Nuova Repubblica - anno I - n. 19 - 5 ottobre 1953
Dirigenti (Congresso sovietici nell'ottobre 1962 del Partito Comunista russo) talistici, - hanno prodotto l'attuale crisi. Mentre nell'U.R.S .. lo sviluppo forzato dell'industria pesante e la col– lettivizzazione dell'agricoltura avevano la loro origine in ragioni obbiettive profonde del l'economia, della società, dello stato, quantunque, in astratto, si fosse potuto auspicare un altro indi– rizzo, quello della preminenza d~l be– nessere agricolo, erano naturalmente più potenti gli impulsi nella direzione che perciò stesso si prescelse), sicché il rafforzamento spietato della pre-esisten– te dittatura comunista, la sua metamor– fosi totalitaria, ne fu solo una con– seguenza, nell'Europa c entro-orientale.il desiderio di imporre, data la rivalità con l'America che si sviluppa pericolo– samente, dittature comuniste totalitarie, sul corpo delle « democrazie popolari » che dapprima si erano dichiarate « nuo– ve », cioè sinceramente, liberamente emocr,tid-r , d,be-come-rirnftatofim– posizione ùi una politica economica modellata sul primo ultra-ambizioso pia. no quinquennale staliniano. Verosimilmente non soltanto il nuo– vo presidente del consiglio ungherese, ma gli stessi successori di Stalin si rendono conto ormai che gli insuccessi attualmente rivelatisi sono dovuti al– l"impostazione artificiosamente decretata a partire dal 1947-48. Dal momento che sembrano disposti a sacrificare il co– munismo nella Germania Orientale, possono lasciare che i paesi danubiani facciano altresì macchinaindietro? Nes– suno è addentro nelle deliberazioni se– grete dei consessi supremi che prendo– no le decisioni valide per il mondo co– munista. Si può ricordare soltanto che esiste dappertutto un limite per l'even– tuale inversione dell'orientamento eco– nomico di industrializzazione semi-au– tarchica, finora prevalso. L, sua aboli– zione potrebbe provocare fenomeni durevoli di disoccupazione di massa, ove questi paesi non avessero poi i mezzi di sostituire agli investimenti artificiosi investimenti più naturali, che richiedono maggiori importazioni dal– l'estero. Occorrerebbe che la Russia po– tesse fornire, nel caso di vero cambia– mento della politica economica delle « democrazie popolari », prestiti rilevan– ti oppure che la distensione internazio– nale rendesse possibili prestiti dall'Oc– cidente non condizionati all'abolizione dello stesso regime politico comunista, nei paesi in questione. Quest'ultima possibilità dipende dal– la prevalenza degli elementi di pace e di progresso sociale nell'Occidente eu– ropeo. Oltre a quella rooseveltiana, Stalin sciupò, o meglio ignorò, anche un'altra carta: quella della possibile vittoria delle sinistre democratiche in Jnghilterra, in Francia, in Italia, in Germania. Per eccesso di scettica spre– giudicatezza. non credette né alla réalt:ì ré all'utilif~ delle implicazioni demo- G cratiche internazionali del laburismo e della Resistenza; le considerò, a guerra finita, come utopie equivoche, se non pericolose per lo stato di cose, che esi– steva in Russia e che il governo russo si riservava il diritto di estendere ai territori venuti a dipendere da esso. Probabilmente, per Stalin, Zdanov ave– va avuto ragione nel denunciare le pericolose contraddizioni dell'alleanza con la socialdemocrazia nei fronti popo– lari prebellici. Che la Resistenza potesse generare forme di sviluppo politico as– sai più aperte di quelle dei precedenti fronti popolari, questo a Stalin non deve essere apparso. Poteva ammettere che essa sboccasse nella dittatura rivoluzio– naria comunista, come in Cina o in Jugoslavia e Bulgaria, credeva forse che potesse altresì essere il veicolo di ulte– riori compromessi con la parte delle classi dominanti suscettibile di senti– menti anti-americani, dettati da conser– vatorismo tradizionalista o da nazio– nalismo. Dell'impossibilità di una ef– fettiva democrazia sociale di sinistra in paesi borghesi, Zdanov non dovette tar– dare a convincerlo, ammesso che avesse mai bisogno di esserne convinto. 