Nuova Repubblica - anno II - n. 21 - 10 novembre 1954

raccolta di forze intorno ad una poli. tica, fin isca piuttosto coll'allontanarne, timorose che in es::.:! pn:yalga la poli· tica dei « democratici .», e d1e forze « democratiche » non vi vengano per paura del pericolo opposto. Restano da esamin:ue i nostri rap– porti col P.S.!. Noi non vogliamo fare concorrcnza a questo partito, ma anzi offrirgli la possibilità di dialoghi c intese distinti da quanto Sii offrono i comunisti, fino a dargli la precisa StO– sazione che solo una sua reale auto– nemia di fronte a que:.t'ultimi per– metterà di ampliare sensibilmente, nel pal!se, il terreno di inAllcnza delle forze clelia sinistra democratica e socia– lista. A questo scopo sani nostro com– pito indicargli JO/llzio1lj (III/OIIOllle dei problemi italiani, fiduciosi che possano venire accolte e che dall'accordo su esse possa poi derivare un'intesa di fondo, più sostanziale e duratura, J! chiaro però - e lo ha detto Codignol3 - che ave queste indicazioni non fossero ac– colte, noi non lasceremo « il campo sco· perto », e ci aSSUOleremo direttamente I:t responsabilità di bre quanto il P,S.I. avrà rifiutato, cioè portare anche alln sua base la voce di una dfeUiv<l alterna· tiva socialista. Ora, in vista di ciò - per l'una e l'alita ipotesi - ritengo che molto piu facile sarebbe stato ope– mre avendo mantenuta chiaramente di– stinta ed indipendente l'organizzazione di A,S. (è certo infatti che un orga– nismo « socialista » avrebbe tanta piit capacità di agire come elemento di pressione di quanto non l'abbi;t un organismo che appaia non chiùamente determinato). Per -questi moti"i ho sostenuto il mantenimento, per U.P., della formula federativa. Ritengo che essa avrebbe meglio chiarito, di fronte al l'opinione pubblica, proprio il fondamentale si– gnificato politico che ci siamo propo– sti con tale organizzazione: dimostrare che vi sono fone soci!tliste ~ non socialiste, cattoliche e laiche, ecc., che senza rinunciare ad alcunché de.lle proprie finalità ideologiche e politi– che tuttavia concordano sulla neces· sità di operare in comune, o. in Italia, per un rinovamento delle strut– ture del paese, giudicato indispensabile anche soltanto allo scopo di garantire effettive condizioni di vita democra– tica e di un successivo sviluppo sociale. Da questo punto di vista \10:\ « federa– zione di U.P.)} avrebbe probabilmente anche meglio adempiuto alla sua fun– zione specifica, che è quella di richia– mare, a questa lotta, sempre nuove forze: infatti tanto più facilmente qu~ste possono essere indotte all'accordo quanto più appaia evidente - anche attraverso la formula organiz,zativa pro· posta - che nessuna rinuncia è ad esse richiesta. J! certo che ogni decisione che .pro· venga da una «( giunta d'intesa l) non può mai eSSere considerata come im– posizione di una parte all'altra; per– tanto, una efficiente attività della giun– ta sarebbe stata da tutti per certo in– terpretata come conseguenza di \lIl pie– no accordo fm i gruppi in essa rappre– sentati. A quel momento l'unità dei gruppi medesimi si sarebbe realizzata naturalmente, ed al paese sarebbe ap– parso chiaro che non tanto contano le parole - dirsi socialista o democra– tico, laico, ecc. - quanto avere una politica comune t!d una comune volon– tà di rinnovamento. Oggi come oggi, però, anche le «etichette » conservano un loro notevole valore. Detto questo, occorre aggiungere che il documento politico