Nuova Repubblica - anno III - n. 2 - 25 gennaio 1955
4 ' L'U1V/1"'A DEI COMU1VISTI L A « Conferenza » comunista ha dato molto lavoro ai commenti della stampa borghese. Non che essa, durante le sue sedute, sia stata molto ricca di variazioni, di episodi o di sorprese. Uno di quei giorna– listi diceva, in quei giorni, agli amici, che il Musocco rappresenta, in confronto con una « conferenza dei quadri ,- comunisti, un luogo di one– sto divertimento. Ma sebbene non si vedesse nulJa, si presumeva che sotto la cenere crepi tasse parecchio fuoco, sotto la superficie ben levigata, si de– lineasse una serie di attriti, ideolo– gici e personali. Che cosa c'era di vero? Il documento, diffuso entro la Conferenza stessa, di « azione comu– nista », ne ha detto qualche cosa di pili esatto: in sostanza, i dissensi ri– guardavano non i fini, non la « li– nea», ma i mezzi, del partito; erano essi, tuttavia, abbastanza profondi, da non potersi relegare solo al piano «tattico». La critica interna non ri– guardava, infatti, né la pace, né la coesistenza, parole d'ordine comin– formiste e sovietiche, sulle quali nes– sun comunista, che non voglia pas– sare dall'altra parte, potrebbe avan– zare dubbi o riserve. Riguardava, invece, il metodo di condurvi effi– cientemente il partito. Secondo gli «oppositori», il metodo frontista si rivelava, ormai, controproducente, in quanto stempera l'azione del Partito in una serie di genericità, buone per tutti i ceti di cui il PCI vuole cap– tare in qualche modo il consenso, e di nessun significato per la determi– nazione dei fini di lotta della classe operaia. Lo stesso on. Secchia, con molta discrezione, si è reso inter– prete di questa opinione, quando ha sostenuto in Congresso che l'azione del Partito corr.c per troppi rivoli invece di intensificare l'impeto del– le pill serie correnti di trasmissione: la CGIL, e i Partigiani della pace. Quando, perciò, è venuto alla luce il provvedimento che destina Secchia a reggere la Federazione Lombarda, i commenti della stampa « indipen– dente» si sono mostrati concordi nel vedervi la drastica e insieme cauta li– quidazione dell'opposizione interna, cioè, appunto, la conferma delle dia– gnosi e delle ipotesi precedentemen– te diffuse. Se fossimo un'agenzia di informa– zioni segrete, ci industrieremmo ora anche noi ad avanzare delle ipotesi sulla opposizione interna, speculando sulle voci che accusano il segretario di Secchia, Seniga, di aver trafugato ciel denaro, su quelle che vedono e denunziano in Secchia stesso propen– sioni ad altri trascorsi, che non ri– guardano solo l'inalienabilità della proprietà privata come diritto natu– rale, per dirla una volta nei termini della dottrina cattolica. Ma questi episodi non c'interessano affatto, veri o fantastici che siano; né condividia– mo lo· stile dell'on. Saragat, che, in– vece di analizzare seriamente la con– dizione del comunismo in Italia, si limita ad oracolcggiare. che « certe cose > succedono, quahdo domina la logica barbara del totalitarismo. In– fine, dato anche che Secchia sia sta– to estromesso dalla Segreteria con una procedura che passa disinvolta– mente sopra alle consuetudini statu– tarie del PCI, non siamo del tutto dimentichi di salti oltre lo Statuto, contro oppositori, anche nelle mi!(lio– ri famiglie soèialdemocratiche. Non per questo, abbiamo parlato di « bar– barie »: quando ci fosse toccato di esaminare simili casi, avremmo par– lato di correttezza, di buona fede, di lealtà di confronto di forze, di fal– sità o di esattezza di giudizio politi– co; e, discendendo più a fondo in un esame politico, ci saremmo chiesti « per chi », cioè verso quali strati di militanti e di elettori, o per la incli– nazione a quali compromessi di clas– se, o a quali alleanze di politica in– terna ed estera, vengano presi prov– vedimenti che vanno oltre la « pras– si ». La questione che riguarda il PCI non è dunque, propriamente, quella dei dissidenti. t, in.sieme, più vasta, ci sembra, e meno direttamente pun– gente. Non saranno cinquecento co– munisti di parere contrario, a spian- tare le Botteghe Oscure. Ma, nello stesso tempo, proprio attraverso gli atti della Conferenza, quali li ha pubblica ti il giornale del Partito, si è potuto rendersi conto dei )!Tavi ostacoli che gli si sono obbiettiva– mente parati d'innanzi nell'ultimo anno. 