Nuova Repubblica - anno II - n. 4 - 20 febbraio 1954
15 nel IL PIANO MOLOTOV N ESSUN colpo di scena dell'ultima ora è intervenuto alla Confe– renza di Berlino. Non resta dunque che da registrare il fatto che la unificazione della Germania, un'in– tesa generale fra Oriente e Occidente e la fine di tutte quelle situazioni che fanno rimanere il mondo col fiato sospeso, anche questa volta rimarran– no insolute. t vero, però, che si è ricominciato a discutere, che si è provato il bisogno di fare delle « a– perture>, di presentare le proprie tesi in modo convincente per l'opi– nione pubblica dell'altra parte, an– che quando non erano convincenti per i diplomatici seduti attorno al tavolo della Conferenza. Ma non è ancora l'accordo, quell'accordo leale, schietto, senza doppi fini, che resti– tuisce la tranquillità al mondo e se– gna in modo inconfondibile il tra– passo dallo stato di gu.crra allo stato di pace. Il piano Molotov è una di queste aperture e senza dubbio va più in là, nella forma, anche se non nella sostanza, delle posizioni assunte fino– ra dalla diplomazia sovietica sul pro– blema tedesco e sulla pace in Euro– pa. e Dottrina di Monroc europea e neutralizzazione provvisoria della Germania > definiva i principi basi– lari su cui si fonda il piano il quoti– diano parigino Le Monde; e il pa– ragone fra il patto di sicurezza euro– pea proposto da Molotov e la dottri– na di Monroe è abbastanza calzante. Ma val forse la pena di ricordare la origine di quella dottrina. Dopo la conquista dell'indipen– denza americana, il governo degli Stati Uniti aveva cominciato a espan– dere le frontiere del giovane Stato a scapito delle antiche potenze colo– niali: senza nemmeno farsi stanzia– re legalmente i fondi necessari dal Congresso, Jeffcrson aveva acquistato nel 1803 la Louisiana dalla Francia per la somma di 16 milioni di dol– lari; poco dopo Jackson conquistava contro gl'indiani l'Alabama e all'ini– zio della presidenza di Monroc espu– gnava la Florida spagnuola. L'8 marzo 1822 il Presidente Mon– roc annunciava l'intehzionc formale di riconoscere come Stati liberi e in– dipendenti le colonie spagnuole. Fer– dinando VII sperava di ottenere l'ap– poggio della Santa Alleanza ad un intervento armato. Ma il Premier britannico Canning, mentre da un lato non voleva lasciare agli ameri– cani il privilegio d'intervenire soli a favore degl'insorti, non voleva, d'altro canto, rompere con la Santa Alleanza. In queste circostanze, il 2 dicem– bre 1823, Monroe proclamava la dot– trina del non intervento, preconiz– zando, per evitare la ripetizione di ciò che aveva minacciato all'interno la compattezza dell'Unione nord-amc-. ricana, l'uso degli stessi rimedi, os– sia lo sfruttamento dcli' America del Sud, libera e indipendente, chiusa all'in0uenza degli europei, ad opera dei soli americani. Molotov propone oggi una dottrina del non intervento americano in Eu– roifa che presenta numerose analogie con la sostanza reale della dottrina cli Monroe, anche se ci è voluto tal– volta un secolo per scorgerne tuttç le conseguenze: ossia proclama il principio del non intervento ameri– cano (e cinese: ma chi aveva mai pensato a premunirsi contro la pos– sibilità di un intervento cinese oggi in Europa?). fermo rimanendo che la Russia fa parte integrante del– l'Europa e costituisce quindi uno dei pilastri del patto di sicurezza fra le «trentadue> nazioni europee. Egli dice, in parole povere, agli Stati Uniti: - Voi statevene a casa vo– stra, ché della sicurezza dell'Europa ci occupiamo noi, invitandovi corte– semente ad «osservare> come fa– remo. Una nozione di questo genere, che trasporta la divisione geografica or– mai antiquata fra America, Europa e Asia, sul piano delle realtà poli– tiche, poteva difficilmente trovare buona