Nuova Repubblica - anno I - n. 1 - 5 gennaio 1953

• oLcorre per la nomina del Presidente della Repubblica; al– l'articolo 138, delle maggioranze richieste per le revisioni costituzionali. Ma tutto questo è già stato detto, cd in maniera più ap– profondita di quello che oggi io .non voglia fare. Quello che bisogna ancora dire, onorevoli colleghi, e che aggra– va il rilievo, è che la incostituzionalità di questa legge non è un fenomeno isolato; è un anello di una catena di vio– lazioni o di inadempienze costih1zionali in cui ci aggiriamo tutti da cinque anni. E- amaro doverlo dire alla chiusura di questo primo quinquennio costituzionale, quando cia– scuno di noi fa il bilancio del lavoro compiuto, e il pro– prio esame di coscienza di deputato. La Costituzione, in que– sti cinque anni, non solo non è stata rispettata, ma non è stata. compiuta. In cinque anni, non abbiamo voluto, o non abbiamo saputo, fare il nostro dovere, che era un compito di onore affidatoci dalla Costituente: il compito di render compiuta, di far vivere in ogni sua parte la Costituzione. Noi siamo tutti quanti, e me ne addoloro profondamente, in stato di inadempienza; noi ci troviamo di fronte alla Costih1zione addirittura in istato di cessazione di paga• mento. Ed il più grave è che la nostra inadempienza ri– guarda proprio quegli istituti costituzionali che dovevano servire a garantire il rispetto della Costituzione, ad impe– dirne le violazioni insidiose o le revisioni dissimulate sotto la forma di leggi ordinarie. · Manca la Corte costituzionale, manca il re/ere11d11m. Ieri, nel suo discorso, l'onorevole Saragat riconobbe che fra tutti gli arg11menti portati, durante la discussione sulla pregiudi– ziale costituzionale, dall'onorevole Nenni, almeno uno ap• pariva giusto: cioè il rammarico che una nuova legge elet– torale, che qualcuno dubita sovvertitrice della Costituzione, sia portata in discussione quan_do manca ancora l'unico or• gano che potrebbe risolvere questo dubbio, cioè la Corte _costituzionale. Ma l'onorevole Saragat si consolava dichia– rando di aver fiducia che in questo scorcio di legislatura la legge destinata a regolare la Corte costituzionale sarebbe sta– ta approvata. Ohimè! l'onorevole Saragat non sapeva che proprio ieri, forse proprio mentre egli parlava, la Commis– sione speciale nominata per esaminare il disegno di legge sulla Corte costituzionale che da cinque anni si trascina in un andirivieni tra la Camera e il Senato, era adunata per discutere quel disegno di legge finalmente tornato qui con un saggio emendamento introdotto dal Senato per conser• vare al Presidente della Repubblica una sua intangi!Me pre- • rogativa; e non sapeva, l'onorevole Saragat, che proprio in quel momento la Commissione per la seconda volta re– spingeva gli emendamenti del Senato e così proponeva di rimandare il disegno di legge ali' altro ramo del Parlamento : e in questo tira e molla si continuerà finché non si arrivi alle elezioni senza che la legge sia approvata! (V iviJJimi r1ppla11si ,dl'estl'emr1siniJtra - Commen/1). Ora proprio in questo momento di carenza costituzionale, quando mancano gli organi per controllare se la Costitu• zione sia violata o no, si propone questa legge, che nessuno potrà denunciare come anticostituzionale all'organo di con– trollo che ancora non c'è. Si profitta dell'occasione per far passare sotto veste di legge ordinaria una legge che in realtà cambia tutto l'orientamento della Costituzione. E non si nasconde che l'attuale maggioranza, che in questa legi– slatura non ha portato a compimento, come doveva, la Co– stituzione, si riserva nella prossima legislatura di modificarla prima di completarla. Siccome si ha intenzione di modifi– carla, è inutile (si pensa da quella parte) perder tempo a farla nascere: e proprio questa legge elettorale dovrà ser– "ire a far sì che questa maggioranza, che in questa legi– latura non è riuscita a far nascere perfetta la Costitu• zione, possa nella prossima legislatura. rimaner maggioranza per riuscire a modificarla, travisarla e sopprimerla: per compiere, insomma, meglio che un infanticidio, una spe• cie di procurato aborto costituzionale_. Offesa alla correttezza politica Ma, soprattutto, quello che a mio parere rimane ferito da questa legge non è tanto la lettera della Costituzione, che è terreno dei giuristi, quanto la correttezza, la sensi– bilità costituzionale, che è terreno dei governanti e degli uomini politici. E proprio questo senso di correttezza CO· stituzionale e di sensibilità, che è mess~ in gioco da questa legge: non è il sistema in sé, è il momento, è la contin– genza, le circostanze che acco!,_11pagnano la presentazione di questa legge, alla vigilia delle elezioni, con questi calcoli, con questa contabilità preelettorale. Onorevoli colleghi, io ho avuto la grande e mesta ven– tura di parlare con Vittorio Emanuele Orlando pochi gior• ni prima della sua morte, in occasione del-l'ultima causa ·che egli ha difeso in Cassazione, il 19 novembre; e quan– do si uscì da quell'udienza, nella quale egli aveva parlato con quella miracolosa vigoria giovanile che ci dava• la spe.