Nuova Repubblica - anno I - n. 21 - 5 novembre 1953
COSE DI FRANCIA I LR FRRSR DEtL' INDOGINR Dal no3t•o co ·r:spond9nte. S UCCEDE, della guerra d'Indocina il contrario di quello che sue~ cesse del fascismo. li fascismo fu una grande farsa che terminò con un'orribile tragedia. La guerra d'In– docina è stata una grande tragedia che sta terminando con una farsa. Voi sapete dalle notizie dei quoti– diani che cosa è avvenuto: Bao Dai, l'imperatore d'operetta che i francesi avevano fabbricato per opporre a O Ci Min, ha convocato a Saigon un Congresso di notabili a lui fedeli i quali, al termine dei loro lavori' hanno dichiarato che il Viet Nam no~ intende più far parte dell'Unione Francese; e Bai Dai, dalla lussuosa residenza che il Governo francese gli paga in Francia, ha risposto d'essere d'accordo coi notabili di Saigon. Evidentemente, Bao Dai è un in– grato. La Francia l'avevo coperto d:oro, gli aveva ridato il titolo impe– riale e, per mantenergli il trono (sia pure anche _per scopi suoi egoistici), da sette anni faceua massacrare i suoi ufficiali e sottufficiali, se11za contare senegalesj, nordafricani e legionari stranieri, le cui uite non sono ualu– tnte molto più di quella di un bue di seconda qualità. F~rs~ voi non ricordate perché sia comrncrata, nel 1947, la guerra d'In– docina. Nel 1946 O Ci Min che oggi è annoverato tra i ma~giori pauracchi del comunism.o da parte i/ella propaganda americana era in Francia e cercava di accordarsi col governo francese perché l'Indocina potesse continuare, dopo l'intermez– zo dell'~ccupazione giapponese, a far parte d, quella Unione Francese che avrebbe dovuto sostituire, con spirito completamente nuovo, il vecchio Im– pero coloniale francese. L'Unione Francese avrebbe dovuto essere una copia del Commonwealth britannico mn essa doveva fare i conti con l; mentalità più o-meno negriera dei co– lo~i francesi, pochi ma fortissimi, che net possedimenti coloniali avevano trovato il formaggio dentro il quale rngra.ssauano. O Ci Min chiedeva una certa in– dipendenza, piuttosto una certa auto– n?mia. Egli chiedeva l'unificazione d, almeno tre delle cinque dipenden– ze francesi i_nIndocina (Annam, Ton– cluno, ~ocm.cina, lasciando a porle C~mbog,~ e Laos). Con gli accordi d, Fo11ta111ebleau, O Ci Min accet– tava di restare nell'Unione Francese. Questi accordi vennero firmati in due riprese, il 6 marzo e il 14 settembre 1946. Rientrato in Indocina, O Ci Min si trovò a dover lottare con i rappresentanti della Francia che, nel– la pratica, non intendevano- p,"endere sul serio nessuno degli impegni sot– toscritti a Fontainebleau. In seguito a un conflitto di competenza tra do– gana del Viet Nam e dogana francese sorse un tumulto che l'ammiraglio D' A rgenlieu (stra110 tipo di france– scano, ora tornalo in conuenJo) af– frontò face,ndo b_ombardare~ Haifong, sobborgo d Hanoi, e massacrando mi– gliaia d'innocenti. La guerra d'Indo– cina ebbe inizio con questo niassacro. O Ci Mir! passava cosi alla resi– stenza e riusciva i,i breve a control– lare tre quarti dei paese, restando ai Francesi i_l controllo delle città più importanti. Poiché la popo/nzione dell'Indo– cina, compresa quella rimasta sotto controllo francese, simpatizzava con O Ci Min, venne a qualcuno l'idea di contrapporre o O Ci Min un ele– mento locale che rimanesse il fedele esecutore degli ordini di Parigi. Fu così .che venne. e inventato::. l' im.pe– ratore Bao Dai. O Ci Min era stato l'origine della guerra. Nel frattempo O Ci Min aveva tro– vato un aiuto nella confinante Cina di Mao. Bisognava perciò, per raf– forzare Bao Dai, concedergli tutto quello che s'era rifiutato a O Ci Min. Per lo meno, Bao Dai sarebbe rima– sto fedele all'Unione Francese, cosa che O Ci Min, ormai, non avrebbe più potuto garantire, benché ancora, in piena guerra, nel maggio 1947, egli avesse dichiarato, respingendo l'ultimatum Bo/laert-Valluy: « Nella Unione Francese non c'è posto per i vigliacchi.I >, confermando