11 laburismo inglese gli parve poi troppo legato alrAmerica. Come che sia del passato, oggi 1 nuovi capi dell'U.R.S.S. dovrebbero avere estremo interesse ad un:t situa– zione internazionale di democrazia e di pace, in mancanza della quale senti– ranno il peso della pressione :imerica– na fattasi potentissima, alla cui dire– zione non si trova più un grande sol– dato desideroso cli pace dopo la vit– toria comune, come il generale Marshall che soltanto la follia di Zdanov poteva tacciare di guerrafondaio - ma un gruppo di politicanti che ardono dal desiderio di poter mandare allo sba– raglio i soldati, nella « crociata ideo– logica ». In queste condizioni, che al– cuni accenni fatti qua e là da qualche capo comunista indicano come non più del tutto ignorate da Mosca, l'eventua– le politica sovietica di distensione, in– terna e internazionale, può avere suc– cesso soltanto se si decide a sollecitare, e se riesce a sollecitare, la comprensio– ne e la fiducia degli elementi di de– mocrazia e di socialismo, non soltanto nella Gran Bretagna nella quale sono certamente più forti. non soltanto nei paesi dell'Asia che hanno recentemen– te conquistato l'indipendenza, ma anche nei paesi occidentali del nostro con– tinente. Perché, malgrado tutto, gli Stati Uniti non potranno farsi aggres– sivi, se i loro alleati, che con il mon– do comunista confinano, si convertono alla fede nella coesistenza e coopera– zione pacifica dei due mondi. Ma tale conversione non avrà luogo, né nell'Eu– ropa occidentale né altrove, se la Russia stessa non proverà di essersi a sua volta convertita, NUOVA REPUBBLICA OBIETTIVI SOCIALISTI (Continuazione dalla t• pay.) vero, dimostra che per una seria lotta contro la miseria e la disoccupazione non c'è più bisogno - allo stato attua– le delle cose - di partire da posizioni d'avanguardia come il New Deal roo– seveltiano o il socia!Ìsmo scandinavo e britannico. Da sogno di pionieri, questa lotta sta diventando un problema di normale buona amministrazione. Come un tempo l'istruzione elementare gratui• ta e obbligatoria pareva un sogno di pionieri ed appare oggi cosa affatto normale, persino nd paesi più arre– trati, così stiamo oggi entrando in una fase della storia in cui l'esistenza di miserie così orrende come quelle del nostro paese si rivela incompatibile con un minimo livello di civiltà e di nor– malità amministrativa. Prova ne è che pe{Sino la più spieta– ta delle borghesie europee, cioè quella sovietica, dà segno d'intuire questa esi– genza. E dal piano staliniano dell'at– tesa della catastrofe storica a breve sca– denza, sembra abbia voglia ormai di passare a quello della politica del be– nessere. La morte di Stalin. ultimo epigono della generazione rivoluzionaria del 1917, l'armistizio in Corea e la rivolta nella Germania orientale sono tre volti di una stessa realtà storica. La borghe– sia sovietica, sorta all'ombra della dit– tatura staliniana e dei piani quinquen– nali, aveva scansato sino ad ieri l'urto colle classi a lei subordinate, grazie non solo al terrore fisico, ma altresì alla po– derosa trasformazione economica da lei realizzata nell'U.R.S.S. e successivamen– te attraverso le conquiste della Il guer– ra mondiale. Espansione economica ed espansione territoriale implicavano in– fatti una così rapida espansione nume– rica della classe dirigente da consentire l'inserzione pacifica in essa degli ele– menti più attivi e dinamici (e quindi potenzialmente più peri colo.si) delle clas– si subordinate. li vecchio Stalin, con– vinto delle profezie dei sacri testi, in– tendeva continuare su questa via, con– tando su nuovi ingrandimenti territo– riali a breve scadenza e quindi antepo– ueva logicament,: i ::t.nnoni ~ I rurr()1 col solito metodo dei dittatori-profeti. La nuova generazione di governanti so– vietici, forse