Nuova Repubblica - anno I - n. 22 - 20 novembre 1953

15 ;-io1·ni nel fflondo L'ORA DELLA SCELTA L 'ULTIMA fase dclll· trattative fra le tre potenze occidentali e I' nionc Sovietica ha chiarito definitivamente il punto centrale del dissenso fra Oriente e Occidente. L'URSS è disposta a trattare solo se le nazioni occidentali rinunciano alla CED ,. le nazioni occidentali sono disposte a trattare solo a patto che i negoziati per una distensione con l'Unione Sovietica non compor• tino una rinuncia a completare il si– stema di sicurezza iniziato con la conclusione del Patto Atlantico. In altri termini, gli occidC'ntali non sono disposti. dopo le prove da– te dall'URSS, dal 1945 in poi, a negoziare una pace che non sia ar– mata, anche se questa pace armata potrà a poco a poco diventare una pace disarmata; non sono disposti cioè a passare direttamente da1la guerra fredda alla pace definitiva, bensì a una pace « fredda >, che solo dopo aver dato le prove di essere stabile, potrà diventare una pace «calda». L'URSS non propone infatti di procedere senz'altro a libere elezio– ni in tutta la Germania, come vor– rebbero gli occidentali, e non s'im– pegna a riconoscere qualunque go– verno democratico tedesco venga fuori da quelle elcZioni, anche se, come è probabile, sarà un governo democratico di tipo occidentale, che probabilmente escluderebbe i comu– nisti dal suo seno, in quanto non sarebbero che una minoranza isolata nel futuro parlamento tedesco •uni– ficato. dentali, che hanno ormai dC'ciso di organizzare la loro difesa sull'Elba, ron o senza la CED, rinuncino ai loro piani senza un preciso impegno sovietico a rispettare l'indipendenza di un governo unitario tedesco dl'si– gnato democraticamente attraverso libere elezioni, anche nel caso in cui tale governo sia orientato verso un regime di tipo occidentale. cl -contrasto che oppone le po– tenze occidentali all'Unione Sovie– tica. conirasto che ha dato luOJtO al– la sterile schermaglia diplomatica di questi ultimi mesi, l'Occidente non ha forse rinunciato a partecipare al– la riunione a quattro con la pistola in pugno, ma la Russia non ha nl'p– purc essa dato prova di voler lascia– re• a casa la miccia con la quale, in qu:ilunque momento, e~ una GL·r– mania unita e disarmata, sottoposta a un governo a partecipazione co– munista, potrebbe mettere il fuoco alle polveri nelle migliori condizion: possibili, ossia fino sul Reno. I tentativi di distensione appaiono quindi seriamente compromessi per il momento e l'Europa non ha saputo finora mettere tutte le carte dalla propria parte. La ratifica della CED, senza una conclusione pregiudiziale drl trattato sulla Comunità politica e senza una garanzia che l'unità po– litica entri in vigore almeno con– temporaneamente alla Comunità di– fensiva, metterebbe l'Europa in una posizione assai difficile in un'even– tuale ripresa delle trattative con la Russia. Finché una federazione politica non sarà venuta a giustificare la for– mazione di un esercito europeo - di un esercito che perciò dovrà ave– re quel minimo d'autonomia che hanno le· formazioni militari di tutti gli Stati sovrani. autonomia che non è affatto garantita dal trattato della CED - i comunisti avranno un brl giuoco nel denunciare le dcbol,·zzc non solo della CED ma di tutta l'opera di unificazione europea e continueranno a condizionare la di– stensione. non solo all'abbandono della CED, dopo che sarà entrata in vigore, ma addirittura allo scio– glimento della Comunità politica europea, che sembrerà solo un e cap– nello >, come dicono i fcdl'ralisti francesi. della CED. l'AOl.tl l"ITTOltt:1.1.1 NUOVA REPUBBLICA Operai l cenziati davanti al cancello dellaPignone I L'AVVENTURA DELL'ECONOMIA 1T AL NA I I '' TRIVELLATORI,, alla ribalta· · N t:L ml'ttt·n· in luce la situazione tris1<.