così impli– citamente di ritenersi ancora mem– bro della detta Unione. Ed ecco che addl 17 ottobre 1953 il Congresso Nazionale del Viet Nam, formato da creature di Bao Dai, tli– chiara: < li Viet Nam indipendente non fa parte dell'Unione Francese> ... Le autorità francesi, spaventate, fan– no tali pressioni e minacce, che il. testo viene modificato cosi: « li V iet Nam indipendente non fa parte de/– I' Unione Francese nella sua forma· attuale>. Questa attenuazione, na– turalmente, non tranquillizza i diri– genti francesi, che contano su 1u1 in– tervento energico di Bao Dai. Ca– spita! Quest'uomo che da parecchi anni deue potere e ricchezze alla Francia, dovrà pure mostrare la sua gratitudine! E invece Bao Dai dà ragione ai suoi amici di Saigon. Ma come si spiega l'« ingratitudi– ne > di Bao Dai? Per quanto cor– rotto, Bao Dai resta nel fondo indo– cinese. Egli non si sente di mettersi contro il suo popolo fino al tradi– mento. Se vi si mettesse, egli sarebbe travolto e il suo trono salterebbe in aria; neppure i Francesi saprebbero più che cosa fare di lui. Ma v'è un altro fattore, il più im– portante di tutti, lo stesso che ha per– messo a quel re di cartapesta che è il re ,/ella Cambogia di fare, pmna ancora di Bao Dai, il prepotente con– tro i Francesi. Questo fattore si chia– ma dollaro. NUOVA REPUBBLICA L'imperialismo francese è rinu!sto al secolo scorso; esso ragiona ancora con la bandiera che sventola e i sol– dati che sfilano in parata. L'imperia– lismo americano ragiona con gli af– fari. A Cuba esso comanda, ma la– scia sveutolare S"llipubblici edifici rrna bandiera cubana. Esso dice agli fo– docinesi, sottovoce: e Avete ragione.' Sbarazzatevi dei francesi.I Io vi afo– terò molto più di loro >. E a Bao Dai dice: « A far la guerra ai comunisti, ti aiuto molto più efficacemente io. lo ti lascio tutta la tua indipendenza. Facciamo in comune i nostri af– fari!>. Anche quelli, in Francia, che un mese fa continuavano ad accusare di tradimento coloro che accennavano alla necessità di venir via dall'lndo– cina, adesso dicono: « Bisogna ve– nir via.I >. La Francia è oggi quella che è, cioè in ritardo nella ricostruzione, in coda a tutti i paesi vinti, e.)sa che ri ritiene tra i vincitori, appunto per– ché per sette anni essa ha sperperato tutte le sue risorse in ìndocina. Già la Germania si permette, per bocca di Adenauer, di trattarla con sar– casmo. 1 responsabili di questa catast1ofe sono numerosi. Socialisti e comuni– sti non sono esenti da colpa. f primi avendo accettato, per solidari1tà mi– nisteriale, la guerra; i secondi, per aver preso le parti di O Ci Min solo quando costui ebbe, forse senza chie– derlo, l'aiuto della Cina comunista. Vincent Auriol,,che in sehe anni di Presidenza ha dato ,ante prove di buon senso, ha voluto giorni fa, in occasione appunto della firma del trattato col Laos, lanciare anche lui lo sdegnato epiteto di ingrato contro Bao Dai. Come Presidente della Repubblica e Capo dell'Unione Francese, Vin– cent A uriol aveva il 1overe di ve– gliare all'integrità di qv.est'ultima. li suo intervento, se non contrario alla Costituzione, era però contrario alle consuetudini. La sincerità di Vincent A uriol è fuori di discussione. Ma l'uomo che sta per abbandonare la Presidenzn dello Stato per rientrare nelle file del Partito Socialista av•eb– be fatto meglio a tacere. Bisogna che i sociali: ti, in tutti i paesi, si ricordino con più corabgio delle loro idee. Se no, il Socialismo finisce per essere quello che è il Van– gelo per la Chiesa: delle be:le pa– role che diventa peccalo mortale vo– ler applicare. Ma Bao Dai cominciò subito ad accampare certe pretese, oltre ai mi– liardi per sé e la sua corte: « Se vuoi che gli indocinesi mi prendano sul serio, bisogna che tu, governo francese, mi dia sul serio qualche potere». E così venne concessa a Bao Dai l'unione tlei tre territo1i, che era stata negata a O Ci A1in: e quel controllo doganale il cui diniego