Nuova Repubblica - anno III - n. 1 - 10 gennaio 1955
4 INVOLUZIONE DI R GIME L E ultime settimane hanno, secon– do noi, portato ad alcuni fatti, che, con la migliore volontà, non potrebbero essere interpretati se non come segni non dubbi di involuzione di regime. li primo di essi, è l'articolo di Panfilo Gentile, il 4 gennaio, che chiede al Governo di dichiarare l'in– compatibilità dell'essere comunista e funzionario, o, quanto meno, di stret– tissimamente vigilare. Non intendia– mo. levare scandalo né contro l'uomo, né contro il giornale, il Corriere-della Jera, che si sono assunti questo com– pito. Il giornale rappresent~ la più ottusa conservazione italiana, edulco– rata dal tlnero <lei suo direttore per il èlegasperismÒ,;, in questa funzio– ne, per i p~rti_tj minori. L~uomo, è colui che per primo iniziò l'agitazione ideale per la riunificazione liberale, cioè per l'immissione, in questo par– tito, dei reti e dc:,igruppi che avreb– bero sempre avversato una democra– zia protetta; ed era quell' « Averroè » che sul Mondo scriveva parole di fuoco, anche troppo fiammeggianti per apparire sempre giustificate, contro il salazarismo democristiano. Che egli oggi scriva con tanta incoerenza, si– gnifica solo che gli anni, per lui, non passano invano. Tuttavia, l'articolo ed il giornale contano per noi per un'altra ragio– ne: come segno, cioè, che è venuto ormai il tempo, in Italia, di pensare ad alta voce certe cose; di proclamare la discriminazione dei cittadini ita• liani, contro spirito e lettera della Costituzione, in modo palese e sgar– bato. Che sia l'uno o l'altro pubbli• cista italiano a capire e condividere questa maturità dei tempi, fa lo stes– so: ci spiace che sia un antifascista, ma la natura, come è noto, non ha i nostri scrupoli, non fa le nostre dif– ferenze, e la senilità colpisce senza riguardo gli uomini di tutte le sponde. La realtà è che Panfilo Gentile ha imparato una cosa da Mendès-France (una sola): quella di annunziare come imminente ciò che è già predisposto, se non realizzato. Merrdès-France ci fa buona figura, Panfilo Gentile pes– sima. Anche in questo, la natura è giusta. Ciò che sta accadendo, anzi è già accaduto, nell'« epurazione» am• ministrativa dei comunisti è rif~rito da Ugo Zatterin sulla Gazzetta del Pof,o"/o del 5 gennaio. I ministeri non hanno neppure atteso le decisio– ni del Consiglio dei Ministri, che evi– dentemente il Presidente aveva già loro anticipato come disposizioni di mas• sima. L'epurazione, dice lo Zatterin, è quasi ultimata. Da t~mpo, i comu– nist( ce funzionari, sono stati ritirati dagli uffici di responsabilità; se in attesa di promozione, non sono stati promossi. Si noti che questo prov– vedimento reca a tali funzionari anch-c un danno pecuniario, di cui poss'1no chiedere il risarcimento; infatti l'as– sunzione in carriere statali per con• corso è un negozio, un contratto, tra Stato e cittadino. Mentre noi perde– vamo il nostro tempo a stilare mani• festi -e a formulare pensieri contro le intenzioni di eccesso di potere del governo, « Kinglax lavorava », come si sarebbe detto in vecchio linguaggio pubblicitario, dedicato per puro caso a celebrare l'espulsione notturna di elementi particolarmente maldigeiibili da taluni organismi. Secondo il corrispondente romano della « Gazzetta del Popolo », di CO· munisti militanti, reperiti con zelante sollecitudine dai fedeli gerarchi del– l'amministrazione, se ne sarebbero, nei Ministeri, accertati pochini. Molto più numerosi, i simpatizzanti: ma contro questi non si è saputo finora come procedere. Probabilmente ci si è ri– nunziato. Buon segno, perché signi• fica che, nel processo alle intenzioni, si è dovuto ancora fermarsi dinanzi ad una catena, in cui si sarebbero al– trimenti colpite « le intenzioni delle intenzioni », con una ripetizione mor• tificante e indefinita degli atti