Nuova Repubblica - anno II - n. 3 - 5 febbraio 1954

15 giorni nel· 'IDO'ftdo DUE POSIZIONI A BERLINO L a prima fase della Conferenza di Berlino non ha spostato so– stanzialmente le posizioni tra– dizionali emerse nel corso della po– lemica fra Oriente e Occidente che si è conclusa con la sua convoca– zione. Per quanto il tono sia più cor– diale di tutte le conferenze prece– denti, da Potsdam in poi, sul fondo dei problemi non vi è ancora nes– suna convergenza. L'accettazione dell'ordine del gior– no dei lavori proposto da Molotov è stato senza dubbio un fatto posi– tivo, ma l'ordine in cui si dovevano esaminare i problemi non poteva es– sere considerato un ordine d'impor– tanza. Il fatto che si sia discusso prima della conferenza a cinque, con gli argomenti che questa conferenza dovrebbe trattare, come il disarmo generale e la pace in Asia, e che si sia rinviato a un secondo momento l'esame della questione tedesca e del trattato di pace austriaco non ha implicato affatto, da parte occiden– tale, l'accettazione del criterio pro– posto dai Russi di un comitato ri– stretto delle cinque maggiori potenze mondiali incaricato di dirimere con pieni poteri le vertenze sospese. Al centro della Conferenza di Ber– lino, conferenza, come è stato non senza ragione precisato da parte oc– cidentale, fra i rappresentanti delle quattro potenze occupanti della Ger– mania e dell'Austria, indetta anzi– tutto per mettere fine allo statuto provvisorio di questi due paesi, stanno quindi le questioni tedesca e austria– ca, la prima naturalmente di gran lunga più importante della seconda. Le posizioni rispettive dei due blocchi sono, sul fondo del problema, queste due: niente unità tedesca senza disarmo della Germania, ossia senza rinuncia a inserire la Germania nella CED, dicono i Russi; meglio rimanere nello status quo, rispondono gli occidentali, piuttosto che rinun– ciare alla garanzia di sicurezza indi– spensabile per l'Occidente costituita da una CED comprendente anche la Germania occidentale. La posizione sovietica implica in sostanza, specie dopo i fatti di Ber– lino del 17 giugno 1953, l'accetta– zione del fatto ineluttabile che la Germania unita finirà per andare con l'Occidente .• I Russi vogliono quindi premunirsi, sia anteponendo la formazione di un governo provvi– sorio pantedesco, comprendente anche i comunisti, alle elezioni libere in tutta la Germania, che permettereb– be loro per un certo periodo di tentare di giuocare la carta che ha avuto tanto successo in Europa orientale, quella della trasformazio– ne della Germania unita, grazie al– l'infiltrazione comunista nelle posi– zioni chiave, in un'altra democrazia popolare; sia - e questa è una con– dizione permanente e di fondo - chiedendo con energia che la Ger– mania imita, probabilmente destina– ta a uscire dall'orbita sovietica, sia neutralizzata. Gli occidentali, invece, ,pgliono due garanzie complementari, e for– ~e, in una trattativa dove ogni par– te dovrebbe fare un certo credito alla buona fede dell'altra, ne chie– dono una di troppo. Gli occidentali chiedono anzitutto, e fanno bene, che invece di costituire prima d'ogni altra cosa un governo pateracchio a partecipazione paritetica di amici dell'Occidente e di amici della Rus– sia, imposto al popolo tedesco dal– le potenze occupatiti, si proceda invece a libere elezioni in tutta la Germania, dalle quali è assai proba– bile che esca una maggioranza piut– tosto cospicua a favore di un regime democratico di tipo occidentale. Ma per premunirsi contro una posizione del futuro governo pantedesco che ca n potrebbe anche non essere, sul piano internazionale, perfettamente ligia• alla politica estera del blocco atlan– tico, intendon0 intanto mettere un'ipoteca sulla parte della Ger– mania da loro controllata, integran– dola nel blocco militare della CED; di conseguenza respingono ogni pre– giudiziale russa contro la CED e non vogliono sentire parlare di neu- \ tralizzazione della Germania. • Abbiamo già tentato, nella nostra ultima nota, di dimostrare che la lotta per l'unità europea fondata pregiudizialmente sulla CED è