– ranza di vederlo raggiungere il secolo, il discorso cadde sulla riforma elettorale; ed egli ci annunciò che al Senato egli avrebbe parlato contro la legge, per dimostrare che non è corretto costituzionalmente presentare un progetto di q,1esta fatta alla vigilia dtlle elezioni, al preciso srnpo di far rimanere a.I potere il governo che fa le elezioni. UOVA REPUBBLICA A questo sommo maestro di costume parlamentare domandai aJ-lora se il variare la legge elettorale alla vigilia delle de– zioni fosse contrario a qualche regola giuridica, scritta nel nostro diritto o in quello di qualche paese democratico. Mi rispose di no, che una precisa norma scritta non c'è; ma, aggiunse vivacemente, son quelle norme di costume costituzionale che i governanti debbono sentire da sé col loro senso politico : anche se non si tratta di illegalità, si tratta di qualcosa di peggio, cioè di scorrettezza! La stessa r-isposta fu data qualche mese fa a Firenze da un deputato laburista del gmppo di Bevan, il signor Cross. man. Gli fu domandato da nostri amici se in Inghiterra sarebbe stata tollerata la presentazione alla vigilia delle elezioni di una legge elettorale simile a quella presentata dal governo italiano. Rispose che in Inghilterra per fare una riforma del sistema elettorale si riterrebbe indispensabile porre questo problema nel programma elettorale, in modo che gli elettori potessero esprimere anche su· questo punto la loro volontà : solo se gli elettori avessero dato la mag– gioranza al partito sostenitore della riforma, ques o avreb• be potuto, salendo al governo, presentarla alla discussione della nuova Camera. Giudizi dati sui pericoli di questa legge da osservatori stranieri e imparziali sono stati riferiti già da altri oratori : come quello del Times, l'organo conservatore, il quale ha ammonito che leggi come questa rischiano di ricadere sulla testa di chi le• ha inventate. All'estremo opposto, il foglio bevanista Trib11ne, ha pubblicato il 7 novembre un edito• riale sulla riforma elettorale italiana, che cominciava con questa frase: « Colpo grave e forse fatale è q~ello in– flitto alla democrazia in Italia; e coloro che hanno inflitto la ferita sono gli stessi democratici». Questo editoriale, forse scritto dallo stesso Bevan, si intitola: « Karakiri della democrazia italiana ». La bilancia alterata Quello che più ha fatto scandalo è il momento politico in cui questa legge è stata presentata. Anche per i proporzio– nalisti come sono io, il premio di maggioranza in certi casi potrebbe anche essere preso in considerazione come espediente tecnico considerato in sé, proposto in periodo non sospetto: quello che qui ci turba è soprattutto il mo– mento ed il modo della presentazione : « il modo ancor m'offende »: Questa legge fatta su misura per quel partito o per quell'altro, questo prendere le misure della nuova Camera, come quando si va a visitare un appartamento nuovo col metro in mano, per vedere se ci si può ricollo– care tutta la vecchia mobilia di famiglia, dal vecchio casset– tone alla solita consolle e al solito comodino. (Appla11si ali'estrema sinistra). -~ \ - ' ----- , I• ,_ E che per questi calcoli si scomodino anche le formule algebriche, e che di tutto questo si contratti pubblicamente e che se ne discuta in Parlamento, - tutto questo non ha nulla a che vedere con la correttezza costituzionale, tutto questo _abbassa il livello del Parlamento e dà a noi, anche a quelli che non lo vogliono confessare, e più dà al paese un senso di umiliazione e di disagio. Questa legge viola un principio che è proprio dello stato di diritto, il principio che vieta le leggi ad hominem, le leggi che devono essere generali ed astratte, non fatte per far piacere al signor Tizio o al signor Caio. Una legge elettorale non si fa per far piacere a questo o a quel partito; si fa perchè gli elettori esprimano liberamente la loro opi– nione, perché giudichino se quella maggioranza è degna di restare maggioranza, se quello che ha fatto la rende me– ritevole, in base alle stesse regole con cui è stata eletta, in base agli stessi criteri di giudizio con cui gli elettori l'han– no giudicata all'inizio della legislatura, di ottenere una nuova elezione. La legge elettorale è w10 strumento per mjsurare, per pesare, è una bilancia; e non si può cambiare unità di peso un mome11to prima cli procedere alla pesatura. Supponiamo, onorevoli colleghi, che io voglia acquistare una bilancia: 7 vo da un fabbncante e che cosa gli chiedo? Semplicemente, candidamente, di darmi una bilancia che pesi giusto. E invece, no. Io vo da un fabbricante di bilance e gli dico: - Vede) Ho questo sacchetto di noci che, in confidenza, (a lei lo posso dire) pesa cento grammi. Ecco: lei deve aver la cortesia di fabbricarmi una bilancia che, quando io ci metto questo sacchetto che pesa 100 grammi, me lo faccia pesare un chilogrammo... - Questo linguaggio in termini giuridici come si chian1e– rebbe? Non ve lo voglio dire; ciè un articolo apposito nel nostro codice, l'articolo 472: nel linguaggio elettorale, si chiama premio di maggioranza. (Vivi applausi ali'estrema sinistra e ali'estrema desll'a). Eppure, onorevoli colleghi, noi, cioè io e quei sette col– leghi a nome dei qual f vi parlo (e parlo anche per loro non per essere più degno di loro, ma perché non si dica che, parlando tutti e otto, vogliamo anche noi fare del• l'ostruzionismo), noi avremmo anche accettato, per disciplina, il premio di maggioranza quando avesse ri~posto _acerti re: c1uisiti per i quali si può anche deflettere, 111 certi momenti di grave pericolo politico, all'intransigenza proporziona• lista. · Il premio di minoranza Secondo noi, il premio di maggioranza si può come tcm• poraneo espediente giustificare quando vi sia un partito omogeneo, il quale abbia_ un programma . preciJo_ da realizzare, e che attraverso 11 sistema proporzionale nesca ad ottenere la maggioranza assoluta, cioè il cinquantuno per cento dei voti. Se un partito è omogeneo, se ha un programma preciso da realizzare, riuscirà a rea_Jizzarlo, Sl_!n– za bisogno di premio, anche con questo margme numenco di maggioranza: ciò è accaduto in Francia in altri tempi, è accaduto in Inghilterra coi laburisti. E tuttavia, in casi come questo, per dare alla maggioranza legittimamente rag– giunta la possibilità di governare con tranquillità ed agio 6enza il continuo assillo del voto contrario, può essere giu– stificato ricorrere al premio di maggioranza. ( Commenti al centro e a desti·a). Una voce al ce/111'0. E allora? CALAMANDREI. Lasciatemi dire, lasciatemi dire!· In tal caso la maggioranza avrebbe diritto di governare perché, attraverso la proporzionale, è già maggioranza assoluta. Il premio di maggioranza le si dà perché eserciti meglio un diritto di governare che ht1 già. MONTERISI. Come l'attuale. CALAMANDREI. Lasciatemi dire! Qui, la democrazia cristiana, quella alla quale il premio di maggioranza do– vrebbe giovare nelle prossime elezioni, è certo che da sé sola, col soio criterio proporzionale, con le proprie forze, coi propri voti, la maggioranza assoluta del 51 per cento dei voti non potrebbe raggiungerla. Su questo credo che siamo tutti d'accordo. Qui la democrazia cristiana, da sé sola ·considerata, le condizioni per potere aspirare al pre– mio di maggioranza non le raggiungerebbe di certo. In con• seguenza, se si considera la democrazia cristiana isolata dai partiti minori, il premio di maggioranza diventa per essa in realtà. un premio di minoranza, un premio con– sistente nel dar modo di governare come maggioranza ad un partito che sa di essere minoranza. (Commenti al centro e a destra). Invece ecco che col sistema oggi escogitato del prem,io di maggioranza, combinato all'imparentamento, la de– mocrazia cristiana, che colla proporzionale riuscirà ad avere (non mi intendo molto di queste alchimie) il 35 per· cento o il 40 per cento dei voti, otterrà ugualmente il premjo di maggioranza come se colla proporzionale fosse riuscita a raggiungere da sé il 51 per cento dei voti. Ed ecc6 che cosl anche la funzione del premio di maggioranza viene traviata e sovvertita. Una coalizione senza programma Senonché, mi si obietta, qui la democrazia cristiana non è isolata: qui c'è la coalizione. I tre partiti minori, coaliz– zati con la democrazia cristiana, raggiungeranno (si spera) con criterio proporzionale il 51 per cento. E allora, rag• giunto questo· requisito, il margine funzionale per far go• vernare la coalizione sarà un premio legittimo, perché dato alla coalizione che avrà raggiunto con criterio proporzio– nale la maggioranza assoluta. E chi potrà governare tran• quillamente, valendosi del premio di maggioranza, non sarà -la sola democrazia cristiana, ma sarà la coalizione. Ma, io mi domando, la democrazia cristiana per governa• re avrà proprio bisogno dei partiti minori? Secondo i cal– coli fatti da chi s'intende di queste alchimie, parrebbe di no. Ecco il nostro dubbio, ecco le nostre perplessità. Se il premio di maggioranza sarà di 385 o anche di 380, è sicuro, dicono gli esperti, che la democrazia cristiana rag• giungerà da sé sola con questo congegno la maggioranza assoluta, cioè il 51 per cento dei deputati della nuova Ca– mera. Dllnque, per governare, non avrà bisogno dei partiti minori. Essi saranno soltanto sgabelli d1e le serviranno per montare a cavallo; poi, una volta a cavallo, tirer¼ avanti per conto suo, governerà con chi vorrà e come vorrà, -I

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