'N el campo sindacale, dove non si sono, dalla CGIL, raccol– ti allori nella campagna per il con– globamento, la Conferenza ha rive– lato, attraverso varii interventi, il fa. stidio che recano ormai al movi– mento operaio comunista i fenomeni gialli, di sindacalismo padronale. Questa non è certo colpa di Di Vit– torio; ma i fenomeni gialli, nella sto– ria sindacale, sono sempre conseguen– ti ad un inasprimento della situazio– ne generale politica. Il padronato non perviene a queste formule di lotta, se non quando ha ·scoperto, da un lato, delle falle possibili nello schieramento operaio; d'altra parte, se esso può procedere a bruschi li– cenziamenti o spostamenti tattici dei responsabili operai degli stabilimenti, senza temere p'èrciò grandi manife– stazioni di ritorsione, ciò avviene per– ché si sente sicuro di un appoggio degli organi politici, partiti e go– verno, dell'opinione pubblica « diret- Di Vittorio e Pastore ai .ferri corti I L 23 dello scorso dicembre, si sono svolte le elezioni per il rinnovo della Commissione in– terna dello stabilimento Avio-Fiat di Torino, che hanno clamorosamente riaffermato che qualche cosa di nuovo sta avvenendo nell'importante setto– re clclla vita organizzata dei lavora– tori: qualche cosa su cui vale la pe– na, comunque, di soffermare la nostra attenzione. Ma prima di far questo, è bene rendere noti i risultati elet– torali che, nell'importante azienda to– rinese, sono stati conseguiti dalle va– rie organizzazioni sindacali, compa– randoli con quelli dell'anno prece– dente: Avio Fiat 1953 1954 (già A eritalia) Voti validi 2268 1997 CGIL 1358 77 CISL 1524 UIL 86 296 StND. AztEND. 825 (V alletta) I dati che abbiamo esposti non hanno bisogno di particolare illustra– zione: la CGIL è quasi scomparsa, fra gli operai della Avio-Fiat e la CISL, assieme agl'indipendenti che, nel 1953, si erano presentati alla competizione con una lista di eviden– te ispirazione padronale, è riuscita ,. a totalizzare il 76,3% dei voli validi. L'episodio testé descritto non è un caso isolato: è il caso più sorpren– dente, se si vuole, di affermazione elettorale della Confederazione demo– cristiana. Ma, quasi ovunque, nei ri– sultati per il rinnovo delle C. L, la CISL, da due o tre mesi a questa parte, ha sensibilmente migliorate le proprie posizioni. Il primo sintomo di questo « miglioramento » si ebbe nello scorso ottobre, con le elezioni della Bomprini-Parodi-Delfino di Col- . lefcrro, subito dopo la revoca delle commesse industriali. da parte degli U.S.A., alle note fabbriche di Paler– mo e di Milano. In quest'ultimo complesso, la CISL riportò 3602 voti contro i 1145 della CGIL. Il fenomeno che, denota ca– ratteri di continuità e di generalità non può non destare interesse, non solo fra quanti si occupano della vita e dell'attività dei sindacati, ma anche sotto il profilo politico, tanto è vero che l'ambasciatore statunitense, si– gnora Luce, poco prima di partire per Washington, in occasione delle va– canze di capodanno, ebbe a dichia– rare di ritenersi soddisfatta dei pro– gressi della « democrazia » nelle no– stre fabbriche e che il suo governo, in conseguenza di ciò, avrebbe sicura– mente dato esecuzione al piano di commesse. Biblioteca Gino Bianco N.U O V A R E P U B B L I C A ta », del sostegno, infine, di gruppi propagandistici granghignoleschi co– me, fra noi, « Pace e Libertà », che procedono con una tattica d'urto, sul cuore della « parte sana dcli! na– zione». Le critiche che si sono pertanto appuntate, nella «Conferenza» co– munista, ai sindacati, per la loro scarsa unità ideologica e pratica d'azione, denunciavano non tanto in– capacità nell'on. Di Vittorio, che gui– da una lotta ogni giorno più difficile; ma disorientamento politico. Infatti non si sarebbe· giunti a questo raffor– zamento del padronato, e d~i suoi sostegni politici, soltanto, come ha spiegato Togliatti, per una sorta di malvagità del « partito della guer– ra», divenuto così cattivo dopo la Conferenza di Ginevra, mentre il « partito della pace» moltiplicava i suoi gesti di bontà e di ospitalità. Ciò che è più propriamente mancato alle file della base del partito, è stato un un indirizzo di replica immediata al– le prime calunnie, ma perniciose e clamorose, di « Pace e Libertà »; né il PCI ha pertinentcmentc reagito, in 9uanto partito, ai provvedimenti anticomuniJìtÌ del Quadripartito, pre– ferendo dare amplificazione al pa– rere dei borghesi onesti~ che è retta– mente contrario ad ogni discrimina– zione. Ma che avrebbe dovuto fare il PCI? Era, secondo noi, proprio que– sto, il momento di insistere finalmen– te sulle proprie caratteristiche nazio- •nali; di battere sul fatto che esso non è solo l'altoparlante della poli– tica estera sovietica, la