per– secutori, qualitativamente inarrestabi• le. Ora, dinanzi a nuove assunzioni per concorsi di stato, si dice che il Governo ne escluderà i comunisti tes– serati, in forza di una disposizione che richiede, da parte dei concorrenti, l'impegno alla fedeltà e segretezza del proprio ufficio. Ma questo signifi. ca che, per concorrere ad un posto di stato, bisognerà subire un'inchiesta se– greta della polizia, la quale dovrà accertare, presso portinai e conoscenti del candidato, la non appartenenza, attuale o passata; del medesimo, al temuto partito di sinistra. Quanto poi al fatto che per ora siano esciusi i simpatizzanti, esso non promette an– cora nulla per il futuro. Supponiamo che pensassero, un giorno, di affron• tare un concorso, un soc.ialista di si– nistra ed un comunista moderato: è credibile che l'occhiuta prevenzione amministrativa di questo paese resista a lungo a discriminarli sulla base della tessera? O non piuttosto essa imparerà da regimi discriminatori ben altrimen• ti seri come si esercita questo me– stiere? L'altro sintomo che ci ha francamen– te preoccupati è stato l'espulsione dal– la Democrazia cristiana di Mel Ioni e Bartesaghi. Anche questa, s'intende, come segno dei tempi. Quando !'on. Del Bo non votò per il patto Atlan– tico, nessun segretario, nessun Pre– sidente democristiano, chiesero la sua testa. Quando !'on. Moro si permise, recentemente, una eccezione all'impen– nata non autorizzata dell'on. Togni, in. favore di « Pace e Libertà », il Se– gretario della D.C. la rintuzzò, come si dice, « son corps défendant ». li caso Melloni-Bartesaghi apparve invece scandaloso, perché rompeva il fronte maggioritario in politica estera, e « faceva il gioco » delle sinistre. Forse che il << ralliement » missino-monar– chico al governo Scelba, in questa ma• teria, non avvantaggia la missione di « protesta », che la sinistra tanto più assume oggi in Italia, quanto più drasticamente i suoi credenti vengono discriminati, e quindi umiliati nel loro ruolo di « opposizione »? Di fatto, tutto contribuiva ad esclu– dere il provvedimento a carico di Mel– loni e Bartesaghi. li fatto che era sicura ormai (specie dopo il Congres– so del PNM a Milano) un'ampia maggioranza alla ratifica degli accordi di Parigi; il fatto che, in materia di politica estera, i partiti' democristiani europei praticano la libertà di voto e di coscienza, accontentandosi di ri– chiami magari vivacissimi alle deci. sioni di maggioranza (come è accadu– to di recente all'ex-ministro francese Schuman); il fatto che Melloni e Bartesaghi non si proponevano di votare contro la ratifica, in linea di principio, ma di produrre un emen– damento, malpratico quanto si voglia, ma infine opinabile, ·e condiviso da centinaia di deputati, di tranquilla fama democratica, ai parlamenti fran– cese e tedesco. Si è voluto dunque « stringere la vite » dell'anticomunismo: e il pro~– vedimento va di pari passo con quelli a q:irico dei funzionari di osservanza sociafcomunista. Questa tendenza alla repressione svaluta gli altri atti in cor– so del Governo italiano, eminente– mente due: l'impegno sostenuto dal– l'on. Fanfani in favore della giusta causa, che obbliga i liberali malago– disti a scegliere la via della resa, o quella del volontario esilio dal Mini– stero; e il piano Vanoni, di cui non ci nascondiamo, tecnicamente, l'im– portanza. Di fronte all'uno ed all'altro gesto, la prima riflessione è che iI Congres– so democristiano di Napoli, che si credeva sopito nell'oblio, torna final– mente a manifestare i suoi effetti. L'accento di « democrazia sociale» che caratterizzò le nuove leve dirigenti, e che Iusingò la nostra Iunga attesa dopo tanti anni di degasperimo, torna a sentirsi. Ma quello che pure allora apparve l'incognita del San Carlo, la definizione del fanfanismo, assume con– torni più netti, e, purtroppo, pericolo– si. Ogni