Nuova Repubblica - anno I - n. 1 - 5 gennaio 1953

UOVA REPUBIH.ff: A 3 ]-INCHIESTE E DOCUJlfENTI , __ L'ENTE FUCINO È evidente per mille manifestazioni che l' Ente non concepisce nemmeno la possibilità di avere dei collaboratori: esso vede dei nemici in tutti coloro che non si adattano a servire, o per lo meno a tacere. I caratteri e le vicende del Fu– cino, che comprende i 14.000 ettari dell'ex latifondo Torlo– nia, sono ormai noti. Tuttavia è un argomento che resta sempre di attualità. Non che qui accadano continuamente cose sensazionali : al contrario, quello che succede è il campione e lo specchio di quello che va succedendo nelle zone di riforma agraria. no la possibilità di avere dei col– laboratori : esso vede dei nemici in tutti coloro che non si adattano a servire, o pet lo meno a tacere. Di fronte a quc;ti atteggiamenti dell'organo locale della riforma hanno buon giuoco coloro che fin dal principio hanno scelto come posizione politica l'opposizione preconcetta, cioè i comunisti e i missini. Non vi è dubbio che la campagna elettorale sarà imperniata ·ull' Ente Fucino, come fino a ieri lo fu sui Torlonia. Molto più diffi– cile è la posizione dei repubblica– ni, dei liberali e soprattutto elci so– cialdemocratici, i quali finora han– no evitato di attaccare pubblica– mente l'Ente per non danneggiare indirettamente la riforma; col ri– sultato di essere considerati nemi– ci dall'Ente, e di essere calunniati come venduti ali 'Ente da parte dei comunisl:i, dei fascisti e dei demo– cristiani. Questa posizione non po– trà essere mantenuta più a lungo. L"clettorc, a torto o a ragione, non ama le distinzioni sottili, e poiché vede l'Ente e la Democrazia Cri– stiana come una sola anima in due corpi scaricherà il malcontento che cova contro l'Ente sulla Democra– zia Cristiana e su coloro che le sa– ranno a fianco. è difficile fare pre– visioni esatte in tema di elezioni, ma si può rittnc:rc per certo d1<.: -:- mentre il partito di governo po– tra trovare riparo (non sappiamo fino ·a qual punto) sotto il manto del clero, all'ombra degli innume– r~voli _inte~essicostituiti -, i par– t1t1 mmort dovranno subire allo scoperto la gragnola dei colpi con– vergenti da sinistra e da destra senz'altro riparo che le loro illu– sioni. Con ogni probabilità poi due settimane prima delle ele– zioni verrà fuori un duplicato della famosa « Pastorale dei ve– scovi dell"Abruzzo » emanata al- . la vigilia clelle elezioni del '46, con la condanna esplicita di tutti i partiti che non siano il democri– stiano, il monarchico e il fascista. E ancora_una volta i fiancheggiatori dovranno accorgersi di aver lavo– rato per il re di Prussia. TÌHEltlO I lati tecnici della riforma sono abbastanza conosciuti, anche se non quanto si dovrebbe; gli altri sfuggono ai più, o sono guardati con occhio distratto e superficiale. Quanto alle ripercussioni più vi– stose, quelle elettoral~ giungeran– no impreviste ( e non solo nel prossimo futuro, ma più ancora negli anni a venire) a coloro che vedranno abbattersi addosso l' on– data. na locale, i parlamentari democri– stiani e il clero. La reale, enorme potenza degli « addetti » deriva dalla somma di queste attribu– zioni. L'addetto può dare o to– gliere il lavoro, concedere o non concedere un sussidio o un fa– vore a diecine di migliaia di per– sone, favorire o contrastare la car– riera politica degli esponenti locali e l'elezione dei candidati. Centinaia di milioni passano ogni anno per le sue mani, e in gran parte dipen– de da lui che siano spesi in un modo o in un altro. Dire che in tal modo il Fucino sta nelle mani della Democrazia Cristiana, o del clero, è vero e nello stesso tempo è inesatto. L'En– te Fucino ha dei suoi compiti specifici, dei fini propri e so– pEattutto una sua ·volontà di po– tenza che vengono spesso a con– trastare con quelli della Democra– zia Cristiana e del clero. Si tratta di contrasti in famiglia, ovattati dalla convergenza dei comuni in– teressi, e raramente affiorano da– vanti all'opinione pubblica. Tutta– via, trattandosi di organismi ten– denzialmente totalitari, il con– trasto è soggettivamente sentito oltre la sua reale portata, ed è fa– cile imbattersi in parroci che la– mentano lo strapotere degli uffici dell'Ente o in democristiani che si indignano sinceramente nel sentir di~e che l'Ente è uno strumento del loro partito. Si può perfino incon– trare qualche democristiano indi– gnato per la metodica infiltrazione dei fascisti