quale, a sua volta, non si formalizza se deve man– dare a picco tutta la politica Vidali– Togliatti in fatto di impostazioni triestine; ma che costituisce la voce elci lavoratori italiani, i quali non ac- Tra l'on. Di Vittorio e l'on. Pa– store si è accesa una polemica vio– lenta sui risultati elettorali negli sta– bilimenti, asserendo il primo che non erano che il frutto delle illecite in– terferenze padronali e delle pressio– ni americane. In altre parole, il Se– gretario della CGIL, sostiene che il lavoratore - sotto la minaccia del licenziamento - non è libero di vo– tare per chi vuole, ma è costretto a votare per le liste che godono del– l'appoggio e dei favori del padrone. LAVORO e SI~DACJATI Si tratta, come si vede, di un'accusa assai grave, alla quale l'on. Pastore, in istato di evidente euforia, non ha risposto in modo del tutto convin– cente, P ER la verità, basterebbe citare il caso della revoca delle commes– se USA, che ha tolto agli ope– rai della « Vittoria » di Milano l'as– sicurazione di un lavoro triennale per un ammontare complessivo - se non andiamo errati - di 12 miliardi, per ritenere sufficientemente documenta– te le accuse di Di Vittorio. Ed è anche verissimo che, proprio a seguito delle minacce e dell'atteg– giamento del governo di Washington, gl'industriali hanno instaurato, nelle loro aziende, un regime di terrori– smo che - come abbiamo denuncia– to pii, volte sulle colonne del nostro giornale - non ha niente a che fare con i principi democratici del rispetto della personalità umana. Si sono avu– ti anche casi di liste mimetizzate, per evitare ai lavoratori che si fossero presentati alle elezioni sotto la deno– minazione di CGIL di incorrere nel– le ire del datore di lavoro. t, quin– di, vero· che bisogna assumere i ri– sultati elettorali della CISL col bene– ficio d'inventario e che si finirà col non sapere pili quali sono, in una fabbrica i comunisti e quali i demo– cristiani. Il che dovrebbe far riflet– tere sull'opportunità di certi metodi ai fini di una politica anticomunist-a, anche la signora Luce e gli uomini del sindacalismo americano che han– no, molto spesso, la sensibilità politica che può avere un elefante. D OPO aver detto questo e non per intervenire nella polemica fra l'o'n. Di Vittorio e l'on. Pa– store, ma per semplici esigenze di cronaca, non possiamo fare a meno di rilevare che, comunque, ì ri~ultatì cettano di essere calPcstati, proprio in quanto italiani; che non si lasciano né corrompere né discriminare, per– ché rappresentino, agli occhi della clasc dominante, la parte più sfrut– tata cd economicamente più debole. Insomma: se il PCI avesse in quel momento insistito e si fosse diretta– n1ente, come partito proletario, but– tato alla lotta per la difesa, che è una sola, delle rivendicazioni sociali e politiche della classe operaia italia– na, la « base » a sua volta si sarebbe sentita sostenuta cd orientata; né sa– rebbero giunte a Togliatti quelle in– genue domande, che egli ha canzo– nato ma anche rivelato alla Conferen– za, nei riguardi della inattività rivo– luzionaria del Partito, e delle sue prospettive future: domanda non di ribelli o di dissidenti, ma di mili– tanti a disagio, che si trovano ovvia– mente in ogni federazione. Vogliamo dare torto, per questo, alla tattica frontista di Togliatti? · Stando ai risultati che questa gli ha fornito, dalla battaglia del 7 giugno alle successive, parziali, prove am– ministrative, riconosciamo che essa si è dimostrata positiva, e che il PCI ha ragione di confermarla, nei suoi utili. Ma il guaio, ci sembra, è che proprio quella tattica non ha fun– zionato, nel momento in cui la lotta si acutizzava. Il principio del fron– tismo, infatti, non significa che il PCI debba mettersi al seguito, ma alla testa delle alleanze borghesi o delle solidarietà di. opinione. Ma è evidente che, per stare all'avanguar– dia, bisogna battersi per primi; e, prima di tutto, battersi. Di fronte, per esempio, alle accuse di « pace e libertà», ci sembra che il PCI abbia contrattaccato in una sola occasio– ne, quando ha « coperto > Moscatelli; per le elezioni delle C. L denotano la fragilità su cui si basa l'apparato dell'organizzazione comunista, che, al primo soffio di vento reazionario dà chiari segni di non saper resistere. Non v'è dubbio che il numero non è di per se stesso una. forza e che la consistenza o, vorremmo dire, Ja co– scienza di un movimento sindacale non è data dalla sua «quantità» ma dalla sua intima convinzione e dalla sua capacità di resistere alle minacce