im– postata male, perché parte da una prospettiva di l(uerra fredda e non tiene conto della possibilità di una distensione internazionale. Analoga– mente, una trattativa impostata, da parte occidentale, sulla difesa a ol– tranza dell'integrazione della Ger– mania occidentale nella CED. ri– schia di far ricadere sull'Occidente la respònsabilità di un fallimento della Conferenza di Berlino. per l'ostinazione degli occidentali a non volere accettare la neutralizzazione di un paese, di cui un largo settore dell'opinione europea ricorda anco– ra, anche quando non prova nessuna simpatia verso la Russia, il bellici– smo e le stragi. L'errore consistente nell'avere an– teposto la CED alla Comunità Po– litica rischia quindi di essere pagato a caro prezzo a Berlino: la Russia non potrebbe ostinarsi a impedire ancora a lungo l'unità di una Ger– mania destinata ad essere integrata in una Comunità Politica sovrana dell'Europa occidentale senm accre– scere la propria impopolarità nella stessa Germania e senza mettere in luce scopi reconditi di una politica cosi apertamente antidemocratica. L'integrazione della Germania nel– la Comunità Politica non porrebbe infatti ostacoli alla sua neutralizza– zione, in quanto da questa. dovrebbe discendere logicamente, magari come condizione risolutiva, una Conferen– za generale sul disarmo che metta una Germania disarmata in condi– zione di parità con gli altri Stati. Si è già tentato di seguire questa via, è vero, senza successo, dopo la pri– ma guerra mondiale, quando il di– sarmo permanente della Germania di Weimar fu legato alle prospettive di disarmo generale; questo metodo falll solo perché finalmente nessuno volle veramente disarmare e nessuno poté quindi avere i titoli per impe– dire che la parità cli diritti del po– polo tedesco fosse infine rivendica– ta, anziché dalla giovane Repubbli– ca democratica di Weimar, spinta al suicidio, da un regime totalitario come quello nazista, che natural– mente ruppe i patti, riarmò e rifece la guerra. Fra Russi e Americani si è già co– minciato a discutere di disarmo ato– mico, primo passo verso una Con– ferenza generale per il disarmo uni– versale. Ma nessuna delle due parti rinuncerà veramente alla bomba ato– ~ica, che ci farebbe tornare al tipo d1 guerra preatomica, finché vi sarà il pericolo che una Germania riar– mata sia l'elemento determinante dell'equilibrio r della pace nel mondo. Ma il disarmo o la neutralizza– zione della Germania farebbe fallire l'unità europea, si dice. iente af– fatto. Farebbe fallire l'unità europea fondata sulla CED, farebbe fallire l'unità esclusivamente militare del– l'Europa, non l'unità politica, com– prendente tutta la Germania. E io caso di fallimento del piano di di– sarmo generale, nessuno potrebbe impedire alla Comwiità Politica Europea di riprendersi tutta la li– bertà di riarmare, e di riarmare ogni nazione componente di questa Co– munità, compresa la Germania unita. PAOLO VITTORELLI NUOVA REPUBBLICA 5 PROBLEMI SINDACALI ILCRITERIO DELLA COMPET s nelle E i comunisti accusano oggi di tradimento coloro che sono ri- masti fedeli ai principi della mozio– ne che dette vita nel 1921, a Livorno, al P.C.I., essi sono sempre stati coe– renti invece in un"altra azione: quel– la dell'unità p,·o/e/aria, fino a fare di essa un feticcio. Chi scrive non ha mai rinnegato i principi informativi della mozione di Livorno: per questo fu espulso • dal P.C.I. né attualmente approva le direttive del P.S.I.; ma per lui resta sempre fondamentale l'appello di Marx: prole/ari di 1u11i i paesi, uni– /evi. 1, perciò deplorevole che l'U.I.L., con il pretesto della tirannia comu– nista, sià venuta meno all"unità del– la classe lavoratrice creando una nuo• va organizzazione sindacale. Se Bi– tossi e Di Vittorio hanno per sé la maggioranza dei voti ·dei lavoratori, non si può discutere eh" essi rappre• sentano la maggioranza della C.G.I.L., ed hanno quindi il dovere di assu– mere la direzione dell"organizzazione. • • • comm1ss1on1 Tutte le altre organizzazioni a carat• tere classista debbono asso!utamente restare nell"organizzazione