanno deciso di ac– cettare gli inviti ministeriali per– ché convinti della bontà dell' im– presa e non soltanto, come il man– cato direttore dell'Ente Delta Pa– dano, ...' « per mot~vi loro perso– nali?». :B triste concludere che la Rifor– ma ha ormai assunto le caratteri– stiche proprie d'una grossa opera- . zione burocratica. Ci possiamo ren– der conto, cosl, come mai e perché lo spirito di ro11tine abbia ormai fugato gli entusiasmi e ali' opusco• lo di propaganda si sian tanto pre- . sto sostituite le scartoffie degli scrit– toi e i libretti del dare e avere. Oggi il successo, anzi l'esistenza della Riforma è affidata ai ragio– nieri. SEJIPRONIUS dal titolo « Ordinaria amministrazio– ne» (ci sono alcune differenze nelle due stesure, lcggèrc lcggèrc; fra l'al– tro, però, il testo del sig. Benito vi figura con espressioni sostanzialmente identiche, ma formalmente diverse), in cui si afferma: L'episodio « sem– plicemente uergognoso » da lui se– gnalato rientra, in realtà, nell'ordi– naria ·anuninistrazione del costume 1iazionale. L'Italia è quell'adorabile, 11w scon– certante paese dove, negli anni scor– si, perfino il rigore della dittatura fascista venne automatica,nente m,iti– gato dal disordine e dalla inosser– uanza delle leggi. Lo stesso disordine e la stessa inos– servanza delle leggi consentono oggi ai vari Calam.andrei di insidiare co- 1nodamente l'anem.ica democrazia italiana con l'inuolo'ntaria, m.a pre– ziosa, collaborazione dello Stato de– mocratico. E bravo lui e i suoi padroni bic– tolari. E bravi questi borghesi, ag– grappati alla punta della piramide, straccioni travestiti da classe dirigen– te! Al di là di ogni commento, ri– teniamo opportuno riportare le pa– role di Filippo Sacchi, sulla Stampa di Torino (quotidiano notoriamente antigovernativo o filocomunista): Ero sere fa alla prima 'lezione di un corso sulla Costituzione, ccc. e rimasi sba– lordito dal numero di giovani che erano accorsi: sbalordito dalla viua– cità delle loro reazioni e dalla since– rità del loro e11tusiasmo. E, voltando– mi a guardare quella folla di giou'l111i visi intenti, visi chiari, visi aperti, visi belli, pensauo a quello che un amico tornato appe11a del Veneto mi raccontava dell'indignazio,ie e fermen– to provocati laggiù nelle correnti più sensibili e viue dei giouani cattolici dai nostalgici pescatori nel torbido della maggioranza di Montecitorio. Macché fascismo. Giouane è la de– mocrazia, e giouane è la Repubbli– ca. Giovane è la nuoua Italia che cerca nel fermento di u71 mondo pau– rosamente ingrandito, e aperto verso l'avvenire, la sua !nuova dimensione umana. Chi non capisce questo è un sorpassato.

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