cd alle rappresaglie del padronato. In realtà, la CGIL non ha saputo formare nella classe lavoratrice una salda coscienza sindacale; col suo si– stema di decantare per « grandi vit– torie » anche le sconfitte più eviden– ti ha finito •col cadere in una reto– rica di maniera, tanto più grave se si pone mente al fatto che le condi– zioni di vita dei ceti operai sono an– date P.eggiorando di anno in anno e, tutto sommato, non ha fatto del sin– dacalismo genuino, non ha avuto una sua politica del lavoro. t indiscuti– bile ch'essa sia ancor oggi la più grande organizzazione sindacale, ma questo di per sé non significa niente, se non riesce ad usare della sua forza per un fine preciso, concreto, che i lavoratori possono capire con chia– rezza. Se da un lato ci sono le repres– sioni padronali ad incrementare i vo~ ti della CGIL, dall'altro manca un'azione definita e compiuta della CGIL che spinga la classe lavora– trice a sopportare gli inevitabili rischi di una situazione estremamente dif– ficile. IL CAl'OLE{;A ma quando ha sostenuto che la re– plica non si sarebbe fatta per prin– cipio, in quanto i militanti i;ispondo– .no di sè solo al partito, si è già sot– tratto proprio alla norma del fronti– smo, per cui il partito non è una chiesa chiusa; e nello stesso tempo, ha dato baldanza a questo genere di avversario, che, allontanandosi deci– samente dalla sponda originaria del– la Resistenza, sulla quale si era te– nuto un tempo taluno dei suoi cspo– •nenti, passava ormai ad attacchi di chiaro gusto fascista. A questo pun– to, che cosa impediva che si com– pisse il fatto denunciato da To– gliatti, che cioè l'anticomunismo dei pii, < forsennati » (per riferirci alle sue parole) del Quadripartito, si me– scolasse a quello di denunciatori e di fascisti? Il disagio comunista, se così stan– no le cose, - disagio, bisogna av– vertirlo, che non è punto una crisi - è di natura molto più estesa di quanto non denunzino l'ambiguità del caso Secchia, o il manifesto di « azione comunista >. t il disagio conseguente ad una lunga politica di generico riformismo; alla mancanza, da anni, di una sola lotta politica per una sola riforma, portata innanzi però, con perspicacia e sistematjcità; la mancanza, in una parola, di sociali– smo. La tattica frontista è basata sul– la diagnosi, che la partita sia ormai mezzo guadagnata, in quanto larghi strati progressivi di democrazia libe– rale e socialista sono concordi con le istanze di democrazia economico-so– ciale del comunismo, e con le sue richieste di stretta costituzionalità nella vita politica. Perché, allora, non usare questa convinzione di partenza, per dare vita a movimenti autentica– mente riformistici? A lungo ~ndare, la guerra fredda da un lato, l'immo– bilismo democristiano dall'altro, han– no determinato l'immobilismo e la genericità dei comunisti stessi. Come stupirsi, allora, che proprio dalla ba– se si levino gl'interrogativi sul « che fare », sul « dove andare »? Quando Togliatti risponde che lui non fa il profeta, e, burbanzoso, ammonisce di studiare i « testi >, evidentemente non ha nulla da dire: evidentemente egli sa che per sopravvivere e per resistere bisogna « non muoversi >, non spostarsi. Il guaio è che si muo– vono e si spostano gli altri. T uttavia, qualche cosa di nuovo è uscito dalla Conferenza: la parola d'ordine della lotta contro i monoj)olii. Per ora, nessuna traccia di questa lotta è stata concretamente se– gnata, nessuna indicazione sui mezzi, nessuna documentazione che provi la validità di certi strumenti piuttosto che di altri. Può darsi che molto pre– sto se ne senta parlare: ascolteremo, non occorre dirlo, con attenzione. Ma non vorremmo si trattasse di una grossolana parola di incitamento poli– tico, come si è dimostrato poi il « pia– no del lavoro >, senza adeguate ri– spondenze, sia sul piano parlamenta– re, sia su quello· della propaganda, che della coordinazione tra azione politica e azione sindacale. In questo caso, avremmo capito, certo, che To– gliatti, tra Secchia e Di Vittorio, si è ricostituito arbitro in una rafforzata posizione di segreteria; che ha sapu– to, certo, sopravvivere; ma che non ha poi saputo far nulla per quel so– cialismo, di cui si dichiara il prode servitore, come il vecchio Archiloco verso il suo signore, Enialio. Lettera 22 Inautoe in treno in aereo e in albergo sulleginocchia, sultavolo d'unbar, esatta e leggera scriverà lavostra corrispondenza gli appunti di viaggio i ricordi dellevacanze. olivetti
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