Nuova Repubblica - anno I - n. 3 - 5 febbraio 1953

L'ignoranza, nel senso di nulla o scarsa conoscenza dell'alfabeto è lo stato naturale del contadin~ meridionale. Tale situazione è de– terminata non tanto dal numero già notevole di analfabeti puri, quanto dal numero assai più no– tevole di analfabeti di ritorno persone che sono andate a scuola: che hanno fatto la prima, la se– conda, e anche la terza classe, e nel corso degli anni, mancando lo stimolo e la possibilità di ap– plicare quanto appreso, hanno poi dimenticato. Tuttavia, malgrado l'ignoranza e la povertà, il contadino ha un innato senso degli usi civili: ad esempio sa accogliere il forestiero con gentilezza, sa offrire cortese ospitalità nella sua misera casa. E appena sia possibile intavolare una conversazione con lui, si ab– bia cioè la sua fiducia e si com– prenda il dialetto, ecco che tale conversazione è sempre interessan– te, a volte anzi profonda; con semplici mezzi il contadino arri– va a toccare la sostanza delle co– se, e perciò stesso è eloquente. Naturalmente su tutto, si tratti di politica o di agricoltura, della morte o della ricerca del tesoro, su tutto ha idee persona Ii che spesso poco o nulla hanno a che vedere con la realtà; ma ogni pro– blema è stato oggefto di medita– zione, non solo, ogni problema ha un suo posto e un suo ordine in una costruzione logica del pensie– ro, nella quale i frammenti di real– tà e di verità rispetto ai problemi e ai fatti, sono misteriosamente sparsi in un tessuto di elaborate fantasie e di assurde ingenuità. Ed ecco che anche la questione del non saper leggere e scrivere, otto la pinta d1 questa forza me– ditativa e fantastica, diventa stra– ordinariamente profonda e umana. Il non saper leggere e scrivere non è più la mancanza di uno stru– mento della nostra moderna cul– tura, ma il non possesso di una chiave magica che apre la porta di un mondo sconosciuto. Diven– ta uno dei tanti fatti misteriosi che sfuggono alla sua comprensio– ne e alla nostra, fra i quali vivia– mo tutti con tranquilla saggezza: la morte e la vita, le tasse del governo e il meccanismo dell'universo. E l'antico sgomento dell'uomo si unisce al nuovo per i segni e i complicati sistemi creati dall'uomo stesso. Così si determina quel di– stacco, anzi quel contrasto fra il mondo contadino e il mondo mag– giore, di cui ha parlato Carlo Levi. Ma il contrasto fra questi può essere considerato ed essere valido solo sul piano dell'arte; nel– la realtà il contadino cerca di ren– dere il proprio mondo ingenua– mente attuale. Il suo sforzo di ri– cerca e di comprensione della real– taà, è tentativo di armonizzare sé stesso con l'esterno, e cioé tentativo di superare la frattura che lo _di– vide dalle moderne forme di vita. Quello del cotJtadino non è un mondo remoto se l'ana Ifabeta può chiedere come chiede la sera, al Centro: « Come vivono gli altri popoli?». « Perché si muovono le onde del mare? ». « Perché gli uomini hanno fatto le leggi? ». « Come si costruisce un pozzo? ». Astratto di fronte all'ansia di conoscere dell'adulto è, in un certo senso, l'apprenàimento del legge– re e dello scrivere, le conversazio– ni e le discussioni invece su questi argomenti sono concreti. · Guidare questo desiderio di sa– pere verso le forme della cono- oe NUOVA REPUBBLICA Mo11do fantastico degli analfabeti scenza, e al tempo stesso legare l'apprendimento del leggere e del– lo scrivere agli interessi e alla cu– riosità dell'adulto, è compito del « Centro di Cultura Popolare ». Il contadino analfabeta che viene al Centro per ascoltare la lezione Meridionale, avevamo confusamen– te, da buoni professori, la idea di dover insegnare qua(cl1e cosa. Ma poiché avevamo sincero desiderio di lavorare, ci siamo accorti presto che il problema era molto diverso; bisognava imparare. italiani della natura, o su quello dei pen– sieri e della saggezza che vengono dalla riflessione r> dagli anni, ma anche sul piano più tangibile del dare e ricevere materialmente. 