accoglienza negli ambienti oc- NUOVA REPUBBLICA 5 VITA DI FABBR.ICA cidcntali, anche perché la divisione fra i due mondi, come i dirigenti sovietici, da Stalin in poi, hanno sempre ammessa, è di natura ideo– logica, e non geografica. t la divi– sione fra il modo di vivere occiden– tale e quello sovietico e la ricerca delle basi di una convivenza non può lasciare fuori da quello che è il nucleo centrale di ogni possibile ac– cordo, la sicurezza europea, la mag– giore potenza del mondo occidentale. Non sono del resto i patti di si– curezza o di non aggressione di que– sto genere che possono tutelare ve– ramente la pace in Europa e nel mondo: anche Hitler ne aveva pro– posti tanti, destinati a durare un quarto di secolo o mezzo secolo, clic parecchi dirigenti occidentali, a co– minciare da Chambcrlain e Daladier, erano stati disposti a prendere in considerazione. E nonostante tutte le differenze che si possono ammet– tere fra il totalitarismo imperialista sovietico e il totalitarismo imperiali– sta nazista, nessun uomo responsabile, in Occidente, è disposto a fare il Chambcrlain o il Daladicr della sua epoca. La sicure,.za europea può essere garantita solo dalla soppressione del– le cause di tensione: la soluzione del problema tedesco e la conclusione di un patto efficace e controllato di di– sarmo universale, con l'intcrdizionr della bomba atomica, valgono più di cento patti di sicurezza europea pro– posti dalla Russia. Purtroppo non sembra che a Berlino, questa volta, si sia ancora imbroccata la strada giusta per risolvere la prima que– stione; mentre la seconda si discute a quattr'occhi fra Russia e America in colloqui estranei ai lavori ufficiali della Conferenza. PAOl,11 l'ITTOl!ELLI La collaborazione in Italia ·La « Rivista del personale» della Esso Standard Italiana pubblica nel n. 6 di novembre-dicembre 1953 sotto il ti– tolo « Valorizzate le vostre idee» un prospetto dal quale risulta come siano pervenute alle direzioni sparse in tutta Italia 35 idee, tendenti a perfezionare la tecnica di vari tipi di lavorazioni, di cui 24 sono passate allo studio e 2 sono state premiate. li «Notiziario» Stipel-Telve-Timo n. 12 del '53 fa conoscere nella rubrica « Cassetta dei suggerimenti » i risultati cui è giunta la commissione esame dei suggerimenti della, Stipe! : di 67 pro– poste 7 sono state premiate, altre 4 rimandate per un supplemento di in- 1agini. Le idee premiate dalla Esso valgono lire 10.000 l"una. Quelli della Stipe! non hanno pubblicato il valore com– merciale dei suggerimenti accettati. Nella campagna della produttività an– che questi fatti si inseriscono e sono mostrati come uno degli aspetti più ac– cettati dai nostri industriali: in defini– tiva si tratta di compra-vendita delle idee o dei suggerimenti. Fino a che punto siano giuste le stime di valutazione che debbono com– pensare l'apporto dato n~n si può dire, specie considerando il rapporto esi– stente tra l"offerente e l'acquirente. Im– maginare la reazione possibile di un operain o di un impiegato di fronte ad un premio che lo deluda non è difficile. Ma certamente il problema non è questo: invece è quello della collaborazione per un fine che non sia solamente il profitto, ma il lavoro stesso. la fatica, la condizione in cui il lavoro si svolge. L'attività è un prodotto sociale, non solamente un problema di costi. li pagamento di un'idea rompe bru– scamente la continuità di quella rela– zione nuova iniziatasi nel momento stesso in cui l'ideatore ha inoltrato. la sua proposta per il perfezionamento del lavoro da eseguire. In rapporto IL MURO * L'atteggiamento della cosiddetta sinistra del P.S.D.J. è davvero sor– prendente. Questa <sinistra> è co– stituita in parte da persone che, d'accordo con noi 11el giudizio nega– tivo della