·mt·ntc paradossale della nostra economia, noi non in– tendiamo ricalcar(' una falsariga scan– dalistica quanto sottolineare {perché ne sentiamo ancora il bisogno) l'im– moralità d'una condotta economica a cui molte cose e molti fatti quoti– dianamente si legano. I fatti sono, tanto per comincia– re. questi: 2700 licenziamenti inti– mati alle Acciaierie di Terni. 2400 alla Magona di Piombino. 1150 al– l'llva di Savona. 960 alla Ducati di Bologna, 220 ali' Ansaldo di Ge– nova. 181 alla Scarpa e Magnano di Savona; mentre la Pignone di Firl'nze va in liquidazione. Queste cifre non sono né ultiml' né definitive. Sono cifre che abbia– mo raccolto dalla stampa quotidia– na di queste ultime· settimane e che i dolorosi fatti di Terni hanno fatto balzare improvvisamente alla ribal– ta della pubblica opinione invero as, sai poco informata dc1la vera natu– ra di certi fonomcni. L'URSS insiste invece, oltre che sull'abbandono della CED, su un preciso ordine del giorno, in un even– tuale incontro con gli occidentali, che dovrebbe rovesciare- i tempi pro– posti dagli occidentali stessi, proce– dendo anzitutto alla claboraziohe di un trattato di pace con la Gc,rma– nia. che verrebbe imposto senza te– ner conto dell'adesione o meno ad esso del futuro governo tedesco uni– ficato o che verrebbe accettato da un governo provvisorio, composto prima delle elezioni libere. di comu– nl' accordo fra h: grandi potenze, su una base di compromesso, e quindi con una rappresentanza co– munista, che mirerebbe senza dub– bio a fare in Germania quello che ha fatto nei paesi dcll' Europa orien– tale-, dove simili governi concordati dalle potenze furono costituiti dopo la seconda guerra mondiale. IL MURO I fatti di Terni, ci hanno richia– mato Modena e i suoi morti. Allora sulle colonne del quotidiano gronchi– sta « La libc-rtà > per la penna del suo Direttore, Luigi Somma, leggem– mo: « Dietro i mitra dc-Ila CeJerc, sta la linea Pclla >. La frase ci im– pressionò dolorosamente l' contribuì a convincerci. una volta di pil1. che bisognasse ricercare più a fondo il male che eia anni ci angustiava. Se i governi occidc-ntali non sono disposti a rinunciare alla CED, nono– stante le numerose critiche e obbie– zioni che questo trattato ha solle– vato in tutti i pasi intcrC'ssati, è dun– que anche perché l'URSS non offre nessuna garanzia concreta di pace stabile, nessuna forma di unità della Germania che lasci questo paese li– bero di scegliersi la politica estera che vuole, una volta unito. Qualora. infatti, l'Unione Sovie– tica avesse ammesso esplicitamente. nel caso di un abbandono della CED, anche la prospettiva cli una imme– diata unificazione della Germania, libera cli federarsi a sua volta con altre nazioni europee nella Comu– nità politica europea e quindi di partecipare, come parte di una fe– derazione sovrana, alla formazione di un esercito di tale federazione, cli un esercito veramente europeo, sottoposto a un comando europeo, e non a un comando americano, come prevede il trattato costitutivo della CED. la condizione pregiudiziale dell'abbandono della CED avrebbe avuto una forza tale d1 imporsi an– che ai governi pii'1 recalcitranti. Se, quindi, a proposito della CED, è lecito, entro certi limiti, parlare di oltranzismo atlantico, è aJtrettan– to lecito. nei confronti della generi– cità degl'impegni che la Russia offre di assumere a proposito