nell'Ente Fucino; feno– meno giunto a tal punto che qual– che missino va in giro con aria canzonatoria, consigliando a chi cerca lavoro di buttar via la tesse– ra della D.C. per prendere quella del suo partito. Anche a chi vive sul luogo riesce difficile comprende– re i motivi e il meccanismo di que– ste infiltrazioni. La spiegazione più semplice sembra da cercare nella solidarietà che quasi dappertutto in Italia lega taluni ambienti demo– cristiani ai gruppi fascisti, organiz– zati o meno. VENEZUELA MARO La presenza di. novemila af– fittuari su quattordicimila ettari ha reso arduo il compito dei dirigenti, ponendoli di fronte a situazioni ar– ruffate che sono state superate af– fidandosi un po' al tatto, molto al caso e all'improvvisazione, tenen– do come bussola la preferenza ai raccomandati o agli importuni. La nuova situazione dei coltivatori è stata portata a termine in queste ultime settimane, lasciando uno strascico di delusioni e di rancori. Bene o male la ripartizione delle terre è ~tata eseguita, e il compito che adesso attende i dirigenti tec– nici è quello di associare i coltiva– tori nelle cooperative, di fornir loro l'assistenza tecnica e finanziaria, di introdurre più moderni sistemi di cultura, e in genere di attrezzare l'intera zona in modo da poter dare lavoro anche a coloro che non han– no potuto ottenere la terra. Non si può dire oggi se tutti questi com– piti saranno adeguatamente assol– ti dall'Ente Fucino. Dipenderà non solo dalla capacità dei diri– genti ma dalla situazione politica generale. f: più facile, invece, prevedere gli sviluppi politìci della situazione at– tuale. La riforma agraria è nata accentrata e autoritaria. I presidenti degli Enti di riforma sono nomi– nati dal ministro dell'Agricoltura, i consigli di amministrazione sono nominati dai presidenti, i quali scelgono inoltre tutti i funzionari centrali e periferici, tanto quelli tecnici che quelli politici. Abbia– mo detto politici; infatti nei ter– ritori di riforma ogni capoluogo o ogni gruppo di aziende - secondo i casi - ha un « Addetto all'assi– stenza e alla cooperazione » il quale è in realtà un addetto politi– co che riunisce· le attribuzioni del collocatore di mano d'opera impie– gatizia e operaia, del distributore di sussidi, del consulente politi– co presso i funzionari tecnici, del- 1' informatore politico presso gli or– gani centrali, dell'ufficiale di colle– g:unento fra b Democrazia Cristil- Era stato fatto qualche tempo ad– dietro, da parte di socialdemocrati– ci, repubblicani e liberali collegati, il tentativo di istituire un control– lo democratico sulla direzione del– l'Ente Fucino. Venne èhiesta l'isti– tuzione di una commissione consul– tiva ( d'altronde prevista dalla leg– ge Segni) che avrebbe potuto es– sere composta dai rappresentanti locali dei quattro partiti democra– tici. Si trattava di una parvenza di controllo e, in definitiva, di un tentativo di amichevole colla– borazione fra l'Ente e gli abi– tanti della zona. Tuttavia esso venne respinto, apparentemente per l'opposizione · dei democri– stiani, ma in realtà per la · ri– luttanza degli organi dell'Ente. S evidenteper mille manifestazioni che l'Ente non concepiscenemme- L'indirizzo seguito dal governo italiano tende a creare un' emigra– zione di declassati, destinati ali' avventura e alla demoralizzazione, spinti ad essere strumento di crumiraggio ed oggetto di odio. S ULLA nave, tornando dal Ve– nezuela, ebbi occasione di leg– gere, in una delle più diffu– se riviste dell'Italia benpensante, « Oggi », la storia di un i.taliano che emigrato nel Venezuela, aveva in pochi anni accumulato immense (icchezze. Gli italiani che avevo conosciu– to in quel paese, e quelli che erano con me sulla ·nave, e ne tornavano, quasi tutti, malcontenti e delusi, rni avevano detto che quell'episo– dio era vero, ma avevano subito aggiunto che quello era uno dei non molti esempi di successo, di fronte a moltissimi di più o meno completo fallimento. Effettivamente, simili articoli non costituiscono affatto un indizio di successo dell'emigrazione italiana nel Venezuela. Oggi il numero di quanti tornano senza mezzi né spe– ranza è tale che la stampa benpen– sante preferisce non parlarne. Non per niente il mito di un fa– cile successo nell'emigrazione è stato periodicamente ripreso dalle classi dominanti italiane, per tro– vare un diversivo alla pressione del– le masse nei periodi in cui i rap– porti di forza non ne