Nuova Repubblica - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1954

15 giorni nel 'Biondo PROSPETTIVE DELLA DISTENSIONE S E le discussioni sulla scelta di l ~ una sede per la Conferenza di "- Berlino supereranno il punto morto al quale sono giunte al momen– to in cui scriviamo (e non possiamo credere che con l'atmosfera dominan– te l'incontro fra Oriente e Occidente vada a monte solo perché le due parti non si sono messe d'accordo sulla sede del loro incontro), a chi non ha voce in capitolo, se non come gruppo di i:,ressione sulle decisioni dei quattro, non rimane altro che af– frontare la prospettiva di una politica estera e interna di distensione. Avvertiamo subito che non ritenia– mo la distensione possa essere il frut– to di un incontro o di un solo incon– tro fra i quattro ministri degli cste~i e che con quattro chiacchiere sia rag– giunto l'accordo sul trattato austria– co, sull'unità tedesca e sul controllo atomico, nonché sulla pace in Estre– mo Oriente. Ma vi è qualche segno importante che le grandi potenze stanno adeguandosi ad una prospetti– va di distensione e che a tale pro– spettiva stanno adattando la loro po– litica economica interna ed interna– zionale. Siamo stati fra i primi a scorgere segni di questo genere nella nuova politica sovi-etica, nel new look, che paragonammo altrove ad una specie di New Dea/ sovietico, analizzando la personalità di Malenkov e met– tendo in luce il significato della po– litica di sviluppo della produzione di generi di consumo a scapito dell'in– dustria pesante inaugurata da Kru– schev. Una conferma eloquente delle previsioni che formulavamo sei mesi fa si ha nella sostanziale testimonianzia del corrispondente a Mosca per venti anni della United Press, Henry Sha– piro, che sta uscendo a puntate sui maggiori giornali europei. I fatti ri– portati dal Shapiro, osservatore acu– to, preciso e onesto, dimostrano che. sia pure senza ipotecare l'avvenire lontano, i nuovi dirigenti sovietici hanno impostato un piano non cla– moroso di rapida elevazione del li– vello di vita del popolo sovietico, eh,· esclude per qualche anno impegni mi– litari all'estero e che mira anzi a li– quidare gl'impegni tramandati dalla pesante eredità staliniana (Corea e Indocina). Da parte americana, abbiamo spcs-. so messo in risalto il regresso com– piuto sia sul piano della politica in– terna che estera dalla nuova ammi– nistrazione repubblicana rispetto a quella democratica uscente. t stato anzi osservato dalla stampa europea che il passo del Messaggio di Eise– nhower al Congresso sullo Stato del– l'Unione maggiormente applaudito è stato quello in cui si consigliava al Congresso stesso di emanare una leg– ge che autorizzasse il governo a pri– vare della cittadinanza americana i sovversivi. Ma nello stesso discorso s'imposta una politica economica di conversio– ne dell'economia di guerra in econo– mia di pace. si deflazionano sostan– zialmente i bilanci militari e si ac– cettano alcuni criteri della politica dirigista roosevcltiana e trumaniana, che sono indispensabili a ogni gover– no, anche liberista, che voglia evitare la crisi economica che nascerebbe dal– la cessazione delle massiccie spese militari sostenute finora. Eisenhower ha promesso anzi nuovi messaggi spe– ciali sulla politica economica, in cui si prevede che il Presidente, supe– rando l'opposizione di una parte del suo partito, proporrà la continuazione di una politica di grosse spese pub– bliche, nei settori civili, per evitare il crollo economico che risulterebbe dalla riduzione delle spese militari. Del resto, anche sul piano politico, sia la Russia che l'America, accet– tando d'incontrarsi e sopratutto ac– cettando di discutere