regime totalitario è in grado di varare dei piani di pieno impiego, e di trovare anche sovvenzioni estere per realizzarli; ogni regime semitotll– litario, reperirà queste ultime tanto più facilmente, quanto più indulgerà al blocco dei salari, e al proposito di costituirsi «propulsore» dell'iniziati, va privata. Un pizzico di antimo– nopolismo intenzionale condirà il piat– to in modo più sapido: corrisponderà NUOVA REPUBBLICA meglio alla lettera di certe disposizioni americane, e riaffermerà la funzione interclassista dello Stato al di sopra dei fattori della produzione. Tuttavia, se il «costo» politico dell'operazio– ne diventa più elevato del suo pregio sociale (sia pure, magari, a dispetto di ogni intenzione del Ministro del Bi– lancio, in cui non abbiamo mai per il passato riconosciuto i tratti della reazione e della repressione politica), il regime che attui la piena occupa– -zione, e che fissi 1,lla terra i lavora– tori che vi sono già occupati, si de• finirà egualmente per quello che è: quel regime di tecnocrazia integralista, nella migliore delle ipotesi, che ogni coscienza Iiberale e democratica, non diciamo socialista, allontana da sè con timore e ripugnanza. C'è tuttavia un punto sul quale noi non abbiamo da lamentarci della Democrazia cristiana: essa non ha mai promesso nulla di diverso, e quindi non tradisce nessuna promessa. Che poi, con questo spirito, essa possa davvero animare una economia di sviluppo, è difficile prevedere. In ge– nere i regimi cattolici non ne sono stati capaci mai: ma Fanfani po– trebbe anche essere iI piccolo Erhard italiano, con i limiti e le aggiunte che la sua qualifica comporta. Dovrem– mo lamentarci invece di liberali e SO· cialdemocratici. Ma dai liberali, dopo l'infeudamento malagodista del parti– to, non dovevamo invero sperare di meglio; e dai socialdemocratici, c'era dunque ancora qualche cosa da at– tendere? L'on. Saragat disse una volta che temeva il dossettismo, perché questo lo avrebbe scavalcato. Eccolo servito. Nel suo perpetuo timore di essere so– cialista all'italiana, in un paese che ha la nostra disoccupazione la nostra depressione e il nostro giacobinismo: nella sua adorante contemplazione del socialismo scandinavo, che non si adatta, ovviamente, ipso facto, alla no– stra misura, Giuseppe il Sognatore si è lasciato sorpassare dai cattolici, che propongono un congegno di pieno impie,go tecnicamente irrefutabile, a condizioni di repressione politica e di intrigo sindacale perfettamente antiso– cialiste. L'uomo ha avuto quello che aveva chiesto: la lotta contro il « ter– rorismo ideologico». Speriamo, alme– no, che, deposta per un momento la lettura serenamente conservatri"e delle prose goethiane, Giuseppe il Sognato– re si indugi sul messa,ggio natalizio del Pontefice. Esso è. nei riguardi del mondo laico, comunista e no, molto più aperto e liberale di lui. COSE DI FRANCIA Etichette r altà politi Dal nostro corrispondente L 'APPROVAZIONE degli Accordi di Londra • da pa.-te del/'Aue111blea Nazionale francese 11011sig11ifi• cherà certa111e11te la fine del mondo (benché, i11/empi di bombe atomiche, anche questa e1pre11io11e ingenua ac– q11isti 1m certo v,1/ore ...). I CO· muniJti e1agera110 e fmwo della de– magogia q11a11do,co111ele prefiche, la11cia110 grida strazia,1/i e si strappa- 110 i capelli J11llasorte della povera Francia ormai in balia, ancora 11na volta, delle orde hitleriane. In periodo di armamellli atomici, le dodici o ma• gari quaranta di11i1io11i tede.uhe, per quanto bli11da1ee agguerrile e go11- f iate d'11n11icofurore, non rappre1e11- ta110che ben poca cosa. Tanto che ci si chiede perché gli A11g/o-sauo11isi sim'ìo tanto i11testardili affinché la Francia appro,,asse 11fficialmenteq11esto riarmo te,/euo che, simbolicamente al– meno, rappresentara per eJJa un'umi– liazione profonda e, in1omma,. un ge- 110 conlro 1e sleJJa. Si è av11tal'impreJJio11eche gli An– glo-saJJ011i abbiano voluto impor.