dell'unità tedesca, affermare che esiste un ol– tranzismo russo 11ltrettanto se non addirittura più pericoloso, poiché è inconc~pibile che le potenze occi- * Si scrive e si d ict· : « Processo Parri-Servello >. Maledetta la mania della sintesi. Diciamo almeno: « Il processo ai fascisti :t. * Già, perché i fascisti difensori dei fascisti hanno tentato di trasfor– mare il dibattito in un processo a11a Resistenza. Gli è andata male e stril– lano. on sono nemmeno riusciti a imporre una equivalenza, nonché mo– rale, nemmeno giuridica. * Prima eravamo perplessi. Dice• vamo: Maurizio su lo stesso piano dei serve lii? Ha avuto ragione Maurizio a querelare i gaglioffi. Il dibattito fa conoscere alla opinione pubblica addormentata dagli amori ancillari dei preti coi fascisti, dalle incom– prensibili tolleranze anticostituzionali di questi anni, fatti, figure, uomini che l'oblìo e gli avvenimenti poli– tici hanno reso « sfocati ». I giovani,. specialmente, hanno agio di stabilire confronti e di conoscere la storia re– cente sulla quale 1~ scuola è muta. * Certo, è duro piegarsi ancora a discutere, dopo appena otto anni, se avevano ragione loro o avevamo ragione noi. * Negli ambienti tenebrosi del tri– bunale di Milano abbiamo visto in crocchio Parri, Cadorna. Longo. Pc-r– tini. Pajctta, Solari. Cosattini, con uno stuolo di partigiani di ogni « co– lon:». Diciamolo, in certe circostan– ze, sentirsi ancora uniti, e in tanti. fa bene alla salute. * In un'altra aula del palazzo di Giustizia di Milano si discute il pro– cesso contro l,autorc cli « Navi e pol– trone >, il fascista Trizzino, quere– lato da un gruppo di ammiragli. Non anticiperemo la sentenza espri– mendo il parere che l'unico torto degli ammiragli sia stato quello di non ribellarsi alla pazzia di parteci– pare a una guerra per la quale la Marina non era meglio preparata dell'Esercito e dell'Aviazione. A par– te, naturalmente, il giudizio politico e storico e morale su la parte scrlta. Ma era gente che sapeva anche morire. * Scritte sui muri e sui cartelli in occasione delle manifestazioni per Trieste: e Mussolini sì che era un uomo> - « D'Annunzio speranza no– stra:>. Dio ci guardi dagli « uomi– ni >. Dio ci protegga dalle speran– ze. Dai fascisti ci proteggiamo noi. l'IC Il problema economico in un pae– se sovrapopolato come il nostro, av– verte Pasquale Saraceno, si risolve se il problema siderurgico trova la sua risoluzione. · < ... Il fatto che il problema eco– nomico italiano - scrive Saraceno (« Lo sviluppo economico nei pae– si sovrapopolati > pag. 141) - ri– sulti dalla combinazione di un ri– stagno industriale del Nord e di uno stato cli sovrapopolazionc agricola nel Sud, addita, di per sè, una linea direttiva per la soluzione dei nostri. problemi: una politica di larghi in– vestimenti al Sud crea infatti quella più larga base di mercato interno che si richiede per una piena utiliz– zazione dell'apparato industriale del ord e per una sua estensione al Sud». Ora non è chi non veda l'indu– stria siderurgico-meccanica come fat– tore risolutivo della situazione eco– nomica italiana. Ma, proprio ora, deve affacciarsi una domanda pii, che mai legitti– ma: a che punto sta la siderurgia italiana? Questa grande industria che nel lontano 1922 il professor Luigi Ei– naudi definiva « trivellatrice >, e che oggi Ernesto Rossi (vedi « Settimo: non rubare >) chiama < la grande parassitaria >, sembra \'Olcr uscire 5 dal comodo regime protez10111st1co durato tanti anni quanti si sono re– si necessari per « farsi le ossa >. E la sola via d'uscita (proposta, a suo tempo. da Falk e