e quello program– matico approvati dal Convegno sono, nell'insieme, del tutto accettabili, e perciò non resta che:: sperare che si manifestino infond::lti i dubbi espressi relativamente :I11:l possibilità di rea– lizzare compiutamente, con que.:;to stru- NU O VA R E P U BBLI CA 9 ll1ento, la politica ,-h~ essi propongono. O':dtro canto, nessuna formaziune po– litica oggi può :lccoglierci: sullo stesso P. J. sono notc le riserve che dob– bjamo avere e che sono ancora quelle di sempre, ~cppure attenll;lte da certi sviluppi recenti della politica di. quel partito, i quali tuttavia non possono ancora darci tutte le garanzie che op– portunamem c richiedi'3mo. 1.0 stesso P . .l" del resto, può eSsere megl io aiutato ad acquistare una· piena auto.– nOOlia da chi operi all'esterno piutto· sto che alI'int<:rno della sua organizza– zione. Quanto alla prospeuiva di « ri– tir:trsi sotto la tenda)l, cioè a casa propria, non è prospettiva neppur– (oncepibile da chi abbia a cuore le sorti del paese e della democrazia. I PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA IL MOVIMENTO SINDACALE IN ITALIA P<:rtanto un invito preciso rivolgo a quanti sono egualmente animati da perplessità - siano le stesse mie od altre - al riguardo dtlle decisioni dc– fin itive prese d:J! Movimento : il no· II. A questa situazione già inasprita, si aggiunse anche negli anni 1896·97, il grosso problema dell'emigrazione: i lavoratori italiani erano richiesti per le grandi aziende agricole del Brasile e dell'Argentina, ma delle 200.000 per– sone colà emigrate, la più gran par– te non poté resistere alle dure condi– zioni di vita, e dei POdli sopravvissuti, qualcuno solo riuscì a crearsi una for– tuna. stro posto di lotta è pur sempre que– sto, al fianco di compagni coi quali cl:l anni comb:ltti:l1no ed ai qU:lli ci In Italia, da qualche anno, jl te– nore di vita era più tollerabile in seguito all"abolizione, da parte del lInisre una sicura concordanza di fini governo, della tassa sul macinato, ma politici e ideologici. t;: bene, anzi, se . gli agricoltori, per poter sostenere la (lueste perplessit.ì esistono: tanto me- concorrenza con l'estero, chiesero ed glia noi e gli altri compagni sapremo ottennero dazi protettivi e già nel operare perché i pericoli che ci si pro- t894, il dazio era di sette lire al fi lano possano essere supt'rati, t:LOtO piu volonterosamente noi ci adopere· remo perché, nella· battaglia che intra– prenJe, la nostra organizzazione sap– pia ogni giorno di più caratterizzarsi nel senso ,'oluto, nel senso di un· so– cialismo aperto all'esperienze moder– ne, che valga a porre le premesse per rc:t1izzare l'unità e l'a~tonomia di tutti quanti già si dicono socialisti in lta– lia e di questi con quanti, pm non dichi:trandosi ora tali, noi confidiamo che finiranno con l'avvertire che sono soluzioni socialiste quelle stesse che essi sostengono, che sono soluzioni so– cialiste quelle che, sole, possono assi· curare il prngresso delle classi lavora– trici italiane e dell'intero paese. Il coml1flglJO Rm .