classista, ed 'anche l"U.I.L. deve fame parte se vuol difendere gli interessi della classe lavoratrice. Quando, in passato, i comun,stt so• no stati in minoranza nella C.G.I.L. non hanno mai abbandonato !"orga– nizzazione. Creando invece l"U.I.L., si dà prova di anteporre esigenze poli– tiche all'unità proletaria. Nonostante che oggi, a parole, si voglia richiamarsi all"appello di Marx per l'unità operaia, in realtà nulla si fa per realizzarla ed ho l'impres– sione che si lavori « pour epater les bourgeois ». Quando vi sono elezioni di com• missioni interne si ha cura di farle a base proporzionale : ma non è que– sto un modo per perpetrare la divi• sione della classe operaia? Io sono il primo a riconoscere che tutte le categorie hanno il diritto di essere rappresentate, ma quando si IL MUR.O * Gli studenti madrileni sono sce– si in piazza per manifestare contro la visita della regina di Gran Breta– gna a Gibilterra; ma nel corso delle manifestazioni hanno inaspettata• mente reclamato la libertà di stam– pa e si sono rivolti contro la Fa– lange e contro la polizia. Hanno fatto pensare che le manifestazioni nazionalistiche, amm.esse e incorag– giate dal governo dittatoriale di Franco, siano state un pretesto per altre rivendicazioni di maggiore im– pegno. Quegli studenti italiani che si sono abbandonati alle chiassate di piazza per aiuta're Pella a creare il diversivo che gli consentisse di su– perare il capo delle tempeste della temporaneità, sono stati battuti di parecchie lunghezze persino dai loro colleghi spagnoli, i quali vivono da quindici anni in regime dittatoriale. * Però le democrazie occidentali si meritano gli sberleffi di Franco. Gli americani, dàlli e dàlli, sono riusciti a far tacere non solo i loro ultimi scrupoli, ma anche quelli di 1 nghilterra e di Francia, per conglo– bare praticamente Franco nella di– fesa occidentale, e cioè, secondo le enunciazioni, nella difesa della liber– tà e della democrazia. L'ultimo epi– gono del nazi-fascismo al potere, in– cassata la mancia, si è dato a orga– nizzare scenate e subbugli per riven– dicare Gibilterra e a pescare nel torbido marocchino. Ora vediamo cosa succede. Le note di protesta servono a Franco per pulirsi il naso, con rumore partenopeo. Gli occi– dentali, per difendere la vera libertà e la vera democrazia con Franco in avanguardia e i preti di contorno, si sono cercati e trovati una nuova gat– ta da pelare. E la gatta graffia. * Però, sulla legge elettorale i democristiani non mollano. Conta– no evidentemente, i pezzi gro.rsissi– mi della Democrazia cristiana, di persuadere il Paese che non vi sia altro mezzo se non quello di nuove elezioni pe,. correggere quelle del 7 giugno: e che non vi sia altro mezzo che una nuova legge-truffa per « consolidare la democrazia >; e che non vi sia altro governo pos– sibile oltre a quello dell'onorevole De Gasperi, con una maggioranza parlamentare prefabbricata come le casette svizzere. Non importa che il Paese abbia già capito l'antifona; non importa che la democrazia sia o no sostanzialmente salva, nel Pae– se prima che in Parlamento, e che non sia possibile consolidarla in Par– lamento se non sia consolidata prima nelle coscienze e nel Paese. S em– brano i mediconi che mettono em– piastri per guarire il cancro, quan– do un intùvento chirurgico potrebbe ancora salvare il malato. * L'on. A ndreotti passa per uomo di centro. O di quale centro? quel– lo di Arcinazzo? * La destra socialdemocratica ha ripreso fiato, ha dato vita a un set– timanale, si è eletto un proprio co– mitato direttivo. Chi sa mai se sarà espulsa per «frazionismo>. Ma forse quelli non si possono espellere per– ché sono « veri socialisti >. * « La Giustizia » di Reggio E. (detta volgarmente « La Giustiziet– ta ») esprime, per l'aurea penna di Mario Longhena, la sua profonda ap– prensione per l'eventuale rientro nel PSDI di « tutta la lieta brigata>: Cucchi, Magnani, A ndreoni, Zanar– di, Calamandrei, Codignola ecc. « quelli che ci abbandonarono e sce– sero in lotta contro di noi, quei che pregammo di lasciarci e di appar– tarsi (sic!), i figli di altre