a Ombre sull'Oriente 7 Il Congresso dell'Europa all'Aja secondo L a manifestazione che ha avuto luogo in Olanda nei giorni 8-10 ottobre per iniziativa di quel Comitato d'azione per la Co– munità sovranazionale europea di cui è presidente l'ex premier socialista belga P. H. Spaak e che ha radu– nato nei Paesi Bassi qualcosa come quattro o cinquecento cittadini curo– occidentali fra i quali molte perso– nalità del mondo politico, economi– co, sociale e culturale dell'Europa, è stata battezzata dai prornotori « 2° Congresso Europeo dcli' Aja ». Al I° Congresso dcli' Aja, nel L948, soprattutto per la pesante presenza di un uomo come Winston Churchill, che poteva essere consideçato il pa– dre spirituale del Movimento Euro– peo, i federalisti - cioè i fautori di una autorità sovranazionale europea - erano stati soprafTatti dagli unio– nisti - cioè dagli assertori di una lega di stati sovrani. Questo 2° Congresso dcll'Aja non è stato e non poteva essere convo– cato con l'intenzione di farne l 1 assise democratica di tutti gli europeisti, ma con lo scopo di dar vita ad una manifestazione éclatante la quale po– tesse richiamare l'attenzione dell'opi– nione pubblica sui problemi dell'uni– tà europea. La radunata olandese perciò non è stata preceduta da al– cuna assemblea precongressuale e i partecipanti al Congresso sono stati, tutti o quasi tutti. colà convocati su semplice invito dei promotori. Le risoluzioni adottate quindi, dopo due giorni di lavori (il 9 · ottobre nelle tre Sezioni in cui il Congresso si è di– viso: Sezione politica, Sezione per le Istituzioni della Comunità Europea, Sezione per il mercato comune; il I O ottobre ncll'_assemblca plenaria),. si possono considerare come la mar11fe– stazionc più recente e più solenne del pensiero delle meritorie élites di– rigenti del federalismo europeo ma non, evidentemente, come la espres– sione della volontà di tutti i federa– listi europei. Com'era previsto, il Congresso si è strettamente mantenuto sulla linea che i promotori federalisti avevano in precedenza tracciato e non c'è stata una opposizione appariscente. La qual cosa, anziché rallegrare (per– ché dovrebbe rallegrare la constata-· zione che le antiche dispute fra fede– ralisti e unionisti sono scomparse e che i primi hanno ali;, fine prevalso), non può non essere fonte di qualche preoccupazione perché certe conclu– sioni del Congresso ben difficilmente saranno accolte con entusiasmo da tutti i fautori della federazione euro– pea. In seno alla Sezione politica l'opi– nione espressa dal relatore Altiero Spinelli in un suo lungo rapporto sulle condizioni politiche del momen– to è stata sostanzialmente accolta dai componenti della Sezione e adot– tata poi all'unanimità dal Congresso. Constatato che l'Unione sovietica non ha finora avanzalo alcuna pro– posta che permetta di credere ad un effettivo mutamento della sua poli– tica in Europa e che della e.cl. di– stensione internazionale non si sono avuti nel passato che pochi e modesti sintomi, il Congresso si è convinto che la situazione presente rende sem– pre più necessario il comune sforzo per la sicurezza (vale a dire, il riar– mo). Onde si è premurato di racco– mandare vivamente ai parlamenti dei sci paesi aderenti al piano Schuman di ratificare urgentemente il trattato che istituisce la CED. Che. per ga– rantire la soluzione pacifica di tutti i problemi europei in sospeso e per offrire alla Russia valide garanzie di non aggressione - esigenza que– st'ultima che ha cominciato ad esser sentita in molti ambienti -, sia op– portuno per il momento relegare in sccQ11dopiano la CED e imperniare un sistema collettivo di sicurezza sul– la Comunità Politi_ca Europea (CEP), come tempo acld1ctro ha sostenuto lo stesso Spaak e in definitiva ritiene la più parte dei socialdemocratici europei (si pensi a Mollet e al suo recente intervento al Consiglio di Strasburgo), il Con!