Nuova Repubblica - anno I - n. 21 - 5 novembre 1953

NUOVA tlEPUllBLICA IL SERVIZIO CIVILE INTERNAZIONALE UNPONTE E UNA SCUOLA • in N EL maggio scorso, là RAI trasmise, nell'o,-fl della gio1•e11- 11ì, la conversazione di un gruppo di giovani appartenenti alla branca italiana del Ser1•izio Ci- 1·ile /111er11azio11ale. Essi parlarono del loro lavoro, assolutamente nuovo per il pubblico, italiano, lavoro volon– tario, cui sono ammessi uomini e don– ne di tutti i paesi, di tutte le confes– sioni, di tutte le tendenze polit1d'1e, di– sposti a prestarsi per opere di interesse colleuivo, con il solo scopo di aiutare i gruppi sociali più bisognosi, nel tenta– tivo di dissipare i malintesi che sepa– rano i popoli e di favorire una schietta solidarietà umana. Naturalmente, nella voce di questi giovani, anziche echi bal– danzosi e nazionalistici, vibrava uno schietto desiderio di pace, uno spirito conciliante e civile. La cosa non piacque al quotidiano // Tempo di Roma, il quale dedicò alla trasmissione e ai gio– vani un acido Fo,-,11ictlio 1 in cui, con lo spirito e lo stile familiari al giornale «indipendente», si criticava l'attitudi– ne da « obbiettori di coscienza » dei giovani stessi, « nel momento in cui il Governo Italiano rivolge tutte le pro– prie cure al riarmo difensivo della Na– zione e vuole giustamente curare i sen– timenti di amor patrio che respingono come blasfema l'obiezione di co– scienza ». Rispose al Tempo un giovane del Serr•izioCir•ile J111en/flzio11ale 1 ~piegan– do meglio gli scopi e i principi statu– tari dell'associazione, - troppo lontani dalla mentalità del redattore del For- 1111r"io perché questi potesse inten– derli. I giovani del Ser1,izio Cfrile I111enM– zio11ale volevano, alla radio, informare gli ascoltatori di quanto avevano fatto, in molti paesi, per rimanere fedeli alla « nuova idea» sorta nel t9t8, dopo gli orrori della prima guerra mondiale, da un giovane ingegnere svizzero, figlio di un presidente della repubblica Elve– tica, Pierre Ceresole. Egli riunì intorno a sé un gruppo di amici che come lui desideravano rendere concreta nei fatti la parola p,,re, troppo spesso declamata Calabria con arida retorica. Questo piccolo grup– po cominciò con l'offrire le braccia e il cervello alla popolazione Ji /:.,ne,, piccolo paese nei pressi di Verd1111 1 rnso al suolo dalla furia bellica. Mal– grado la buona volontà, si trattava di un aiuto minimo di fronte alle necessità, tuttavia fu come il segno di un volon– tariato civile che vide ben presto in– grossare le sue file. el 1928 ben 710 « civilisti )> si recarono nel principato del Liech1em1ei11, danneggiato dalle inondazioni del Reno, e più tardi, nel 1930, a Lt,g"rde, dove il fiume Tam era straripato. L'eco di queste splendide imprese, in cui l'entusiasmo raàdoppia– va le energie fisiche. dilagava intanto per il mondo. L'India di Gandhi ac– colse con gioia il gruppo guidato da Pierre C<:resole, il quale si pose a fian– co dei contadini del Bihar distrutto dal terremoto, per collaborare all'opera di ricostruzione. Fu da allora un continuo form:usi di campi di lavoro, dal la f'ran– cia alla Grecia, dalla Svezia all'Afri– ca e il Serrizio Citiile /111erm1:1011ale ebbe un suo volto preciso nei mille volti dei volontari di tatti i paesi, che credevano nella forza del la solidarietà umana. Nel 1945 Pierre Ceresole m01ì, ma la sua scomparsa fu come un tt-stamento morale cui i suoi seguaci obbcciirono intensificando l'opera e riscaldando la fede. Oggi il S.C.I. è organizzato in do– dici branche nazionali: Svizzera,. Fran• eia, Jnghilterra, Paesi Bassi, Norvegia, Belgio, Saar. Italia, Germania, Austria, Danimarca, Algeria, che fanno capo ad una segreteria internazionale, con sede a Parigi. In Italia si dovettero vmcere molte prevenzioni per questa « ~trana >> opera di bene. Non sorprende il fatto, se si pensa a qu8nti adoperano in casa nostra, come slogans abituali, il « chi te lo fa fare» " « pensa alla salute». Tuttavia, mar:i mano che una !