segretamente, per le normali vie diplom~tiche, i problemi del controllo atomico, pur non avendo trovato una piattaforma stabile di accordo - che può solo nascere a poco a poco dai fatti e che non può, allo stato delle cose, essere chiaramente precostituita in ogni suo minuto particolare - affrontano sia sul piano interno che su quello inter– nazionale la prospettiva della disten– sione. Per quanto la pace non sia né si– cura, né stabile, né vicina, esiste una prospettiva di distensione internazio– nale suscettibile di condurre alla pa– ce, la quale merita di essere tenuta presente nei calcoli dei nostri uomi– ni politici. Se la. guerra fredda ha determinato il Patto Atlantico, la con– versione del federalismo politico in un federalismo militare, la denuncia delle clausola militari del trattato di pace e il riarmo, i governi da 18 aprile e la politica economica liberi– sta che ne consegue, vale forse la pena, al momento in cui tutti i par– titi sono chiamati a- pagare le cam– biali emesse in occasione del 7 giu– gno (il PSI quella dell'alternativa so– cialista, il PSOI quella dell'apertura a sinistra, i liberali e i repubblicani quella della ricerca del blocco laico e via discorrendo), esaminare, accan– to alla prospettiva di guerra fredda che ha dominato finora tutti i calcoli, anche quella della distensione, come, con maggiore realismo, dopo Sir Win– ston Churchill. hanno fatto sia il Primo Ministro Malenkov che il Pre– sidente Eisenhower. Una simile prospettiva implica: I) in politica economica (poiché la crea– zione di un'economia di pace è laÌ migliore garanzia che a un certo pun,,. to si sia costretti a fare la pace e .. rinunciare alla guerra), una politica di massiccio intervento pubblico che eviti all'Italia la crisi economica che risulterebbe dal disarmo nostro e al– trui e quindi la rinuncia al liberali– smo einaudiano e pelliano, nonché al paternalismo corporativo degaspe– riano e fanfaniano, buoni" tutt'al più a risanare per qualche anno un'eco– nomia italiana di tipo umbertino; 2) in politica interna, una effettiva stabilizzazionè costltuzionalc, che met- ta al bando tutte le nostalgie (i mis– sini se ne sono accorti nel loro con– gresso e si sono messi in stato di vir– tuale liquidazione), a cominciare da quella monarchica (escludendo cioè permanentemente i monarchici da ogni futura maggioranza parlamen– tare); e quindi un'attuazione piena delle norme e dello spirito della co– stituzione e una rinuncia ad ogni legge eccezionale; 3) in politica este– ra, l'accelerazione del processo di unificazione politica cd economica dell'Europa, nrimo nucleo di Merca- to Continentale nel quale i sei ·paesi dell'Europa occidentale sarebbero in grado di praticare un'economia di espansione in tempo di pace. Quest'ultimo punto impone una precisazione. E la CED? Abbiamo in– dicato altrove in modo esauriente il nostro .pensiero in merito. Aggiun– giamo solo ora, che se nel quadro di una prospettiva di tensione e di guer– ra fredda si poteva anche ammettere che la strada dell'unità europea pas– sasse per la CED (per quanto noi pensiamo che in ogni prospettiva es– sa passi sempre per un federalismo integrale e non funzionale), non si può non ammettere che al momento in cui all'economia del riarmo si so– stituisca un'economia di pace in espansione (come sembra avvenire sia in Russia che in America) la via del– l'unità europea passi per l'unità eco– nomica e politica. Se si giungeose fortunatamente a un disarmo anche limitato, con la CED si avrebbe in mano un esercito inutile che non si potrebbe armare, mentre invece ci mancherebbero le strutture federali unitarie senza le quali l'economia ita– liana ed europea non si