legge elettorale ch'e ha preso il nome da Scelba, ma che avrebbe potuto prendere il nome da Lami-Starnuti o da Zagari, è tran– quillametrre rimasta nel P.S.D.I e ha partecipalo alla campagna elettorale dandoci severe lezioni di realismo politico; in parte da altre persone che hanrro sosterruto calorosamente la legge Scelba per salvare la de– mocrazia-democrazia-democrazia... di De Gasperi. Bene, queste medesime persone che, se la loro propaganda fosse stata più efficace o gli elettori più stupidi, avrebbero consegnato Parlamento e Paese nelle mani della. Democrazia crrstiann con tragiche conseguenze per la democrazia sul serio, ora che metà del grnppo par– lamentare socialdemocratico è al go– verno fa le bizze e strepita perché non viene fatta la « apertura a si– nistra >. * A dire la verità, non spiegano che diavolo sia la loro e apertura a si– nistra>. Vorrebbero un 1' 1 enni rin– savito e socialdemocratico e parte– cipante al governo e magari e cedi– sta >; ma se Nenni dice di no, proclamano: fuori anche noi a fargli concorrenza. Ma concorrenza su qua– le piano? sul piano della politica socio/e? E dove la fanno la loro politica sociale, nelle loro deserte se– zioni? Sul iano della politica este– ra? come, se le loro posizioni non sono diverse, in politica. internazio– nale, da quelle di Simonini e soci? Sul piano della politica economica? ci sembra che Tremelloni li batta di , molte lunghezze quanto a compe– tenza e concretezza. * Insomma, lasciamo andare il torto e la ragione: ma noi vorremmo solo sapere in qual modo sono a sinistra quelli della .un,stra socialdemocrati– ca. Quarrdo si trattava di agire da uomini di sinistra hanno tenuto il moccolo a Saragat e a Simonini e a De Gasperi. Ora che la loro delega– zione al governo potrebbe fare una politica di apertura a sinistra, in una situazione privilegiata perché deter– minante in virttÌ dei risultati del 7 giugno, niente. O che vogliono? t Fallito S ce/ba, ,on la partecipa– zione di socialdemocratici e liberali, De Gasperi attende il suo momento per salvare ancora una volta l'Ita– lia, uomo della Provvidenza. De Ca– speri con Lauro o Covelli. E magari lo sbarco a Napoli di Umbertino. * Comunisti e socialisti del P.S.I. dicono che Scelba ha le mani insan– guinate. Noi ,ion abbiamo molta sim– patia per l'uomo del « culturame >: ma abbiamo mf/içienti remirriscenze marxistiche per rifiutare questa per– sonalizzazione di tutta una situazione e rrna politica. Toglietegli di mano l'arma - e cioè lo strapotere - e Scelba non sarà diverso da un altro. Date in mano l'arma e il potere a un qualunque esecrttore di una poli– tica collegialmente decisa da un go– verno praticamente incontrollato, e l'esecutore, alle strette, sparerà. * La verità è che una grossa crisi ha investito la classe dirigerrte ita– liana la quale non sa normalizzarsi perché rron ha una politica se rron quella della difesa dei privilegi: pri– vilegi di classe, di categoria, di casta. E tutti i pretesti sono buoni per ri– correre al sistema forte: alla fine del secolo scorso contro i progressisti, poi contro i socialisti, oggi contro i co– munisti. E non fa alcurr tentativo per assimilare agli istituti e allo stato democratico le classi lavoratrici, che vuol tenere sempre a bada. E possi– bilmente a biada. Poi si lamenta se le classi lavoratrici sono sovversive. E im•enla il fascismo. PIC al fine da raggiungere, il lavoro stes– so, in quel momento egli sale dalla condizione di dipendente a quella di collabor:i.tore . Poi, essehdo stato paga– to, tutto è finito, il « collaboratore » torna giù nell'anonimità del dipen– dente. L'esperienza di questi ultimi anni (da quando cioè le esperienze ame– ricane in questo campo ci sono giun– te con i vari piani di aiuti economi– ci) ci conferma