ammonita da segni preoc– cupanti, di cui la rivolta operaia nella Germania orientale potrebbe essere stata niente altro che una manifestazione par– ticolarmente acuta, sembra rinunziare a quel tentativo di trasferire la lotta di classe dal piano interno al piano in– ternazionale, che costituisce la tentazio– ne ricorrente di ogni dittatura, ed ac– corgersi, viceversa, dell'ii:r1minente_ ap– prossimarsi del punto d1 saturazLOne, cioè del momento in cui né l'espan– sione imperialistica, né quella delle in– dustrie pesanti e guerresche « stalinia– ne » sarà più sufficiente ad accogliere il rigurgito delle classi inferiori. E quindi, pure seguitando a costruire p~r ovvie ragioni di sicurezza, le propne bombe atomiche, si preoccupa meno di scatenare la rivoluzione fra i Niam Niam o nella Costarica, e più di la– vorare ad una nuova espansione del– l"apparato economico sovietico, nella di– rezione dei prodotti di consumo popo– lare e quindi del welfare. Non c'è nulla di fatale nella storia e quindi può darsi benissimo che domani la bor– ghesia sovietica si;. assalita daccapo da un ritorno di fiamma «stalinista», o che il suo ew Deal finisca in un buco nell'acqua. Comunque, se ha voglia di fare sul serio, U.R.S.S. e Cina sono grandi e miserabili abbastanza per dar– le lavoro per trenta anni almeno. Sarebbe ingenuo pensare che non fanno più la paura degli anni scorsi. Cioè, siamo finalmente arrivati Jl momento in cui si può, positiva– mente, fare della politica democratica e del socialismo costruttivo, anziché dei combattimenti disperati per tenersi in vita e continuare a respirare. Da quanto è stato detto sinora, è thiaro il tema centrale, su cui deve essere impostata nel prossimo avvenire la lotta politica in Italia: il problema della liberazione degli italiani dalla miseria e dalla disoccupazione. Su questo tema si misureranno insieme le capacità di governo dell'attuale mag– gioranza conservatrice e delle forze di opposizione socialiste. L'una e l'altra hanno il dovere di presentare al paese i propri programmi e le proprie solu– zioni del problema del Welfare, e non illudersi di poterlo evitare, trinceran– dosi dietro una cortina fumogena di frasi generiche. In modo speciale, que– sto compito di prospettare soluzioni se– rie e realizzabili del problema della miseria tocca alle forze socialiste, chè certamente sarebbe vano attendere so– luzione dalle forze conservatrici, per quanto sane e bene intenzionate, senza un costante stimolo da parte di quelle progressiste e proletarie. Ma per fare questo, bisogna che i socialisti per primi sappiano quello che vogliono e come vogliono che ci si arrivi. Allor– ché i laburisti inglesi giunsero al po– tere, avevano in tasca un programma preciso, studiato sino nei particolari, capace di rispondere alle esigenze del momento: non già le pie banalità di cui si sciacquano la bocca i socialisti italiani d'ogni partito. Quale è oggi il primo e più urgen· te compito di Autonomia Socialista' Promuovere la formulazione di un pro– gramma mirante a risolvere il proble– ma della miseria degli italiani, riu– scire ad ottenere la collaborazione nel– la formulazione di tale programma degli uomini migliori di ogni fra– zione organizzativa del socialismo jta– liano, agganciare a tale programma i più larghi strati possibili dell'opinio– ne pubblica e della democrazia non– socialista. Badiamo bene: non abbia– mo bisoi,,o per oia di un programma realizzabile nel 2000. Abbiamo biso– gno di un piano che tenga in piedi e che sia attuabile oggi: quindi anche nei rapporti di forza che esistono oggi in Italia e per conseguenza proponibi– le davanti ad un Parlamento com, quello attuale e ad un governo come quello attuale. Peggio per quel gover– no e per quel Parlamento se non sa– pranno raccoglierlo, chè il paese deci– derà allora chi abbia avuto torto o ra– gione. Smettiamola una buona volta, nei nostri convegni di Autonomia So– cialista, di