-e queslo geslo alla Francia proprio per farle sentire il loro peso, la forza della loro vo/011tà, per 111et1erealla prova la docilità di 1111paese che, solo ormai in Europa, aveva osato re– sislere alle loro esigenze. La vigilia del voto le agenzie americane a11111111- ciavano ch; l'Italia, avendo obbedito senza tante 1/orie,· 11eniva premiata cou la contin11azio11edegli aiuti; che la Francia quìndi ci pe11saJie bene, 1e 110 .... lei ci i111e11de, come diceva il bravo a don Abbondio. Me11dès-Fra11ceha inteso. Avrebbe pot/llo fare diversamente? C'è chi dice di sì, e che 101/iene che rm nuovo ge– sto d'energia e di dignità avrebbe reso gli A11glo-saJJ011i( è d'att11alità met– Je.-li imieme, benché /' lllghi/Jerra sia probabilme11te1111 semJ,lice e 110111·op– po brilla111esecondo) pùì r;gio11ei•oli 0 1 almeno, un poco pùì bene educati. lllvece Me11dès-Franreh<1ced11to, e ha anzi dovuto 111dar molte camicie pe,- f"r cedere /' AJJemblea Nazio11"/e, riusce11do11i fi11al111e11/e con /1110JCrll'tO di voti che toglie ogni Vf/lo.-emo.-ale alla decisione p.-esa. Tuui 1a11110 del re110 che 11011c'è stato 1111 solo dep11tato francese a vo• lfll'e volentieri questi accordi, che tre q11arti di eJJi l'hanno fallo anzi 0011 la 1110.-te nel c110,·e,e che gli Accordi di Lo11dr<1 sono p,wati solo perché molti, vota11doli, ha11110vo/1110 s«I• t'a1'eil governo. Q11esto stato d'animo di parecchi dep11tati è condiviso da !!Ila parte del– /' opi11io11e p11bblica e viene giu– s(ificato negli ambienti più fedeli "' Presidente del Consiglio seg11e11do 1111a logica non troppo convi11ce11te. Dicono q11esti seg11ari del « me11- de1ismo » (il ter111i11e è già stato 1 1 arato1 e prende po110 flCCa1110 al « gol– liJ1110 »; gli uomini contano più dei partiti, oggi, proprio per colpa dei parti/I): è vero che Mendès-Fra11ceha dovuto cedere al rirallo a11glo-1aJJ011e; 111a1 1e non aveue ced1110 1 noi avrem– mo riveduto al poie,-e di nuovo i Pinay, se non proprio i La11ie/1 q11e1ti 11omi11iviscidi, 1enza 1pi11a dorsale, dalla mente 111euhi11a e ris1ret1a1 che a11eva11ridolla la Francia 11011' 1010 alla co11dizio11ed'1111umile 1a1ellite, ma a qualcoJa che rico,-dava il puzzo di sacrestia, di pouo di polizia, di p111.-edi11e d i tempi miserandi di Pé- 1ai11. Piut101to di rivedel'e a palazzo Matig11011uomini di quella 1pecie, la• uiamo pure che Me11dè1-Franceceda, 1i pieghi. /11 alt,-i termini, lasciamo che Me11dès-Fra11ce faccia la poli1ica che «11rebbefallo Ph,aJ'! Almeno, a fare co1e antipatiche, Sttrà un uomo 1impa1ico. IL MURO I.A teli è 1/alfl /eorizzala da . quel gmppo di uomini - 11111i d valore - che 1101111oglio110 ,·i111111cù1re alle 1pe– rtmze de1late dall'esperienza Me11dè1- F,-mue nella JCOrJa· e1/ale. QuesJi 110- 111i11i1 tra cui emergono il ribelle urit• /ore cattolico FrançoiJ A·fauriac e l'ex co1111111ista e ex gol/ùJa André Afalraux, ha11110addirittura lanciato l'idea di 1111a 1inistra « non marxùta » che deve s1ri11ger1iatlorno a AfendèJ-France e prepar(lrgli 1111 1.-io11foelettorale /'an- 110 prossimo. * La iniziativa di Unità Popolare, di proporre agli intellettuali un ma– nifesto nel quale son~ segnalati al Paese i pericoli di una politica di discriminazione dei cittadini appar– tenenti a partiti contrari al governo in carica, e quindi lesiva delle leggi fondamentali dello Stato democrati– co, ha avuto fin qui l'adesione di molti uomini pensosi dell'avvenire del Paese, nessuno dei quali ha legami con i partiti pregiudizialmente col– piti dalla discriminazione. * C'era da aspettarsi che la stampa governativa accogliesse male l'inizia– tiva, e che certa stampa parafascista - come Il Tempo - ricorresse anche alla contumelia. Era meno prevedibile la violenza e la volgarità di linguaggio dell'organo del P.S.D.1., almeno