permette– vano l'aperta repressione. Fu nell'età giolittiana che grandi masse di lavoratori italiani si sta– bilirono nel Sud America, special– mente in Brasile e in Argentina, paesi che, per la congiuntura eco– nomica mondiale, attraversavano un periodo di rapido sviluppo. Era naturale che il mito dell'emi– grazione risorgesse dopo il fasci– smo, ed è noto che gli attuali di– rigenti politici dello stato italiano, a cominciare dallo stesso Presiden– te del Consiglio, non hanno man– cato di diffondere sull'argomento le più irresponsabili illusioni. In questi decenni il Sud Ameri– ca si è trasformato non meno pro– fondamente dell'Europa, per pres– sione di forze endogene e per ri– flesso degli sconvolgimenti del mer– cato mondiale. Paesi che era90 so- lo produttori di grano o di caffè si a/facciano ai problemi dell'indu– stria moderna. Potrebbero ancora assorbire molte migliaia di lavora– tori, ma richiedono da essi parti– colari attitudini, e comunque, tran– ne che per ristrettissime minoran– ze, possono offrire loro solo un 1 ivello di vita molto basso. L'emigrazione prefascista era stata prevalentemente un· emigra– zione di contadini poveri. Dopo il fascismo, invece, vi è stata una maggiore partecipazione di operai disoccupati e di elementi del ceto medio. Ma né gli operai potevano accettare come livello di vita normale quello prevalente nel– la maggior parte dei paesi sudame– ricani; anche quando ci si adatta– vano provvisoriamente non per vi– vere ma per sopravvivere; né i lavoratori di origine e mentalità piccolo-borghese potevano essere assorbiti, nella maggior parte dei casi, dall'economia dei paesi di immigrazione. In questi anni la maggior parte cieli'emigrazione italiana, la qua– si totalità di quella rivoltasi al Sud America, si è diretta verso l'Argentina ed il Venezuela, e dopo qualche tempo si è andata prevalen– temente orientando verso quest'ul– timo paese. Ciò è derivato sostanzialmente da due cause: il fatto che ormai il Venezuela sia il solo paese dispo– sto a far entrare lavoratori non qualificati; e l' « illusione moneta– ria » provocata dall'alto livello dei salari nominali, ed in genere dei redditi nominali del Venezuela. Infatti la fortissima produzione di petrolio - 550 milioni di ba– rili nel 1950 - e l'esportazione di esso verso gli Stati Uniti, fanno sl che la moneta del Venezuela ( il bolivar) abbia un fortissimo potere d'acquisto in termini di altre mo– nete, mentre dato l'elevato livello dei prezzi, il potere d'acquisto di questi redditi e il loro significato reale, non è affatto eccezionale. Inoltre la fortissima immigrazio– ne di questi anni - italiana, tede– sca, portoghese e spagnola (so– prattutto dalle Canarie) - ha ag– gravato enormemente J'instabilit:ì dell'occupazione, ed ha congestio– nato quasi tutti i rami del piccolo commercio, in cui si è rifugiJt.1 l'emigrazione di ceto medio. Si è parlato molto delle grandi possibilità di colonizzazione agri– cola ,che quel paese offre. Ma, prima di tutto, non tutti i ter– reni fisicamente coltivabili Io so– no anche economicamente - basta pensare alla difficoltà d~i trasporti - e, inoltre, spesso si tratta di zone di clima quasi insopportabile per gli Europei. Ciò non significa che un'emigrazione agricola, anche numericamente notevole, non sa– rebbe possibile. Occorrerebbe sele– zionarla tecnicamente e moralmrn– te, e perciò non potrebbe rag– giungere quelle cifre che sole so– no prese in considerazione da chi sogna di poter risolvere Jll'estero - con l'imperialismo o con l'emi– grazione - i problemi italiani. Ma ad una emigrazione organiz– zata e consapevole, che nella coe– sione non momentanea desse ai lavoratori senso della responsabi– lità e capacità di sacrificio, come avveniva p. es. nei coraggiosi esperimenti cooperativi del brac– ciantato padano, coloro che de– tengono il potere in Italia han– no mostrato di preferire un'emi– grazione che sia mezzo di diso– rientamento e di divisione dei lavoratori. Mentre in omaggio a un conformismo sanfedista ci si oppone ad ogni limitazione dell'in– cremento demografico, si offre ai lavoratori la via dell'emigrazione come alternativa alla lotta di clas– se. In definitiva, l'indirizzo se– guito dal Governo italiano tende a creare un'emigrazione di declassa– ti, destinati all'avventura e alla de– moralizzazione, spinti ad essere strumento di crumiraggio ed oi:– getto d'odio. URLO MORNETTI •

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