2384 giornate lavorative gratuite per la costruzione del loro Centro Contadini al lavoro in un Centro di Cultura Popolare sulla potatura, e la conversazione su un problema di astronomia, op– pure per riparare un arnese di la– voro nel laboratorio, vivendo in questa atmosfera in cui c'è questo scambio vivace di cognizioni e di idee, sente da solo l'esigenza di acquisire lo strumento che gli man– ca, e viene spontaneamente a iscri– versi al Corso Popolare. Abbiamo detto come sia impor– tante per il Centro la collabora– zione di tutti i cittadini che sanno. Ma ancora più importante è we ciascuno abbia al tempo stesso la coscienza di non sapere. Anche l'esperienza più modesta può es– sere valida e utile, se però siamo preparati ad accoglierla e se viene espressa .in un ambiente disposto ad apprezzarla. Nel Centro può essere conside– rato positivo l'apporto del conta– dino non solo sul piano 'della co– noscenza della terra e dei fenomeni hanno dato gli allievi adulti di Rogiano Gravina. A Savoia di Lu– cania hanno costn:ito per i bambini scalzi i piccoli zoccoli di legno. Di fronte a tali fatti siamo lieti di pensare che ancl1e i contadini più poveri hanno trovato nel Cen– tro la volontà e quindi la possibità di essere tanto ricchi da poter do– nare. E quello che è stato fatto da questi uomini affaticati è sta– to fatto per tutti noi. La realtà di questo lavoro è dura. Solo coloro che conoscono questi paesi possono rendersi conto 7 delle condizioni in cui il lavoro si svolge. Che cosa sia lavorare ogni sera nelle aule o nelle stanze prese in affitto d::ll'Unione, affol– late fino all'inverosimile, alla fioca luce della Società Elettrica Meri– dionale. Tutti, maestri, allievi, con– ferenzieri, tecnici, dopo una giorna– ta di lavoro. 1:, impossibile dire che cosa sia la lotta contro il sonno, la stan– chezza, e quale sacrificio affrontano ogni sera gli allievi adulti che vengono al Centro. Ma ogni sera, quando si apre il Centro, è come una processione. Alcuni vengono dalla campagna e devono percorrere chilometri e chi– lometri di strada. E stanno in due o in tre per banco, o seduti sul davanzale delle finestre, o ancora in piedi per tutto il tempo. E c'è sempre quello che è così stanco cl,e appena riesce a sedersi si addor– menta. Ma vengono. Vengono per– ché sentono che è il loro Centro. E il Centro rimane aperto tutto l'anno, anche nel periodo dei gran– di lavori della campagna. Sono stati gli stessi frequentatori a chieder– lo. D'estate, durante la mietitura si presentano alle nove, alle d.ieci di sera, e malgrado la stanchezza si trattengono a lungo. Quando il Centro chiude le sue porte già si ode per le strade il rumore dei primi carri che portano gli uomini al lavoro nei campi lontani. In un questionario fatto riempi– re, nel I 948, da,~li allievi dei Cor– si Popolari - organizzati nel Mez– zogiorno dall'Unione Nazionale per la Lotta contro I' Analfabeti– smo - c'era, tra le altre, questa domanda : « Che cosa vorresti che la scuola facesse per te alla fine del Corso?». Alcuni allievi rispo– sero: « Che mi desse un libro»; altri : « Che mi facesse andare a Bari a vedere il mare »; altri an– cora : « Che mi facesse andare a Torino per vedere la Fiat ». Uno scrisse, e doveva essere un po' go– loso : « Vorrei mi desse la ciocco– lata ». Ma la stragrande maggio– ranza degli allie, i riSfi>OSe: « Vor– rei che la scuola non mi abbando– nasse »; oppure : « Vorrei che la scuola non chiudesse »; o ancora, con ingenua poe~ia: « Vorrei sen– ti re ancora la voce del maestro ». • fu allora deciso dall'Unione di creare i Centri di Cultura Popo– lare. ANNA LORENz•ino Perché allora anche l'acquisizio– ne del leggere e dello scrivere rientra nelle sue giuste proporzioni e prospettive di strumento del sa– pere umano,' strumento la cui con– quista, frutto di paziente applica– zione e non miracolo, è un atto naturale ed indispensabile del– l'uomo moderno. Il contadino meridionale avendo, come ha, una disposizione natu– rale alla meditazione, e mancando dello strumento