soci) vorrebbe es– sere quella del chirurgo. quella cioè del e ridimensionamento > che Si at– tacca ad una serie di «ineccepibili> argomenti ben noti a quanti cono– scono il passato della < grandl' paras– sitaria >. L'uomo della strada che non sa nulla (o ben poco) ciel piano Finsi– dcr dell'ingegner Sinigallia. che non sa nulla (o ben poco) della CECA, l'uomo della strada chr ha sentito parlare di fondi ERP e· di altre si– gle che equivalevano a tanti dollari sonanti versati a favore- della no– stra industria. si chiede se il risul– tato debba invariabilmente essere quello dei fatti di Tl'rni ,. della Pi– gnone. Quando aJl'uomo della strada so– no presentati i profitti dell'oligarchia finanziaria nostrana, ha egli il di– ritto di dire. sia pure in forma pri– mordiale. che questo è un furto in– concepibile che uno Stato non può tol~erare oltre senza pregiudicare, in ultima analisi, la sicurezza dei cit– tadini. Sappiamo, sulla base di solidissi– mi calcoli, che il popolo italiano ha sacrificato per l'industria siderurgi– ca. dalla sua nascila (principio di secolo) ad oggi (I 950). più di 5.000 miliardi lire! In questa cifra non so– no compresi i danni subiti dallo Stato in seguito al crollo dell'JLVA e del– l'Ansaldo che determinarono la isti– tuzione dcll'IRI ( 1932); le cscn1ioni fiscali; le commesse statali di favo– re; i mutui e gli invcstirnenti di ca– pitali da parte dello Stato; gli aiuti ERP .... Il problema per noi è capitale ed è un problema che va almeno impo– stato se ancora si intende dare un senso e un contenuto a11a nostra de– mocrazia. Si tratta di sapere in definitiva se ad onta di tanti « piani » e di altrettanti roventi interventi parla– mentari cd extra-parlamentari, il pro– blema della nostra economia debba restare, per la sua definitiva ratifi– ca, nelle mani dei e trivellatori > no– strani che hanno brillato e brillano per la stupefacente cuccagna della « socializzazione delle perdite >. Oggi quando sentiamo parlare di « ridimensionamento », noi non pos– siamo non avvertire in questa espres– sione tutto il peso di un «diktat> che la Confindustria intende far grava– re sulle spalle dell'economia nazio– nale. È oltTemodo chiaro che il proble– ma va al di là della riforma della IRI e ancora una volta chiama in causa quel famoso responsabile del– l'economia italiana che ancora non esiste perché è all'insegna dcll'irre- - sponsabilità che si muove l'avventu- ra clcHa nostra economia. Situazioni di questo genere sono micie e· rosolio per la demagogia della CGIL che pur ha il merito in– contrastato di aver battuto su questo chiodo più di chiunque altro presen– tando a ripetizione manifesti. confe– renze e piani. Abbiamo detto che il fascismo pe– renne si nasconde nelle cose e il fa– scismo anzitutto è violenza, una vio– lenza che chiama la violenza. Pos– siamo lasciare indeterminatamente ai palliativi il futuro del nostro paese? E non è urgente il caso che, prima di tutti. i socialisti italiani si raccol– gano veramente su un grande fron– te unitario perché questo «secondo» fascismo non passi a legare un'altra volta l'intera nazione alla disperata prospettiva di una crisi senza spira– gli? Queste domande. sono poste da tempo: urge una risposta prima che l'alluvione non distrugga le fragili difese della nostra democrazia. PRASCO ~IOllA:l"DI li'ECO DEtLA STHIPA Uflieio di ritagli da giornali e riuiste Direttore: Umberto Frugiuele Condirettore: Ignazio Frugiuele Via Giuseppe Compagnoni, 28 MILANO CorrisJ)ondenza: Casella Postale 3549 Tclegr.: Ecostampa

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