perdere tempo a discutere quale grado di fiducia ci possano ispi– rare o meno taluni gesti autonomistici 3 del P.S.J. o del P.S.D.I. o taluni at– teggiamenti di Unità Socialista: abbia– mo qualcosa di molto più serio ed ur– gente da fare e senza iattanza possiamo attendere a questo compito con mag– giore libertà di altre formazioni socia– liste costrette ad impegnare la maggior parte delle proprie energie nella tat– tica parlamentare quotidiana. Ma non ci dimentichiamo neppure che la storia non si arresta mai e che perciò la funzione del socialismo non può esaurirsi tutta in questo compito immediato di lotta contro la miseria. Proprio perché la vittoria sulla fame e la disperazione non sono più un so– gno di pionieri, ma un problema di elementare civiltà, che nemmeno un governo conservatore potrebbe più ignorare, un socialismo il quale si contentasse di proporsi questo solo ob– biettivo correrebbe il rischio, a più o meno breve scadenza, di trovarsi nel– la condizioni dei repubblicani dopo la proclamazione della repubblica. Anche in questo senso, l'esempio tedesco sem– bra profondamente ammonitore. Non da ieri, ma da ottanta anni or– mai, la socialdemocrazia tedesca è sta• ta come ipnotizzata dal problema della conquista del benessere per il prole– tariato, al punto di perdere sensibilità per i problemi di altro genere e quin– di di arrivare ad errori così tragici come quello di votare la guerra del 1914, di schiacciare lo spartakismo del 1919 coll'aiuto dell'estrema destra o di lasciarsi sorprendere dall'alluvione na– zista. Non ha capito cioè che il socia– lismo per vincére le forze della con• servazione ha bisogno di avere una sua. concezione dello stato superiore a quel– la dei conservatori; una sua politica estera migliore di quella dei conser– vatori; una sua filosofia etico-politica più alta di quella dei conservatori. Ed all'europeismo di Adenauer, la social– democrazia tedesca di oggi non ha sa– puto contrapporre un migliore euro– peismo, ma solo un mal larvato nazio– nalismo; allo stato conservatore, non ha che molto imperfettamente contrap– posto un anelito libertario~ al cattoli– cesimo od al protestantesimo conser– vatore dei democristiani tedeschi ha cre– duto bastante contrapporre stanche ri– petizioni ideologiche, se non il vuoto spirituale addirittura. Ed ha pagato col– la sconfitta, come era giusto che pa– gasse. · !I socialismo italiano ha bisogno con indilazionabile urgenza di delineare il proprio fronte di combattimento nella battaglia contro la miseria. Ma deve sapere che dietro a questa battaglia preliminare, viene la grande battaglia per la trasformazione strutturale del– l'economia e della società. E questa battaglia non si vince senza avere chia– ri il problema dello stato, il problema dei rapporti internazionali, il problema dei fondamenti etici della società nuo– va. Anche in questo campo, Autono– mia Socialista ha davanti a sé un com– pito di incalcolabile importanza. GIORGIO SPINI l'U.R.S.S. e la sua borghesia possano facilmente rinunziare ad un'arma così redditizia come le agitazioni dei par– titi comunisti nei paesi occidentali. Pe– rò è chiaro altresì che sarà sempre più difficile nel prossimo avvenire giu– stificare colla paura dell'aggressione russa una politica di inerzia sociale. Dieci anni fa non si poteva ancora fa– re della politica democratica perché dovevamo fare la guerra coi fascisti : nel 1946, non si poteva fare, perché prima dovevamo sbarazzarci dal-la mo– narchia; nel 1948, abbiamo dovuto pensare a difenderci dal pericolp di diventare una colonia sovietica; nel 1953, Alcide De Gasperi ci ha fatto perdere altro tempo colla sua minac– cia di salazarismo. Ora, fascismo, co– munismo, degasperismo esistono ancora, chè 11a111ra non facit Jaltus e nessuno ha mai sognato di vederli sparire per un tocco di bacchetta mMica. Però 11problema centrale : la m1sena.
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