>lrada ve• niva accomodata, si costruiva una casa o on ponte, molti pregiudizi c..adevano, per la forza effettiva che po,s;edono i fatti, per la loro ,nuda eloquenza. Nata dopo l'ultimo conflitto, ia branca italiana òel S.C.J. presieduta d, Guido Colucci, magistrato e direttore del:a Sezione i11i110,-e1111i lrt111ia1i del Mini– siero di Grazia e Gi11J1izia, ha già una sua lunga storia, scritta in ventidue campi di lavoro organizzati in varie provincie, per venire in aiuto drlle lo– è?lità maggiormente devastate dalla guerra e attraverso, l'opera di centinaia di volontari italiani che hanno parte• cipato a campi di lavoro all'e;tero. Ma la storia più bella è quella di Dio11isi 1 una povera borgata calabrese di 2500 abitanti che, nel luglio dello scorso anno, vide arrivare un gruppo di persone sconosciute, fra cui erano molti stranieri. C'erano fra loro alcune donne semplici e graziose, una addirittura in pantaloni. Alzal'ono delle tende, prepa– rarono delle cucine da campo, sca,·arono una fossa e la recinsero di cann<:, per nascondere misteriosi strumenti d1 la– voro. Certo erano delle spie. Ma a servizio di chi? Della Russia o del– i' America? L'indomani la strana gente (intanto erano stati avvertiti il :)indaco, il parroco, i carabinieri) si portò nelle vicinanze del torrente che passa fra Siderno e Dionisi e cominciò ad innai– zare dei pilastri, dopo aver fatto un grosso impasto di cemento. Si seppe così che si trattava di volontari del Servizio civile i111er11azio11ale ch vole– vano costruire un ponte sul luogo àove l'anno scorso l'alluvione aveva portato via la passerella Ji legno. La difliJenza non cessò così presto. I buoni cittadini non potevano credtre che gli .itranieri avrebbero lavorato gratuitamente e SO· spettavano che, alla fine, avrebl>Cro p1 e– sentato il conto. Furono soprattutto le donne a rompere il ghiaccio, lt biave assistenti sociali che andavano 2 Dio– nisi casa per casa a curare i bdmbini, ad aiutare i vecchi, a dare consigli, medicine, quaderni di scuola, :-:ccetta– vano un grappolo d"uva o un pezzo di pane nero, parlando affettuo~amente con le povere donne abbrutite dalla fatica e dai troppi parti. I Ì 30 novem– bre '52, in cinque mesi, il ponte Pier– re Ceresole veniva compiuto e inaugu• rato alla presenza delle autorità, della popolazione finalmente conquistata t 3 I LACRISI DELMEZZOGIORNO I PARTITI, NON CLIENTEL D a qualche tempo si fa un gran parlare del Sud. S'incèociano le diverse voci ed opir:iioni, si par– la di rinascita, di evoluzione dei lie– viti riformatori, che nel Sud sono ri– masti per secoli assopiti, di rottura dell'immobilism()> econofu~co e politico che ne ha caratterizzato la vita, di scuotimento dell'insensibilità morale della sua gente. Si è speculato da ogni parte e con tutti i mezzi, per sporchi fini elettoralistici, sulla miseria, più ancora morale' che materiale, del Sud: dai clericali della Cassa. del Mezzogior– no e degli Enti di riforma agraria ai sanfedisti di Lauro agli stessi comunisti: tutti si sono trovati alla fine col fango sino al collo. Chi ritorna nel Sud dopo qualche tempo trova che tutto è da