per coloro i quali ritengono che, nonostante gli incantamenti del potere, i socialdemocratici del sine– drio romano abbiano ricordo delle origini del fascismo e delle sue fasi successive. Quelli dc La Giustizia, evidentemente, intingono la penna nel calamaio de Il Tempo. * Eppure, almeno Saragat, Romita e Trcmelloni dovrebbero ricordare che nel 1920, 1921 e 1922 lo Stato cominciò a essere fascistizzato pro– prio con le circolari ministeriali. Le spedizioni punitive erano precedute da accurate perquisizioni poliziesche nelle case dei « sovversivi ». Le Ca– mcFc del lavoro, le cooperative, le società di mutuo soccorso, tutto il complesso di difesa economica e poli– tica ciel proletariato venne distrutto con la collaborazione degli organi dello Stato. Le. circolari ai prefetti ai questori ;,Ila magistratura veni– vano mandate da ministri « libe- rati :o, gli apprendisti stregoni che si accorsero troppo tardi che la di– struzione della organizzazione ope– raia e contadina portava con sé la distruzione della libertà di tutti. * Queste cose possono non ricor– darle e non capirle il senatore An– giolillo e Tanassi, ·ma Saragat deve ricordare e capire che trentacinque anni fa le circolari degli apprendisti stregoni liberali prepararono il de– litto Matteotti e il resto, compresa la sua fuga all'estero. * Perché allora anche Saragat era « bolscevico ::,; anche Salvemini; an– che Calamanclrei. Lo era Gobetti e lo era Amendola. « Bolscevichi :> fu– rono Matteotti e don Minzoni, e Pilati e Consolo, e don Sturz.o e Tu– rati e Treves. Poi anche De Gasperi e Scelba. * Ora, per l'organo di Saragat, CO· loro che ricordano simili precedenti sono « intellettuali-squillo della po• litica comunista > e « sicofanti ». Saragat e soci si augurino che la loro politica non conduca troppo presto al loro accomunamento con questi < sicofanti >. * Saragat fu accusato, subito dopo il 7 giugno 1953 (quando fece pro• pri il nostro pessimismo e perfino il nostro linguaggio pre-elettorale sul– le intenzioni della Democrazia cri– stiana), di essere divenuto caudatario dei comunisti, sol perché aveva avu– to un sussulto di coscienza socialista. Nemmeno questo ricorda? Ah, de– stino cinico e baro. PIC Quando q11e1ti uomini J1arla110di « sinistra 11011marxista » non si può dar loro tu/li i torli. Sinùtra « mar– xisla >> 1ig11ificai com1111is1i, che han– no i1ola10 la clas1e operaia, l'hanno disabituata a ragionare, ne hanno fallo un grande corpo senztl pilt 011a e sen– za J1i1ìnervi; 1i11istra « marxist,1 » si– gnifica i socialisti, che del pa,·tito di Jaurè1 hanno fallo 111u1ocietà di mu– tuo-socco,10 elellol'ale. Ma q11a11do ve11go110 a dire che bi– sogna lasciare che Me11dès-Fra11ce fac• eia provviJoriame111ela polilica di Pi• nay perché l 1 a1111ale11u1ggiora11za 11011 gliene permellerebbe 11na diversa, a/. /ora esagerano. I propositi per /'av– venfre potra11110essere buoni, flltl per inlanto ci 1i riduce ti fare la polilica del fa1cùmo· 11111uolinia110 dei primi tempi, che pur di a,-ri,,a,-e e poi di durare faceva la guerra civile per conio degli agrari e della grrmde i11- dwtria dopo di eJJere partito dal progrt1m11Ul1111tict1pilalis1a di pù,zz,, Sansepolcro! P. vero che Me11dès-Frall• ce è ancora /011/tmo da/J' euere arri– ·11a10 a questo pu1110,almeno nel ter– rilorio 111e/ropolita110. Afendès-Frauce è 111111011101erio; 11ess1111 paragone è poJJibile fra lui e M111Jolini,anzi neppure con De Gaul– le. I!. app111110 Jroppo serio perché gli si po11a110permei/ere certi giochi di bwso/011i che di tiiabolico 110nha11110 neanche la 111a1chera/11ra. D'altra parie, q11ando si pensa al– /a. pa11ra di rivede,-e Pi"''J' a( po– tere - e all'Eliseo c'é Coty, 11011 più A11riol.... - si comprendono molte e1ilazio11i1 molte illusioni, perfino ce,.. te irragionez,olezze.
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