Nuova Repubblica - anno I - n. 3 - 5 febbraio 1953

' Z ENONE Benini dirigeva il « Pigno- ne» dall'epoca iascista. Nel 1842 sua famiglia aveva fondato la so– cietà - una fonderia e uno stabilimento meccanico d'importanza nazionale-, lo– gico perciò che Zenone ne pervenisse automaticamente alla presidenza. S noto come in Jtalia siffatti « dirigenti » economici possano nutrire concrete am– bizioni politiche, perciò Benini fu il maggior esponente della politica fa. scista in Albania quando il governo di Mussolini pensò di imporsi « ma– nu militari» a questo infelice popolo. In Albania l'amministrazione Benini operò vigorosamente. Celebri furono le ricerche petrolifere in quelle zone, infruttuose ai fini della scoperta del prezioso liquido, mo giustificate dagli impianti di scavatrici e trivelle, che non potendo pescare petrolio albanese, ne aspiravano da botti predisposte a qualche metro sot<O iI terreno per mezzo di una pompa a mano mano– vrata da un vecchio squadrista di R,:– venna. Dopo il fascismo Benini riprese ad occuparsi del <<Pignone>>, prima m sordina, come consigliavano i tempi, poi più apertamentt, finché nel J 950 poté essere promosso :-.mministratore de– legato dell'Azienda. Nel frattempo la magsioranza del pacchetto azionario era passata dalla famiglia Benini al grup– po Snia•Viscosa e la nuova ammtnistr3• zione del « Pignone » non era staia del tutto convincente. Dopo una ser– rata del 1948, nel '50 la direzione del « Pignone» tentò di licenzi,ire due– gentottanta operai. Uno sciopero di ottantatré giorni costrinse i dirigenti a ridurre tale cifra a duegentotto li– cenziamenti e produsse una crisi nel consiglio di :imministrazione, per cui Benini rientrò al suo posto di co– mando. Benini, eletto amministratore delegato, espose subito i c;uoi piani per l'amministrazione dell'azienda che, secondo la sua tesi, doveva incremen• tare il numero dei suoi dipendenti, passando da 1800 a 2500 unità lavo– rative. J salari sarebUero dovuti aumen• tare progressivamente e Benini stabilì (he l'(< optjmun >> poteva essere rag• giunto quando i tempi avrebbero con– cesso di triplicare il ,·alore delle mer– <edi. Queste prospettive non lasciaro– no insensibili i dipendenti e Ii' resero pieni di speranze per il futuro. l l « Pignone » produce macchine tes– sili, compressori e motocompressori, impianti di frazionamento dell'aria, motori Diesel 1 macchine olearie, ma• teriali di carpenteria, ponti mobili, tutta una gamma di prodotti mecca– nici che rendono l'azienda immune da pericoli di mutamenti di congiuntu– ra. Se un settore pr0<luttivo della so– cietà si può trovare in crisi per ca• renza di assorbimento è prevista un'im• mediata compensazione in altri settori. L'esportazione è considerevole, l'Ame– rica del Sud, il Sud-Africa e molte nazioni europee assorbono buona par• te della produzione. Le prospettive a lunga scadenza son quelle di un'azien– da in sviluppo, sana, con maestranze eccellenti, sperimentate dalla pratica di un lungo lavoro. li punto debole dell'azienda è co– stituito dai macc_hinari. Durante il fa. scismo la politica autarchica e l'inutile sforzo bellico del paese, permette– vano al «Pignone» di prosperare con un lavoro· per conto dei ministeri mili. tari. Se gli incassi del materiale bel– lico, mine navali in specie, consegna• to alle forze armate, non. erano suffi. cienti per i bisogni organici dell'im– presa, la cosa non destava preoccupa• zioni : la finanza fascista non avrebbe mai permesso crisi in settori destinati ad equipaggiare gli « otto milioni di baionette». Jnutile quindi ogni ricerca di diminuzione dei costi produttivi at- NUOVA REPUBBLICA INCHIESTE E DOCIJHENTI L'«OPERAZIONE BENI I» al complesso 'delPignone Per non sapere affrontare le vere ragioni della crisi, si licenziano le maestranze traverso nuovi macchinari e sistemi di lavorazione diversi. Dopo la guerra le condizioni nelle quali il « Pignone » si trovò ad ope– rare erano capovolte. Le comode com– messe del generale Favagrossa non esi– stevano più: bisognava operare a prezzi di mercato internazionale. Le cifre riflettono la situazione. Po– nendo a 100 i costi produttivi del 1948 l'indice saliva a 14I nel 1950 e a 159 alla fine del '52. J miracoli non sono possibili in economia. Finché J'azienda non rinnoverà radicalmente gli impianti non vi potranno essere speranze per un miglioramento effet– tivo. A nulla valevano, anzi appesan– tivano la situazione, acquisti a prezzo di rottame di macchinario vecchio e scadente proveniente dalla società An– saldo. grava pericolosamente. Ma non basta~ in aggiunta alla richiesta di esoneri, la direzione ho proposto una serie di provvedimenti che riguardano gli ope– rai rimasti. JI « premio di