fare, che niente è stato fatto, o che, peggio an– cora, quel poco che è stato fatto ha aggravato di più la situazione. Per sanare la piaga purulenta ci vo– gliono ferri roventi e si deve bruciare la carne viva; i pannicelli caldi, a lungo andare, non fanno che irritare il paziente, anche se momentaneamen– te possono servire a procacciare voti. La responsabilità è di tutti i par– titi, senza distinzione alcuna. Bisogna rompere e distruggere il circolo vizioso della clientela, « creare » i partiti CO· me tali, cioè come organizzazioni po• litiche delle forze economiche operanti. La restaurazione dei vecchi circoli san• fedisti e fascisti, sancita dalle recenti elezioni non è un fatto nuovo, come potrebbe sembrare a chi del Sud non conoscesse l'ambiente economico e le tradizioni politiche. Di nuovo c'è stata solo una conver• sione di voti dal centro alle due estre– rge, che significa manifestazione di sfi– ducia al governo del partito di mag– gioranza, c'è stato il trasferimento di quei circoli dalla Democrazia Cristia– na ai partiti dell ·estrema destra, con la conseguente reazione delle forze più amica. Era il ponte della solidarietà, il ponte della fratellanza umana, li 9 marzo di quest'anno, un altro gruppo di volontari italiani e stranieri è tor– nato a Dionisi per compiervi un· opera ancora più bella: la costruzione di un edificio scolastico, perché la borgata ne è priva e le lezioni si svolgono in aule di fortuna. I 300 bambini di Dionisi, abituati ad imparare in bassi privi di luce ·e di finestre, avranno così una vera scuola, nitida, bianca e spaziosa, così come hanno la fortuna di avere - quando ce l'hanno - i bambini delle città. Un amico del Sert1izio Civile lnter- 11aziouale, l'ing. Adriano Olivetti, ha affidato il progetto della scuola all'ing. Federico Gorio ed il lavoro è stato ini– ziato, dopo che tutte le approvazioni dei tecnici e delle autorità furono con– cesse. Il lavoro si è rivelato molto duro per gente non av\ 1 ezza a fatiche mate• riali : fra i volontari ci sono medici, avv.ocati, sociologi, giornalisti, universi• tari, impiegati e solo qualche bracciante ed operaio. I bambini di Dionisi, ora che hanno capito quel che fanno i nuovi amici, vogliono collaborare all'impresa e si litigano per dare un colpo di piccone, per trasportare una carriola di terra. Vogliono anch'essi costruire la loro scuola. Non hanno più paura delle in– fermiere che vengono a casa per curare i loro occhi sofferenti, le ginocchia gon– fie, l"attacco di malaria e si accorgono che, da quando la « strana gente» è arrivata in Calabria, tutto va meglio per loro. Se ne ricorderanno anche domani, sedendo sui banchi di scuola comodi e razionali, traversando il ponte sul tor– rente e terranno a mente il nome un po· difficile di chi aveva inteso così bene il concetto di patria, il nome del– l'ingegnere svizzero Pierre Ceresole. ANNA flAROFALO sane, che, in mancanza di meglio, han– no dato i loro suffragi all'estrema si– nistra. 1'·fa quei circoli e quegli uomi– ni avevano operato prima all'interno del partito di maggioranza, dove s'era– no trovati a loro agio, rinsanguandosi e reinserendosi nello Stato, persistendo all'interno e fuori di quel partito le · condizioni obbiettive per una loro ri– presa, D'altra parte questo processo di ra– dicalizzazione agli estremi della lotta politica dimostra chiaramente che le istanze morali, localmente espresse dai partiti minori, hanno scarso effetto sul• le masse, quando non si traducano in azione pratica. I « minori » non han• no saputo assolvere, in questo