pu<'>eviden– temente espandere. l'.lOLO VITTORELLI NUOVA REPUBBLICA 5 OPINIONI E CONTRASTI Plebiscito per l'Alto Adige? D UNQUE l'istanza del plebiscito per Trieste ha fatto torgere in– ternazionalmente l'istanza del plebiscito anche per l'Alto Adige o Sud-Tyrol; dico « internazionalmen– te> perché, come è noto, sollevata dai tedeschi della provincia alto-ate– sina, vivacemente e rigorosamente a– gitata da lnnsbruck e da Vienna, ha trovato echi concordi in Germania e perfino a Londra, ai « Comuni >. Dinanzi alla coscienza semplice di chi crede alla giustizia ed alla impor– tanza benefica della indipendenza e della libertà nazionali, l'istanza del plebiscito per l'Alto Adige appare, nel suo insieme, di indiscutibile lumi– nosa giustizia; come apparve iniqua nel 1918 a Bissolati l'imperialistica annessione di quella provincia da se– coli tedesca ed austriaca, anche se geograficamente italiana; annessione seguita dall'importazione imponente del/' elemento italiano; come fu dispe– ratamente - ahimè inutilmente - deprecata da alcuni di noi la crea– zione, nel 1946, della « Regione auto– noma Trentino-Alto Adige>, che le– gava quest'ultimo alla nostra estrema provincia italiana, il Trentino, annul– lando l'effetto di quelle provvidenze, che il Patto De Gaspesi - Gruber avrebbe portato nella nuova situazio– ne demografica e psicologica creatasi e nel ventennio fascista e durante la guerra, se il patto d'autonomia fosse stato applicato solo alla provincia fra Brennero e Salorno. Non sarebbe oggi sorta questa istanza; non sarebbe continuata una ragione di litigio fra i popoli. La giustizia, nel limite del possibile e in vista di un cammino verso una federazione europea e una internazionale umana, sarebbe stata raggiunta. Il plebiscito, che intervenisse oggi, 'conserverebbe nella applicazione quel– la virtù di compenso e di pacifica– zione, che sta nella sua fondamentale ispirazione? Io credo che lo potrebbe ove gli uomini di partito, che più stanno a contatto del popolo, italiani e tede– schi, sapessero fin d'ora intelligente– mente dirigerne gli effetti e prepa– rarne l'evento. Il compito invece appare ad altri arduo, quasi impossibile. Parlavo ieri con un socialista italiano, trentino, cinquantenne (è precisazione neces– saria) che ha vissuto e vive a contatto della realtà anche nell'Alto Adige. Per lui, col plebiscito, che significhe– rebbe probabilmente ritorno ali' A u– stria, si esporrebbero alle rappresa– glie feroci e immediate, e ad una con– vivenza astiosa in seguito, i « nume– rosissimi> italiani colà immigrati dopo il 1918 e i loro figli colà nati dopo quella data e che perciò vi si credono aborigeni. Mi prospettava la feroce caccia agli italia11i i11 Alto Adige dopo l'otto settembre 1943; mi rapprese11taua, fra gli italiani impor– tati, il grande numero di quelli, a cui, avendo essi partecipato alla guer– ra 1915-1918, si è fatto credere che si fosse combattuto per il confine al Brennero e che si ritengono, nell'Alto Adige annesso, fedeli custodi di una vittoria conquistata a prezzo di sacri– fizi; pei quali continuare a vivere in un Alto Adige o indipe11dente o, peggio, austriaco, parrebbe cattività; mi sottolineava la presenza, la soprav– vivenza di fascisti, lancie spezzate per la soggezione dell'Alto Adige, pro11ti a ritorcere, a provocare, funesti con– trasti. Concludeva doversi attendere, per un plebiscito, nientemeno che la scomparsa dell'attuale generazione adulta, coi suoi ricordi, colle sue pas– sioni, colle sue ferite, da ambo le parti. L'amico socialista, che mi parlava, se anche non era immune dalla col– pa di aver partecipato col suo par– tito dopo il l945 al funesto movimen– to autonomistico per la « Regione Trentino - Alto Adige », mi si pre– sentava però degno di alta e seria considerazio11e per aver personalmen– te partecipato fra il 1943 ed il 1945 alla resistenza che fu, 11ecessariamen– te, sopratutto antitedesca in questa parte della « zona delle Prealpi>, co– stituita da Hitler; partecipazione che lo rende particolarmente capace a conoscere, valutare, l'animo popolare dei tedeschi dell'Alto Adige e degli italiani, che vi dimorano. Non mi sembra però avvicinabile la posizione che fra Italiani e Tedeschi si ebbe dopo l'otto settembre i11 Alto Adige, cioè fra dominati e domina– tori, fra recenti alleati improvvisa– niente divisi in traditori e traditi, iti piena atroce guerra mondiale - col– la posizione che si verrebbe a deter– minare dopo il pacifico e civile mez– zo d'intesa quale è ntlla sua essenza un plebiscito. Ché se dal sottosuolo dell'animo delle folle si potesse temere l'insorgere di immediate fisse e contese di for– za, non mi pare doversi avere tale sfiducia nei governi da non atten– dersi da essi quei saggi modi di ini– zio della attuazione del plebiscito da rendere vani o · disperdere queti ti– mori. Vane /uro110, ai fini del co11solida– mento della pace politica interna, le larghe concessioni e provvidenze del Governo alla Regione autonoma. Vane - se non contro producenti - ai fini di un europeismo, che non sia Santa Alleanza, le spettacolose parate, uso le università estive a Bres– sanone, organizzat.e dall'Università di Padova. IL MURO * O proporzionale o morte, è il fate in modo che non aumentino. E grido dei dirigenti del PSDI nel gen- dite alla gentile signora Boothe Luce naio 1954. E «rompono» con Fari- che, sì, tutto va bene ma a condizione /ani sotto l'insegna della proporzio- che la politica italiana sia fatta da– nale pura per Camera Senato Co- gli italiani. munì. Sei mesi prima hanno sfasciato l il partito e hanno fatto correre gravi 1 * A «Risorgimento socialista> non pericoli alla democrazia per sostenere. sono piaciute le conclusioni del con– che solo la legge-truffa poteva sai-· vegno nazionale di Autonomia socia– vare la democrazia stessa. L'altalena lista. Dice che, se l'aspirazione di è un gran bel gioco ma è un gioco A.S. alla unificazione totale dei so– da bambini. , cialisti è sincera, essa A.S. deve pas– * Pare che la sorte di tutti gli « in– carnati » della Democrazia cristiana sia quella di costituire governi che non piacciono alla maggioranza. E tuttavia insistono a proporre e a per– seguire proprio quella politica che non piace alla maggioranza. E se il nuovo presidente del Consiglio si de– cidesse a prendere atto che in Italia la maggioranza è fatta dalla povera gente? Tutto sarebbe molto più sem– plice. * Uno dice: « Ma i comunisti, e Mosca, e nei paesi soggetti.,.>. E va bene. Ma se avete tanta paura sare per la via obbligata della pre– ventiva unificazione con l'U.S.I. Ma che, si parla tra sordi? Il problema politico, di fondo, è quello di deter– minare le condizioni della unificazione totale; e il convegno ha ritenuto che qualsiasi unificazione parziale ritar– derebbe il processo di osmosi politica. Non vi sono « vie obbligate>. Vi so– no delle valutazioni, delle aspirazioni, dei desideri, infine dei programmi di azione. E ognuno, individuo o orga– nismo, è libero di formularli come crede, e secondo le sue convinzioni. Come sono liberi ili altri di dissentire. Plf Naturam rcpellas furca ... Gli Ita– liani vi apparvero sempre più i do– minatori, gli usurpatori. Ma lasciate che quel popolo si se11- tll politicamente di nuovo padro11e in casa sua e allora gli Italiani - anche quelli ormai naturalizzati - vi appariranno e sara11no rispettati come italiani, come in