produzio• ne» (tremilatrecento mensili per ogni dipendente) dovrà vemre abolito; egual. mente abolita la nfra di quindici lire l'ora per gli opera, che fanno il tur– no di notte insieme al contributo per il « lavoro disagiato», corrisposto fi. nora ai lavoratori che operavano in ambienti resi mefitin da gas o vapori velenosi (otto-dodici lire l'ora); anche la modesta percentuale che l'azienda ac– cantonava dal 1946 per i vecchi lavo– ratori non verrebbe più corrisposta. A questo « assalto alla busta-paga » si aggiunge l'« assalto alla mensa»: è annunziato che i prezzi delle consu• mazioni della mensa aziendale saranno sottoposti a tangibili maru;iorazioni. La commissione interna ha richiesto di discutere, insieme con la direzione, tutta la situazione dell'azienda: la di- 3 rezione ha rifiutato. La commissione allora ha richiesto che ai sospesi fosse corrisposta una minestra: rifiutato. In• fine si è richiesto di trasportare fuori dell'azienda i viveri per la mensa dei sospesi; pagati dai dipendenti, con i mezzi dell'azienda stessa: rifiutato an– che questo. Per ragioni di prestigio, si è detto. Intanto centinaia di lavoratori si ag– girano davanti ai cancelli dello stabi– limento, •ignari del loro destino, de– pressi, ansiosi. Per essi il futuro di• pende da molte cose che superano la semplice amministrazione del « Pigno– ne ». Questa rimane un caso esem• piare: una società controflata da un grande gruppo finanziario, la Soia-Vi– scosa, che preferisce investire i propfl guadagni in imprese speculative, maga– ri all'estero, piuttosto che risanare l'or– ganizzazione di un'azienda da lei fi. nanziata. I risultati sociali ed econo• miei di tale modo di condurre i mag– giori apparati produttivi del paese non possono essere che nefasti. La economia capitalistica porta con sé i germi della catastrofe quando chiu– de il mercato, corrompe i governi, ope• ra nel campo della speculazione pur, e semplice. Fra le prospettive di Ze– none Benini e i risultati della sua amministrazione sono rintracciabili tut• ti i vizi dell'economia e della finanza italiana. Solo un risanamento delle strutture più profonde può portare conseguenze concrete in tutti i settori della produzione nazionale. PAOl,0 l'AVOLINI Al termine dell'ultimo bilancio, il consiglio d'amministrazione dell'azien– da scriveva nella sua relazione: « L'e• sercizio 1951 è stato caratterizzato da un notevole aumento della produzio– ne e rappresenta un valido indice de). la maggior produttività dell'azienda». Le ragioni che inducevano all'ottimismo si giustificano con i provvedimenti che i dirigenti hanno cercato di attuare a brevissima scadenza. CRONACHE DELLE LIBER'l. 1 À I'l. 1 ALIANE li cinque gennaio '53, la direzione ha prospettato il iicenziamento di tre– cento operai (ridoth poi a duecento– quarantadue per probabili pressioni pre– fetti,ie) e di un centinaio di impiegati, aggiungendo a que,te cifre l'allonta– namento dall'aziend.1 di altri cinquan– ta dipendenti per raggiunti limiti di età. J dipendenti, dei quali è previsto il licenziamento, sono stati sospesi. on potendo ridurre i costi con l'impiego di nuove macchine la direzione del « Pignone » tenta di rimedi:tre a una carenza org:tnizzativa sostanziale, ridu• cendo l'impiego di mano d'opera e cercando di sfruttare « forzosamente » i restanti lavoratori. :B evidente che simile piano di amministrazione non può risolvere nulh. La gente viene licenziata sforzandosi di conseguire, con un ritmo più celere e faticoso, i resultati che si dovrebbero ottenere con impianti migliori. L'esperienza in• segna che questi sistemi non servono: si•creano spirali tragiche, si tappano buchi momentanei, ma i problemi re• stano tali e quali per l'azienda men– tre la condizione dei dipendenti si ag- UN MANIFESTO • vietato dal Questore Il Comitato dil't!ltit:o dell'Unio11e Na:io• 1wle di Ri,1oscila llepubblica110, rt!unte• mente costituitosi ;,, Roma. per roggruppart! i repubblicani disside,lli, oi:t:vo deliberato di an111rnriare al paese la costill4:ione del ,\fot'imento con 1m manifesto programma• tico, nel quale, fra l'altro, fosse ribaditn. la decisa o/Jposi:ione del gruppo allo l11gge eft>tlorale allora in discussione alla Camera, Il manifesto fu redailo do/JO lunghe ron• sulta:io,1i tra gli a,tlici del Comitato ed altri nponenti dd J\1ovimento: lahla era la puouupa:ion" di distinguere la loro oppo• si:io11e alla legge da 11uelle dei /a.scisti, dei mo11arc/aici 1 dei comunisti. i\fa la Q.1u• st,ua di lloma 1 in dota 24 gen11aio negò il permesso di a//issio,1e. Fu ava11:alo ricorso .rnbito alla Procura della Repllbblica, la (Jllale, i,i dala 27 ge,inaio, co,1/ermò il deliberato della Q.uutura. A1otivo: « Il m'ani/esto era tale da turbare