ì conlemUl, in tjlle– liti SIl,~ pr"ù,.Jzlolle, la sosltm'la delle rilelTe elumciale ilei IIOI/ro COlltlegllO ilJ me,ùo tllla sollizione orga"izZt,/itlt~ tidollli/Ii, menlrc ,si dicbim'fI ill/era– men/e cOllcorde COli le soluzioni po– laiche. A l'arte 1:, conjideraziolle 01'– lÌ:l ch,!, risjJecchitwdo codeJle ,ùolu– ziolli IJoliticbe aNche il pemiero di Pani. le rÌJerl'e di IItllurtl or:gm/izzll– Iila (IilUI t'Olhl d'ticcordo sul l'ùwo po– litico) 110" dot'l'ebbero m Isislere, selli' bl'tl necesstlrio di IJrecùtlre tlIICora IIHtI 110//(1 che I., soluziolle (ldOllti/a è al'– /JlIIl/O IWd soluziolle ledertl/h'tl uell'ulli– co 1Il0do concreto che erti cOl/ul/lilo dttll,'fiIlMziolJe il/ (1110. E iulalli HO/O che ""l11erosi gl'll/,pi di ' U"itti PolIO– /dre' 11011 ùl/endeulI/o Itlrsi ricondllrre li'; (1l1a denomillaziolle /,iù res/ril/i" (1 di ' AlIIollomù, Soclll/is/,,' né /(111/0 me- 110 a lfu:'llilicazlolli politic(llIIellle ;'/(IC– CCIIt,bi/i (di gl'lll,pi dell/ocralici, mdi– cali, o cOI/simili) ; /l'tll/(lIIdosi (I/'/UO/IO di l!,mp/,i di oricll/"IIIe1l/0 socùdis/tl foro mollisi /J{'rò gitì slll IJùì largo pitmo di U, P. 111 qlles/e COI/dizioni, l',mica 101'- 1II111t1 ledem/e /}ossibi/~ erti quelltl adOJlaltl, che mentre gllrtl1l/isce 1111;'(; cd elficiel/;:(J di direziolle politica, COIl– sente ai gl'tl/,/,i del MAS di lIIall/ellere s/mlllmi ed orgtllli ')l'o,}/'i. Jlorrei inoltre ri/,elere che 1111 or· ~t!,(/llisll1o leder,lIil'o ,ioll 111101 dire 01'– /{tllllsmo prh o di direziolle /Jolitic" el– licit'll/e: III/t' direzione 101ldtlltt slll /n';lIci/,io del ' I l'IO' di 1111 gm/J/Jo con– Il'O /'("11'0 l'elide, come è ti IIII/i 11010, iml,ossibile ogll; (lziolle (e ti qlleslo rigJltlrdo, mi p(lfe che /e ('l'gOIll.!lIltI– ziQII; di R. si.lllo JJUt"tllt"O cbe COlli ill– CCII/J); mel/hl' 111111 direzione, allchè /M– ritnict1, che t og/ùl 11I1I::iolUlfe, duè pri– mtl di 111110 godere dei bellelid de/It, de1JlO~rtlzitl, cioè, delltl dialelJic'a di 1IUI,t!,g,lt;r'I1IZtl e 1I/11I00't1llZtl. Debbo inline lIggill1lgere, /,el' Imire, cbe Il 1'lIlore esse1l'lùde delltl lor11l1l/(1 t/cco/'" s/:t 1Iel conseniire ti IlIl1i i grll/,/,i, così come sono o come possono formarsi o aggregarsi, III/ti loro tllllo- 1I0mi,1 IlIlIziOlIll/e, ilei qlltldro di U.P,: c/;e è 1111 l,r;IIIO lenl,l/h'o cOl/cre'o di fC,lt,in: tdl.l I,m/ic" onl"lllll"ice e dissol– n'/lll' de.!!.li "I""mlli fClllmli. T. '. quintale, v~nendo in tal modo ad an– ,nullare il beneficio del provvedimento go\'ernativo, tanto è vero che il prez– zo del pane aumentava se~11pre più ; contro questo dazio non si levò che la sola voce socialista, troppo isolata per poter otteDerL giustizia. I m oti del 1898 La disoccuP"'Jzionc sempre più gran– de ed il malcontento sempre più for– te, sfociarono in tumulti di popolo, e nel 1.897 ad Ancona, Forlì ed in altre località del marchigiano, vennero as– saliti i fom:, con conseguente inter– vento d(:ia l'I( li .. i: . cbC' 'però non cau– sò spargimento di sangue. Sedati que– sti primi tumulti e sommosse, le con– dizioni di vita non migliorarono, anzi, soprattutto nel mezzogiorno, esse di– vennero insopportabili, creando un grosso fermento in tutte le regioni, tanto che nel febbraio 1898, Bari, Napoli, Benevento, Foggia, Palermo insorsero e la folla saccheggiò i ne– gozi. A Minervino Murge, a Cerigno– la, a Gravina di Puglia, i dimostranti, al grido di « Pane e Lavoro », saccheg· . giarono i mulini e incendiarono Ù municipio. Ovunque accorse la forza pubblica che sparò sulla folla e la sommossa ebbe il suo tributo di morti e feriti. Ma questo non placò gli animi e non cambiò le situazioni; in– fatti, ai primi di maggio i movimenti popolari di rivolta esplosero al nord e da Firenze, Parma, Piacenza si porta– rono in Lomba,rdia, dove a Pavja, in una dimostrazione, venne ucciso Mu– zio Mussi, figlio del deputato di ~fi­ lana; e si estesero a Monza e poi a Milano stessa. La sezione socialista di Milano lan– ciò allora un manifesto che fece eco ai tumulti che ovunque avvenivano in Italja, e la mattina del 6 Maggio, du– rante l'om di colazione furono lanciati manifesti del partito socialista fra gli operai della Pirelli, che era già una grande fabbrica di gom!l1a, che dava lavoro a 5·6 mila operai; era si– tuata nella zona di Porta Nuova, fra via Galilei e vijl Cornalia, zona in cui vi erano pure altri complessi ope– rai, quali la Stigler e l'Elvetica. Gli agenti di servizio della pjrelli arrestarono uno dei distributori dci manifesto socialista e precisamente il tipografo Amadori, che venne trasci– nato alle guardine di via Napo Tor– riani. In seguito :l tale :lrresto, gli opera.i di tutte le officine abbandona– rono il lavoro; fu chiarn:lto Turati. deputato, che, insieme a Dino Ron– dani, deputato di Cossato, si recò in Questura a reclamare il rilascio del– l'Amadori, ciò che gli venne accor– dato. Intanto la notizia di quanto era avvenuto alla Pirelli era circolata ra– pidamente, e qualche ora dopo molti operai della zona Venezia Garibaldi, si portarono alla PireIli, in attesa del ritorno di Turati, she al suo arrivo, comunicando che l'arrestato sarebbe stato rilasciato, raccomandò la calma; ma la massa, recatasi in via Torriani ad attendere l'Amadori, si scontrò con un nugolo di poliziotti e con la trup- di L. REPOSSI pa stessa, il che provocò lo scatena– mento dell'eccitazione degli animi, che si manifestò in urla, fischi e lancio di qualche sasso. La polizia, perduto il controllo di se stessa, fece fuoco sulla folla e si ebbero sette morti, fra j quali l'agente Viola, quello stesso che aveva arrestato l'Amadori. 11 giorno seguente, 7 maggio, i fat– ti accaduti il giorno prima, diedero luogo a discussioni fca gli operai, che, usciti dalle officine, formarono cor– tei che si avviarono nei diversi rioni rdella città, coll'intento di far chiudere i negozi. Uno di questi cortei, giunto a Porta Venezia all'altezza del pa· lazzo Saporiti dirimpetto ai Giardini Pubblici, si fermò e diede I"assalto al palazzo: nel frattempo arrivò uno squadrone di cavalleria che attaccò i dimostranti, i quali, frattanto, avevano eretta la prima barricata che però ce– dette all'urto delle truppe ed i cara– binieri, entrati nei giardini del pa– lazzo, spararono all'impazzata, ucci– dendo, fra gli altri, anche un bimbo di sei anni con un colpo di rivoltella: anche lo scrivente, benché giovanissi– mo, prese parte a questo episodio e naturalmente finì in galer~ . Anche in altre zone della città si formarono barricate: a porta Garibal– di all'altezza della Foppa, a porta Ti– cinese davanti alla chiesa di S. Loren– zo, dove, dai tetti delle case adiacen– ti, vennero lanciate tegole sulle trup– pe: per cinque volte consecutive j militari che tentavano di impadronirsi della barricata, furono respinti e solo dopo essere saliti sul campanile del– la chiesa di S. Eustorgio, che permise loro di colpire di infilata gli operai sui tetti, riuscirono ad aver ragione della folla e poterono entrare nelle case, mentre altri demolivano la bar– ricata. La lotta fu dura e selvaggia, coloro che non furono feriti o uccisi, venne– ro arrestati: battaglie come questa, si erano pure accese a Porta Garibaldi ed in altre zone di Milano. Nella notte fra il 7 e 1"8 Maggio, venne proclamato lo stato d'assedio, la città fu occupata dalle truppe del ge– nerale