idealità - comunisti, azionisti, ex anarchici, • tutti estranei alla nostra famiglia, tutti insensibili alla nostra disciplina - tutti costoro senza seguito o scar– so seguito, sergenti o ufficiali senza soldati, oggi da alcuni dei nostri, che hanno perso ogni senso di pu– dore e gettano nel fango l'antica di– gnità del socialismo antico, sono considerati come i salvatori, come i compitori del miracolo, la unità so– cialista>. « E con lui (A ndreoni) faremo passare sotto la volta -d'ac– ciaio dello accoglimento solenne il duo azionista Calamandrei-Codigno– la, gli autori della disastrosa con– dizione del nostro partito a Firenze ed in tutta la Toscana?>. Noi vorremmo tranquillizzare fra– ternamente l'on. Longhena. Nel par– tito che abbiamo ben conosciuto, noi - i transfughi - non abbiamo alcuna intenzione di rientrare, né con l'alloro né con la cenere sul capo. Entreremo solo in quel partito e/te si deciderà a fare, con serietà una politica socialista. Ma in quel par– tito, ne siamo sicuri, non ritroveremo l'on. Longhena. i terne tratta di questioni tecniche i com– ponenti le Commissioni interne deb– bono essere dei competenu. /\O escu,– pio, se un industriale modifica il sistema di produzione, e, in conse– guenu, vuol modificare le tariffe di lavoro o vuole aumentare il lavoro mantenendo le stesse tariffe, se la commissione è composta di elementi che, pur essendo dei bravi lavoratori, appartengono però alla manovalanza: specializzata o no, come possono trat– tare problemi che concernono oper;,.i provetti o specializzati? Si dirà: vi è sempre qualcuno competente nella commissione. Ma, anche se c· è, è uno, e !"industriale 1rova facile bersaglio colpirlo. Troppe volte I" elemento che dà fastidio al– i" industriale viene eliminato: vedi il caso Piacentini alla Pirelli. Se invece la commissione è compo• sta di elementi capaci, la Direzione non ha un unico bersaglio ·da colpi• re. Di più: io sono stato ,segretario di un sindacato e non degli ultimi, ed ho sentito spesso consigliare i la– voratori di battere i pugni sul tavolo come se' questi fossero argomenti da prendersi in considerazione e non me– todi creati per inasprire le trattative. Se chi discute è competente non va in bestia, ma manda in bestia la parte avversa. La proporzionale è si una forma per avere una maggioran– za, ma una maggioranza politica. La commissione interna è invece un or– ganismo tecnico, che deve trattare rap– porti di lavoro e deve quindi e.~sere composta da uomini che nell'azienda godono la stima di tutti. Oggi si parla tanto di unità: per• ché non cominciare ad applicarla lad– dove è possibile? Nelle aziende ci sono lavoratori di tutte le fedi e non è detto che per• ché cattQlico o repubblicano un lavo– ratore non debba essere anche perso– na seria, capace, e meritevole della stima e dell"affetto dei compagni di lavoro. Perché questo lavoratore non dovrebbe essere membro della com– missione interna? Così dicasi per altre categorie di la– voratori. Se veramente si vuole l'uni– tà dei lavoratori la prima cosa da fare è fondere la classe, laddove è possibile, in un"unica famiglia, non badare alle proporzioni quando si trat– ta di commissioni interne, ma badare alla capacità, alla serietà, alla com– petenza. Così facendo si dà veramente prova di volere l"unità, specialmente laddove non vi è ragione di divisione. Alla parte padronale si toglie un pretesto per avversare la commissione interna, e quando si tratta di questio– ne in contraddittorio, scompare il ca• rattere di frazione e la commissione si presenta come un complesso unito e competente a trattare. La Ditta vede nella commissione non l'avversario, ma il collaboratore che nella prodi•• zione ha gli stessi doveri degli altri organismi a questa interessati. Conclusiont: se si vuole l"unità dei lavoratori si cominci dalla formazio• ne delle Commissioni interne, par(en– do dal concetto che esse debbono es– sere votate a suffragio universale nel luogo di lavoro, e tenendo conto di eleggere non chi grida di più, ma chi 1a di più. LUIGI RBP0881

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