senso, alla loro funzione: su di )pro pote– vano convergere quei voti che, nati in certi settori dell'opinione pubblica da un fort_e senso di insofferenza per lo strapotere della Democrazia Cristiana, sono andati a finire alle due estreme, se fossero esistiti come partiti politici e se in campo nazionale avessero svolto una politica coraggiosa e coerente. La loro scomparsa quasi totale dalla sce– na politica meridionale va accettata come una realtà di cui debbono indi– viduarsi le origini e le cause: è forse l'unico dato nuovo emerso i]alle ele– zioni, e dovrebbe servire a far riflet– tere i responsabHi politici laici e de• mocratici del nostro paese sulla neces• sità di fondare i partiti nel Mezzogior– no. Si convincano costoro che l'effi– cienza dei partiti~è condizione indispen• sabile perché si possa por mano a quei problemi che da decenni aspettano una soluzione e perché qualsiasi tentativo cli riforme non cada nel ridicolo, su• scitando la reazione dei danneggiati e dei beneficiati, costringendo a far mac– china indietro il partito o i p3rtiti che di quelle rifcJtme si son fatti promo– tori. Non è senza significato, a tale ri– guardo, resempio dei deputati cala– bresi che provocarono la crisi del– l"Ente Sila e quello dei tanti deputati meridionali che, prec:t:dentementt: eltt– ti nelle liste democristiane, si sono presentati nelle scorse elezioni a bat– tagliare per la monarchia di Lauro, intravedendo nelle posizioni centriste della Democrazia Cristiana e nei suoi atteggiamenti pseudo-riformistici un se– gno lampante del suo declino. In real– tà il declino della Democrazia Cristia– na è incominciato nel Sud da quando Lauro ha messo in crisi le clientele da essa arruolate, presentandosi come l'uo– mo di domani, il solo capace di met– tere a ragione De Gasperi e il suo cocciuto e insensato « ciellenismo ». Speculando sui sentimenti primordiali della povera gente e facendo della cor– ruzione elettorale la sua principale ar– ma di lotta, il comandante avanza oggi sicuro e indisturbato, in una terra che, p vera di tradizioni risorgimentali, non ha conosciuto neppure i fermenti del– la lotta di liberazione. I ricchi vedono in lui il salvatore, i poveri l'uomo che, avendo creato dal • nulla una ricchezza, è perciò il più ido– neo a reggere le sorti del nostro paese, i notabili il futuro capo di governo, da cui si potranno ottenere appoggi e favori. J missini che, non avendo conosciuto i principi a cui si sono ispirati i fon– datori della Repubblica di Salò, non sanno disgiungere il monarchismo dal ,ecchio fascismo, lo considerano il lo• ro capo ideale, mentre j comunisti ve– dono in lui il loro migliore alleato, e vanno occupando il terreno che egli accuratamente gli prepara, imitati in questo dai socialisti nenniani, che ar• rancano faticosamente dietro di loro e con loro si confondono, non senten– do neppure la necessità di sventolare la bandiera dell'alternativa socialista (del resto non ne ricaverebbero nulla). In un ambiente moralmente e ideolo– gicamente così insensibile, è cosa tut• t'altro che facile ristabilire l'equilibrio delle forze: occorre l'opera di una classe dirigente nuova, che abbia idee e obbiettivi ben chiari, e bisogna met– tere mano innanzi tutto alla costruzio– ne dei partiti. E un lavoro ingrato e duro, che dovrebbe trovare insieme tutti i democratici di buona volontà, perché solo lavorando insieme si può riuscire. Si tratta di sah·are il Mezzogiorno. e con esso la democrazia in Italia. N~Ll,0 Flll'OrCIIIAICO

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