(rcsso non ha mo– strato di crt·derci. Esso piuttosto· ha prdcrito far sua l'opinione clt-1r~n- cellicre Adenauer secondo cui ogni iniziativa di pace verso l'URSS non dovrebbe in nessun caso prcgiudicàre la CED. Perché la CED non rap– presenta, nell'opinione del Congresso deH'Aja, la ricostituzione di un eser– cito tedesco e quindi un pericolo per la sicurezza comune, ma soltanto l'in– tegrazione in una for,m europea al servizio della pace dei contingenti tedeschi indispensabili alla comune difesa. Quanto alla Comunità Politica Europea, sui problemi della quale il Comitato promotore del 2° Congresso si era riproposto di richiamare l'at– tenzione dell'opinione pubblica, gli europeisti convenuti ali' Aja non han– no potuto non constatare con disap– punto che i ministri degli esteri dei sei paesi interessati, via via che si riuniscono per esaminare la questio– ne (a Baden Baden in agosto e a Rorna in settembre), manifestano sem– pre pili chiaramente l'intrnzione di portar le cose in lungo senza--prender mai una decisione impegnativa, e la volontà di togliere alla costituenda Comunità ogni carattere di autorità sovranazionale. Di fronte a siffatta situazione. il Congresso, mentre ha proposto che la preparazione del trat– tato sulla CEP sia affidata congiun– tamente alle organizzazioni europee già create a questo scopo, e cioè al Consiglio dei Ministri nazionali e alla non ancora disciolta Assemblea ad hoc, ha solcnnementr invitato quest'ultima a riunirsi di nuovo se i governi non raccoglieranno il suo appello e a prendere quelle decisioni che essa riterrà necessarie per affron– tare la situazione. È questa, forse, la decisione pili importante di tutto il Congresso. perché la ricon,·ocazionr con intenti polemici dcli' Assemblea ad hoc po– trebbe significare il definitivo rigetto da parte degli europeisti di ogni invito alla prudenza C' ad una mag– giore considerazione per le difficoltà in cui si dibattono i governi. Ma, per non perdere il senso della realtà, bisognerà pur dire che l'Assemblea ad hoc, per la sua composizione e i suoi poteri, non sembra destinata comunque ad assume-re le funzioni di Costituente europea. D'altronde al Congresso dcli' Aja si è annacquato e non poco il vino federalista e ciò dovrebbe facilitare un'intesa con i governi del piano Schuman. Gli europeisti infatti, adot– tando all'unanimità la risoluzione preparata dalla Sezione per le Istitu– zioni europee, si sono dichiarati pie– namente soddisfatti del progetto di Comunità Politica elaborato a suo tempo dall'Assemblea ad hoc e ne hanno propugnato raccoglimento, nonostante che sia risaputo come con questo progetto non si potrà dar vita ad un autentico Stato federale euro– peo, soprattutto per la presenza e i poteri di quel Consiglio elci Ministri degli Stati partecipanti alla Comuni– tà che, secondo il progetto, avrà il compito. pil1 distruttore che rallen– tatore, di decidere sulla opportunità di tutte le iniziativC che il parlamento o il governo europeo prenderanno. Sul piano economico infine, il Congresso dcli' Aja, adottando sem– pre all'unanimità le risoluzioni elabo– rate dalla Sezione prr il mercato co– mune, ha riaffermato la necessità di costituire in Europa un mercato co– mune entro il quale le merci, le per– sone l' i capitali possano circolare liberamente; ma ha fatto chiaramen– te capire cli essere contrario alle pro– poste avanzate dal governo olandese e dal governo belga secondo cui l'in– tegrazione economica dovrebbe pre– cedere quella politica. Il Congresso non si è lasciato sfuggire l'occasione per ribadire che gli europeisti non mirano a creare un rcgimr economi– e-o autarchico nell'arca dei sci paesi della Piccola Europa, ma intendono invece che' la futura Comunità Po– litica cooperi strettamente sia con i propri territori d'oltremare che con tutte le altre nazioni del Consiglio d'Europa, con il Commonwealth e gli Stati Uniti. Nessuna menzione · della Russia e dcc;li altri mercati ori(•ntali.
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