che questo metodo non farà molta strada. lnnazitutto perché la situazione italiana è troppo differente da quella americana o in– glese. li. nostro è problema strettamente collettivo, non di individui. E que– sta idea è permeata di individualismo, capitalistico per giunta, il cui regime ci porta a vivere le sofferenze di og– gi, appunto. Non ci si rinnova così. ( Basta pen– sare a quello che può accadere a un « ideatore» la cui proposta porti lui ed i suoi compagni, che però non avranno ricevuto il premio, :id au– mentare il ritmo di lavoro). Un'i'dea nuova dovrebbe essere que– sta. li mio compagpo di reparto ha avuto l'intuizione di un perfeziona– mento da apportare agli strumenti o all"attrezzatura e la comunica a tutti noi. Noi la esaminiamo e con– vintici della bontà della modifica im– postiamo con la direzione della dit– ta o del reparto le trattative per la sua realizzazione. I risultati saranno anzitutto un vantaggio collettivo, le trattative si svolgeranno da pari a pari senza il rischio che corre un in– dividuo isolato, e sarà garantito che !"applicazione di una modifica non comporti un aggravamento della fa. tica, anzi un alleggerimento di que– sta. f: un esempio solamente, .ma un esempio in cui si vorrebbe fosse chia– ra !"idea di un nuovo tipo di colla– borazione non più chiesta dalralto e pagata come un oggetto, ma pre– tesa dal basso e imposta come un·esi– genza dettata dalla volontà di essere anche noi gli artefici del nostro de– stino. Costi e salari E 11010 " 11111iche gli i11d1111riali 11alia11i 11011po1so110 pagare meglio gli ope,-ai (,mzi debbo110 b1111al'- 11e _fuori q11t1!01110ogni lfllllO) JJ r– rhé i rosli di prod11zio11esono ecres– sf,,i: e.1 è anche 11010 che il fe110- me110 è p,-o,•or"to dal f"uo che gli operai ilalùmi 10110 Jt111g11iJ11ghe che sfibrano azimle rob11ste e rid11ro110al /11mici110 pro/iui 111i quali grat•,mo tante tasse, p11n11u1/111e11te pagate. Qualche t'Oce, ogni 1,11110, te11l11 di ro/1/raddire /'el'ide11za dei falli, 11u1s1 Ira/la, chiaramenle, di 111ali11te11zio11ati e 1ov11er1i1Ji. E pe,- q11,111/o rig11m·d,1 gli operai, è indisr111ibile che 11011 10/0 10110 male informali ma rhe, 1e si doresse ascoltarli, si so,,, ertirebbe tu/lo l'ordine costiluiro. Riportiamo perciò 1olta11to " titolo di c11rio1ità q11a1110scril'e « Eco di fabb,-ica » della Mag11eti-M"relli di Carpi (a111104 11. I): « Abbiamo J,iù 110/te ro11slt1tato... la • infelice dislorazio11e dei va,-i depo- 1iti Jit11a1i in luoghi piri o meno scomodi alltt sede centrale. Q11es10i11- con1•e11iente è causa di ritardi 110Je1•0- li al mo,·imento dei materiali orcor– re11ti alla prod11zione e, Je a ciò si aggi1111ge/'i11s11/ficie111epersonale ad– delto, 1i arri1•a al paradosso di dove,– auislere a diJc1111io11iq11a1110mai c011- t,·oprod11renti J,-a il caJ,o servizio e i capi reparto gi1111tia sollecitare i loro 111a1101·ali11011 1 edendoli arrir•are roi maleriali richieui. Tale 1il11azio11e JÌ è ttcce11/11a1a 111aggior111e111e n l rorJo del 1953 d11ra11teil ,111ale a11110lo stabilimento ha larorato· a pieno ritmo e il movi111e11todei materiali è stato più i111enso. A 1101/ro mode110 a1•1•i. so l 1 acce11/rnme1110dei vari depo,iti in 111110/0 grande 111agazzi110 sempli– ficherebbe 11ote110/111e11te il lavoro e urvirebbe i11 og11i modo a me/lire il movimenlo dei maleriali con 1e111ibili vantaggi per /'i11te1<1p,-od11zione ». Alto co1to dei trasporti interni; ri– tardo nella lavorazio11, (e rosi 1i ar- 1·iz1a al feno11uno dei ritardi notevoli nelle co;,seg11,); or, lavoro pngatt a vuoto p,rrht gli op,rai aspma110 il materiale: ore 11;acrhi11a perdute; spe– se ge11erali aggravate. La disorga11izza– zio11e i11tema (che in molti casi è ad– diritt11rtt fa11ta11icfl) costa; ma basta rilevare i