Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà - n.5-6 gen-ago 1945

106_____ _..c•~U~OV~l~Q~U~AJJ~ER=---"'---'DI c ,u~s~T~IZ~l•~E___:::Ll~BF~•~TÀc___ _____ _ .::;cguite da forli detonazioni, si fece udire sulla destra dello sc_hic– ramento in direzione della Testa di 13andia. I tedeschi sta\.ano gn111- g-enclo in quella. località e si assicuravano che la zona fosse libera. I.a mano\·ra, per quanto inaspettata, era evidente. 11giorno seguen- 1c il nemico avrebbe sferrato un attacco decisi,·o, contemporanea– mcn1e dal basso e dall'alto per prendere in una morsa e stritolare le uhime resistenze del vallone. E le ultime resistenze erano quei venti uor.nini che ora, su quella velia desolata, rabbrividivano sotto le sferzate del vento che aumenta\.a di forza ogni momento, quei venti uomini disfatti da due notti di \'Cglia e da quarantotto ore di attesa della propria ora. Eppure bisogna,a restare perchè impegna– re ancora un giorno il nemico significava permettere al grosso del– le bande in crisi di ripiegare con sufficiente libertà di movimento. Bisognava restare nonostante quel senso doloroso di solitudine e di incenezza al quale era difficile sottrarsi. Chi sotto la piccola tenda, chi al riparo di una roccia, si pre– pararono a passare la notte, mentre granelli gelati di nevischio ar– rivavano di sbieco stilla ,·etta. Minuto per minuto, ora per ora, <1uclla notte burrasco~a passò, accompagnata dal mugolìo intermit– tente dei "enti che si scagliavano furiosi contro 1a cima. L'alba sorprese. gli uomini a saltellare sulla neve, in una cu– riosa dan1..a. La tormenta era cessata e la nebbia sgombrava lenta– mente i valloni ritirandosi sulle cime più alte. Banchi densi e com– pani come rocce stagnavano qua e là. 11cielo era sempre plumbeo e grigio. Al sopraggiungere della luce gli uomini si sdraiarono fra le rocce; alcuni sorsi di cognac e l'ansia dell'attesa avevano scac– ciaio il freddo e rinfrancati gli animi. Le ·canne brune delle mi– traglie guardavano fra le feritoie delle rocce ,crso l'imboccatura dd vnllone, gli occhi delle vedette scrutavano lontano sulla neve bianca. Un'impercettibile macchia nera apparve improvvisamente sul Col di Valcavera. Gli alpini 1edeschi scendevano da Col del Mulo. Strisciando, i mitraglieri si accovacciarono , icino alla loro arma. ciascuno degli altri si cercò la propria feritoia e si appiattì sulla roc– cia come per f.:1recorpo con essa. La neve era alta e la marcia della <'Olonna nemica faticosa e lenta. Passò un'ora, intcrminahilc:. Ln colonna giunse all'imbocco del vallone; una pattuglia s: staccò d:1 essa e avanzò circospcua, verso il rifugio alpino che sorgeva ai piedi del Viridio. Poi anclw il grosso della colonna si mosse len– tamente, cautamente fino a giungere sono il tiro delle postazioni. Il comandante ordinò il fooco. Tutte le armi vomitarono il loro pri– mo saluto su quel serpe n~ro che si snodava laggiù nel fondo del vallone. Come per in('nnto la colonna nemica scomparve dietro le rocce, si confuse sui tratti di terreno sgombri di neve. Poi '"enne la risposta, rabbiosa. Con rumore secco, i proiettili s'infrangevano contro la rocria, sibiloxano sinistri sul capo, si conficcavano nrlla neve vicina. Sotto quella gragnuola, gli uomini abbassarono il capo dietro le pietre, per LO auimo. Rialzando gli occhi. videro balzare

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