l'ordine Jwb– blico •· Data la motiva:ione del divieto, /allo proprio dalla Afagi.stralura, riteniamo utile riportare il IUio del manifesto, il rni ca• ratiere dinamilal'do è a chiunque evide11te. Cittadi11i, Il tentativo di seppellire la pro– porzionale, facendo approvare dal Parlamento una legge anti-democra– tica con il pretesto di voler consoli– dare la democrazia, ha suscitato in tutto il Paese un profondo senso di rivolta morale. Né ciò può recar meraviglia: per– ché, cosi come è concepita, questa legge, non solo non rafforza la de– mocrazia, ma offre ai partiti totali– tari e ai monarchici validi argomenti per screditare la Repubblica demo– cratica ed apre la via alla revisione della Costituzione. Voi non vi lascerete ingannare dallo stesso giuoco che, trent'anni fa, aprl la strada alla dittatura fasci– sta. Ammaestrati da quell'amara esperienza, voi sapete che la demo– crazia non si difende con colpi di forza, ma nel rispetto delle sue for– me, ncll'attuaZionc dei suoi istituti. Voi sapete che il sistema con il qua– le essa si esercita non può essere mo- dificato o rovesciato secondo rintc– resse di chi governa. Ma è bene dire fin d'ora che la escogitazione di questa legge non è che uno dei tanti aspetti - sebbe– ne il pili vistoso e illuminante - del processo involutivo di tutta la vita nazionale. La C-ostituzione, sempre pilt gra– vemente insidiata cd elusa, resta do– po cinque anni dalla sua promulga– zione, lettera morta,, Gli istituti da ·essa previsti, che avrebbero dovuto dare alla Repubblica un contenuto concreto, sono ancora di là da ve– nire. li nome stesso della Repub– blica risuona di rado e soltanto per necessità burocratiche sulla bocca degli uomini che stanno al Governo. Cittadi11i, La situazione della Repubblica è critica. Un fitto intrico di organi– smi parassitari dissecca le fonti e ostruisce i canali della vita econo– mica del paese di cui i vecchi ceti dirigenti tengono ancora in mano le leve pii, importanti. Le riforme so– ciali sono respinte ogni giorno più nel limbo delle irrealizzabili uto– pie; la vita della nazione è ancora regolata dalle stesse leggi e, talora dagli stessi uomini che, attraverso la dittatura e la guerra, ci condusse– ro alla spaventosa catastrofe daila quale, dopo tanti anni di fatiche e di sofferenze, non ci siamo ancora del tutto risollevati. Cittadini, E' questa la situazione che l'Umo– ne di Rinascita Repubblicana - co– stituita in Roma il 7 dicembre da repubblicani venuti da ogni parte d'Italia - intende denunciare lii Paese. Gli uomini che l'hanno co– stituita allo scopo di riprendere con essa quell'azione politica che il P.R.I. più non esercita, sono profondamen– te convinti che, per elimin"1"e le cause di questa situazione, non ser– vono i trucchi elettorali, gli intrighi parlamentari, le intese aperte o clan– destine fra i dirigenti dei partiti più preoccupati delle loro personali for- di Roma tune politiche che degli interessi ve– ri della Nazione. Sono altresl convinti che la -par– ie migliore del popolo italiano, de– lusa e rattristata dall'indecoroso spet– tacolo dei patteggiamenti, delle tran– sazioni, delle rinuncie, degli appe– titi, dei voltafaccia da cui è car,lt• terizzata l'attuale vita· politica n:,– zionale, attende una parola onesta, ferma, disinteressata per riacquista– re la sua fiducia nelle istituzioni d"· mocratiche e ritrovare nel tempo stesso, la forza di difenderle wmro le coperte insidie e l'aperta vic1en.ta. I punti fondamentali che l'Unione fissa a se stessa e indica a tutti gli italiani sono i seguenti: I) - Difesa della Repubblica daila pressante minaccia dei monar– chici e dei totalitari d'ogni co– lore e contro le mire della De– mocrazia Cristiana che rivela– no in maniera sempre più preoc– cupante il loro carattere di de– cisa involuzione in senso con– servatore e clericale; 2) - Lotta contro il malcostume politico e amministrativo; 3) - Lotta per l'attuazione det!c I i– forme sociali repubblicane de– stinate a sottrarre ai vecchi ce– ti le leve dell'economia e a trasferirle nelle mano del i:o– polo lavoratore; 4) - Lotta per una rapida attu.– zione degli istituti previsti dal– la Costituzione e per le aulouc– p,ie regionali e comunah; 5) - Difesa delle libertà civili, pc.li– tiche e sindacali; 6) - Lotta per la semplificazior.e dei servizi dello Stato e per l'el'– minazione di tutti gli orga"lismi parassitari e burocratici re.s1dua– ti del fascismo; 7) Difesa della proporzionale pura nelle elezioni politiche; 8) - Assoluta autonomia dell'Uniù– ne da tutte quelle formazic,ni , politiche che non si ispirino al– le idealità democratiche !aic11e repubblicane. lt, COMITATO DIRETTIVO

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