costi, fiuadi ad 1111a1110 al braccio e 1ieu111101e ne ,,uorge. Se ne accorgo110, foru, gli oJ,emi, ma q11elli .... Se 11, nccorgo110 forse i ro11J1111,atori, ma quelli .... Tau/o q11a11• do le cose ra,1110troppo m.de, lo Stato der e i.JJterre11irea proteggere il sala– rio delle maeJlranze e, con il rifallo dei lire11ziame111i,si p11ò sempre 1pil– lt1re q11allri11i. « Ero di f<1bbrica » ha fallo 1111 ot– timo commento; gli operai devo~o i11teressa,-si di q11esti aspe111 orga111z– za1ir•i della fabbrica; debbono i11si- 1tere, imporsi. E molti altri gioma/1 tii fabbrica dovrebbero sollemre q11e- 11i aspeui della 11ita aziendale. Non si difende il pro/i110 del padro11e, 11011 è 1111aro1a astratta, / 1 orga11izzazio11e <1zie11dflle:si Imi/a 11011sol1a1110del nostro salario, ma a11che della 1101tm rapacità a dirige,·e la •fabbrica. Il destino dei lavoratori e le mutue e pensioni « FIDAE » l" organo della Federazio– ne Italiana Dipendenti Aziende Elet– triche, nel n. 11 del '53, dà notizia che il progetto per il « FONDO AU– TONOMO » delle pensioni, dopo 5 anni di campagna e di sforzi, sta per essere varato, nonostante le ultime re– sistenze che trovano asilo in qualche compiacente ministero. « La nostra radio », il giornale del Lavoratore della R.A.I., annun– cia che la CASSA INTEGRATIVA MUTUA è un fatto compiuto, poiché l'accordo relativo è stato raggiunto e firmato il 21 novembre u. s. Queste notizie ci confermano, se ce n·era bisogno, la crescente sfiducia dei lavoratori nei grandi organismi stata– li sorti per gli stessi fini, ma ormai incapaci di assolvere la loro funzione. Si assiste così ad un moltiplicarsi di iniziative aziendali e nazionali di ca• tegoria che tendono a risolvere i pro– blemi lasciati insoluti dalle casse na– zionali. 13: un vasto movimento centri• fugo che non ha ancora ben chiara la fisionomia; ma il giorno che riusci• rà ad assumerla dovr:.ì.necessariamtn• te dichiarare guerra alle sopravviventi organizzazioni statali, rese inutili e su• perate da questo qualcosa che sta na– scendo, anzi rinascendo. Ed è proprio sintomatico notare come il movimento operaio abbia enucleato, dall'esperien– za sorta circa un cinquantennio fo, r ifl,,,, cli un grande organismo assistenziale per tutti coloro che lavorano e oggi sia costretto a ricominciare tutto da capo e quasi nello stesso modo di allora, per rompere quei grossi affari che so– no le assicurazioni, diventate tali da quando i lavoratori stessi non hanno avuta più la possibilità di còntrollarne l"organizzazione periferica e quella cen– trale. Questa ripresa è per ora, sotto sot– to, quasi in sordina, avversat:iin mille modi da quanti, funzionari affaristi po– liticanti ecc., tendono a sottrarsi, per interesse, a qualsiasi controllo esterno e diretto e avvertono in questo lento muoversi il segno di un cambiamento in atto. Poiché è evidente che se i lavorato– ri faranno tesoro dell'esperienza passa– ta, i grandi istituti assicurativi non risorgeranno più. Queste idee di soli– darietà e di previdenza sociale {mutua e pensione), nate da piccole e autono– me amministrazioni, contengono nei mezzi e nei modi della joro nascita il concetto federalistico che le rende vive e vitali : una volta centralizzate perdono valore ed efficacia. Ma tale concetto si ripresenta. La struttura ne è evidente: federazioni di categoria e mestiere, gelose ammi– nistratrici dei fondi di tutti gli asso– ciati, da cui emana un consiglio na• zionale delle categorie, organo delibe– rante, con funzioni di collegamento e coordinamento ed equiparazione pro– porzionale delle casse. E questa una traccia ideale, è vero: ma, consciamente o no, i lavoratori la stanno seguendo. I piccoli ma nume– rosi fatti parlano da sé.
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