del leggere e dello scrivere, il problema più delicato è che la vivacità intellettuale e la forza meditativa non vengano attenuate a contatto dei nostri po– veri sillabari e delle prime inadatte letture. E ancora il problema più importante è quello di mantenere il più possibile integra la fiducia di queste persone adulte che ven– gono ai Centri, di non offendere la loro suscettibilità come, mi sia permesso di dire, tanto facilmente possiamo fare tutti noi che sappia– mo di lettere con una nostra pe– santezza intellettualistica, con un nostro linguaggio le cui formule e frasi fatte ci allontanano sempre di più dalla semplicità e dal signi– ficato delle cose. J11r- ' ' G I R A·RR OSTO ~1ftt1Rta - . ' Se vogliamo essere onesti, dob– biamo dire che quando abbiamo iniziato questo lavoro nell'Italia Ter3a pagina T1·,111nnviJiJa 11/ficialee uno JCtUJ– dalo, 1,-a 1111 colJ,o di stato e 1111a111a– ni/es1"zio11e /1opo!t1re, si è i,uinuato d" q11"/rhe iempo il bi1ogno di di– JC11/ere JJdlr, Terza pagina, JJdla criii della Terza pagina, 111ciò che è Jlala e donebbe o potrebbe e11erela Terz" pagina. Pensiamo che la morte di 1111 Bo,-ge1e e di 1m · Pancrazi 1ù1 J/(lfa, per molti, lo stimolo a gellt1re 11110 sg11m·do re1,-01pet1ivo, a JegJMl,1re 11 11odi" e linee di 111i/11J,po, influui e funzioni reali o ipotetiche. Certo 11011 diremmo che ne sia venuto fuori, per ora, 1111 discor10 chiaro e decisi,,o, ma d'a/Jra parte 110111arebbe 11emme110 pouibile, dal 1110111e1110 che la 1101trt1 cu/Jura è i11 realtà 1111accum11lazio11e torbidf1 e anarchica di culture, rifra11- ge11tevizi organici e co11tmdizio11i del– la 1ocietà italianfl e delle 111ecla11i do111i11a11ti. Si t1ggi1111ga che l'imp11lso al ri1111011fll11e11to, quando 11011 sia 1111a ennesima 11elleità rico11d11cibilea ui– stallizzate, ma te11aciui111e pre1e11ze,11·t1e oggi ispirazione da 1111a prt1gma11s11ca di /Jartito che 11011 riesce fl suggerirci 11110 sbocco vitale. Ma il diJco.-JO ci porterebbe /0111,1110 e u1rebbe perciò inJOJteuibile in questa 1ede. A ogni modo, per la Terza pa– gina, ci J,ar or1 1 io che la tripar1tzio11e in elzevfro (o 1101 1 ella di 1111autore di grido), articolo di 11iaggie 1 1 arietà c11/t11rale 11011 abbia più luogo (I eii– stere come 1111 tempo, ma si vada so– stituendosi e debba euere Jostituita da impostazioni di diversa natura, col– lega/" all" f1111zio11e e al tipo di gio1·- 11aleche accoglie, app,11110, la Terza. E 111e11tre è da deplorarli /'i11i:111·ia tipog,·afica e linguistica, 111e11tre è da riconoscere come seguo di rma mali11- tesa ,, popo!t1rit?l 1 il rosicchiame11to operato da oroJcopi, dfl 11otiziole che andrebbero in 1eco11da e i11 quarta, e, /,eggio, da fotogmfie ,emi-erotiche d'oltre oceano (curiosa la loro rico– reute presenza in ta/11111 giornali di parte co1111111i!ta, magari contempom– neamente alla uitica nei riguardi del– la prod11zio11e "em1it•a'' di Hollywood e ad appelli per /'educazione del g11110 degli 1pe11a1or1), gi,111e e 11ece11arie sono invece /'i11/ormazio11e,la doc11- 111e11tazio11e, !t discussioue JII forme e Jlt'11menti1111ovi di lolla e, iu defini– tiv,,, di c11/111ra: ,ma sruola contro l'analfabetismo, uu centro profilalluo, 1111 co111111e11tario di medicma o di psi– cologia 10ciale e a1pe11i della ci11e- 111atografifl e della rtldio nella ,,ita co11- tem/JOrfmet1. i.A terzt1 pagÙM do1 1 rebbe essere 1111 ripensamento della cronaca e perciò aprir1i a 1111a molteplicità di voci, m1ziché rimasticare formule e imbalsamare feticci. Abbiamo accemMIOa 1111 legame fra /(, terza pagina cou la f 1111zio11e e il tipo di giomale che la accoglie. Ciò 11at11ral111e11te 1011significa, per 11oi, la necessità di 1111a chi11s11ra entro le cancellale di iuteressi partitici, ma sem– nlfli la garanzia di 1111a propria funzio– nalità nel q11adrodi 1111t1 diffe,-enzia– zione di f!1•01pe11i,,e (dicit11110 />ro1pe1- 1i,,e e non miti, fanta1ie 1 t11rlupina- 111,-e). IC CUCIDliRE

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