qualunque al• tra parte del mondo ove la sorte, o gli eventi politici, li abbiano portati a lavorare e a naturalizzarvisi. Preparare ·nel popolo tedesco del– /' Alto Adige (e di altrove) questa co– scienza capace, nella propria piena indipe11denza e liberta politica, di ac– cettare conseguenze demografiche, di cui i lavoratori italiani non hanno colpa, accettare cioè la loro attuale naturalizzazione in Alto Adige (e gli accordi per co11cedere un plebiscito dovrebbero te11erne conto); illumina– re d'altra parte gli immigrati italiani sul nobile alto giusto diritto del po– polo tedesco in Alto Adige alla sua indipendenza politica; queste sarebbe– ro le basi su cui solidamente e senza pericoli un Plebiscito potrebbe frut– tificare. Questo il compito a cui i partiti che credono davvero alla Pll– ce, all'internazionale, alla civilta, do– vrebbero volgere in Alto Adige la Idro nzione. Non è chi non vegga qua11te a11a– logie corrano fra l'attuale condizio– ne politica dell'Alto Adige e quella che fu del Tre11tino fra il 1866 e il 1918. /I Trentino non poté rientrare nella indimenticata famiglia italia,w che per effetto e in co11comitanza di un grande ,-ivolgimento di forza e di guerra. Potessero, a trentacinque an– ni di distanza da allora, i Tedeschi dell'Alto Adige rientrare nella loro famiglia nazionale per effetto e i11 concomitanza del risplendere sull'Eu– ropa del pieno sole della pace, del pe11siero e dell'amore! E ciò, sì, anche nel nome della Stor ia d el Risorgime11to italiano e dei su.ai martiri. .:ll:\'EST.l \' ed.va BlTTISTI Il problema del plebiscito per l'Al– to Adige non si può non porre, se col medesimo criterio si voglia ri– solvere il problema di Trieste: giu– stamente e coraggiosamente quindi la ved. Battisti richiama l'attenzione su di esso. Alla soluzione del problema potrebbe riuscire egualmente efficace anche una formula federale da concor– dare fra Italia ed Austria, sul tipo di quella suggerita in precedenza dal– la stessa Battisti per la vertenza rela– tiva 31 territorio istriano. Circa l'errore di avere istituito in regione autonoma unica il Trenti– no-Alto Adige, zone profondamente diverse fra loro, io posi il problema davanti alla Costituente nel 1946 pro– prio nei seguenti termini: « Tutti sanno che esistono delle tradi– zioni, nella provincia di Trento, di natura autonomistica. Tuttavia noi ri– teniamo che queste ragioni non siano tali da far precedere una legislazione di questo genere, di carattere partico– lare, in favore del Trentino, a una riforma generale dello Stato. Vi sono altre regioni italiane, che hanno egual– mente forti esigenze autonomistiche, e per le quali non si prevede nulla di simile». In realtà fa Costituente, nella fretta di concedere autonomi~ speciali sotto la pressione d'interes·· particolari, non si avvide (o forse qualche gruppo politico fece finta di non avvedersene) che in tal modo si rimandava e si rendeva inoperante l' inlel"fl riforma str,,;'tturale dello Stato in senso autonomistico che infatti. no– nostante che sia sancita dalla Costi– tuzione, è rimat;ta lettera morta. Au– tonomie speciali, cioè addirittura di carattere federativo, potevano essere riconosciute, con grande larghezza, so– lo a zone mistilingui, con popolazio– ni allogene (e cioè: Val d'Aosta,.Alto Adige, Venezia Giulia): invece, bi– sognava valersi della pressione che ve– niva soprattutto dalle due isole, e io minor misura dal Friuli e dal Tren– tino, per impostare ed imporre la ge– nerale riforma autonomi~tica, che avreb– be risolto anche i problemi di queste regioni, senza giuntere agli estremi, per esempio, dello statuto sicili•oo. T. (),

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