Bava·Beccaris; il mattino del giorno 8 non conobbe sommosse, ma vide solo gruppi di cittadini che si riunivano a leggere i manifesti af– fissi nelle strade e il piazzamento di" cannoni, che a porta Ticinese venne– co messi in azione, col risultato di avere altri quattro morti. Un altro episodio di violenza si verificò anche a Porta Monforte nei pressi della Prefettura : in un conven– to adiacente, j frati abitualmente di– stribuivano la minestra ai mendicanti ogni giorno alle dodici; anche quel1"8 maggio, quest'ultimi si allinearono per ricevere la loro solita colazione, ma le truppe, scambiatili per rivoltosi as· soldati dai frati, spararono una can· nonata, arrestando poi e frati e men– dicanti, che furono rilasciati solo dopo parecchie ore. Va da sé che la Questura tro\'Ò logico arrestare quanti in quei giorni erano ritenuti sovversivi: presero quin· di la via della prigione Turati, Kuli– sciof, Lazzari ed altri socialisti, insie– me a Romussi, direttore del Secolo, a Chiesa repubblicano, al deputato De Andreis, a don Davide Albertario, a Baldini, anarchico, mentre molti altri riuscirono a salvarsi fuggendo in Sviz– zera e fra questi Angelo Cabrini, Emi– lio Caldara, Celestino Ratti. Lo stato d'assedio a Milano venne tolto il 1 0 settembre di quello stesso anno., mentre quel giorno veniva al· largata la cinta daziaria, il che vole– va dire per molti cittadini di Mil:lno• . aumento del costo della vita. La reazione strozzata Data la situazione creatasi, lo stato d'assedio fu proclamato anche a Fi– renze, Napoli ed in tutte le zone dove si erano verificati tumulti. ln giugno il ministro Di Rudini si dimi· se, ed il re incaricò il generale Pel· loux di comporre il nyovo ministero; quest~ qua1e comandante del corpo d'armata di Bari, si rifiutò di procla– mare lo stato' d'assedio, promise di lasciar cadere i · provvedimenti pr~si dal suo precedessore, Lo stato d'assedio venne tolto e nel gennaio 1899 un inqulto apri le porte del carcere a molti condannati; fra questi, anche Anna Kulisciof ritrovò la sua libertà: il parlamento si fece promotore di una petizione per l'amni– stia ed a Milano venne anche pubbli– cato un giornaletto intitolato appun– to « Amnistia », portante sulla testata la seguente didascalia: « Nessllll gior– mde è nalo come questo, COI] la s/,e– rtlnza di presto morire». Furono rie– letti con votazione plebiscitaria i de· putati De Andreis e Turati, che erano decaduti perché condannati a dodici anni di carcere, e di {conte alla pres– sione del popolo, il primo giugno il governo concesse un indulto generale per tutti i condannati politici. Contrariamente però alle sue pro– messe, il 4 febbraio 1899, il genemle Pelloux: presentò una serie di decreti legge che tolsero ogni libertà; allora i deputati socialisti, repubblicani e m· -dicali, che in numero di 60 form:l– vano l'estrema siriistra del parlamento, si allearonQ e iniziarono una acca: nita opposizione contro gli altri 448 rappresentanti (la Camera era allora composta di 508 membri), che culminò col rovesciamento delle ume e con lo scioglimento della Camera stessa. Le elezioni furono indette per jl 3 giugno 1900 e risultarono un trionfo per i partiti popolari: l'estrema sinistra vi– de aumentare a 110 i suoi rappresen– tanti, da 60 che erano, e i socialisti ebbero raddoppiati i loro mandati: a costituire il governo venne chiamato il senatore Saracco, conservatore, (Co"lilu,a)

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