Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà - n.2-3 lug-ott 1944
- 113 - che meglio si presta •alle colture intensive, e ~ialmente alle col– ture arbo~ee, che sono più adatbe al ,nostro paese, e meg1'io oorri– &ponde al bisogno di occupare nel lavoro del!la tetta il maggiot TI:U:°-€ro possibil,e di bra<:-cia,bisogno derivante diail'eccessiva den– s1ta della nostra popolaziorue in coruronto ai mezzi disponibili. E' )a piccola proprietà coltivatrice, ·infine, che può dare la Il13'.g 1 10r~ stab~tà al nuovo ,equilibrio economico -e politico, e con– solidare il r-eg1m= <lemocratico, interessando alla sua conservazione milioni di lavoratori. No.i ritenilarno che si dovrebbe ricorrer,e a soluziondl diverse da quella -della •creazioilJe di piccole proprietà autonome coltivatrici solo niei casi estremi, quando i lavoratori d'ei campi non fossero in alcun modo prep.anti alla gestione delle aziende agri,coll!, o quando' si dove.:;se ;procedere .a ing,enti lavori di sistemazione di terreni bo– nificati <e a radicali trasformazioni fondiarie per la quotizzazione dei laitifondi,•o quando risulta.soo ilil modo, indubbio la convenienza di mantenere l'unità di aziende molto indus-t,rializzate ,per non di– struggere il capitale in esse investito {ad esempio nelle « m·arcite • lombar-de) o di non rompere l'organizzazione accentrata di alcuni processi di tras:fioomazione -e di conservazione {ad. .,eseanpjo nelle fattorie toscane). M:a:anche in questi casi riteniamo che si dov.r,ebbe cer<:ar,e bai soluzione tenendo sempne in viSta quella ideale della creazione della piccola proprietà coltivatrice acutonoma, d.a rag– glung,ere a più o meno lontana scadenza. 12. - Le ,crritich,e degli economisti rurali. Non possiàmo qui ri~pondere come vorremmo alle critiche che di solito vengono mosse a progetti ,di questo genere, dagli ,econo- . misti rurali, i quali mettono in rHievo ohe la piccola propri€tà. col– tivatrice ha, ·com.e tutte le altre forme. di organizzazione produt– tiva, una iSilll « a-rea di convenienza ieconomica », al. di fuori della! qu,ale non sarebbe socialmente vantaggioso estenderla. Abbiamo già detto eh.e le consideraziom.i di carattere econo• mica dovrebbero passare' in secondo piano in confronto a queUe di caTattene -politico. Ma vogliamo aggiungere che riteniamo com– p1etamente eorato il modo in cui -quasi tutti gli eoonomisti rurali (Serpieri, Brizi, Lorenzoni) impostano il problema, basando i loro gi,udiz:i sui cal•coli dei redditi lordi e dei red<liti netti delle ~erre, in rapporto alle varie forme di organizzazione collettiva (23). (23) Desarivendo quelli dle chiama « i primi sintomi della rivoluzione che creò j fondamenti del modo di produzione capitalistico» nell'ultimo terzo del XV e nei primi vent'anni del XVI secolo, K,aril Marx, a pagg, 213- 214 di Le Capital (traduzione di J. Molitor - vol IV - Le procès de la p-ro- du.ct! °~ d~g1!f;~~~ · f t~~;::), p!<;ri~:;te révolution. Elle n'avait pas en~ -core .atteint ce degré de civilisai."<·n où la richesse nati.onale, c'es.t:-à-dire la formati.on du capitai, l'epcploitath .. :1 sans pìtié et l'appauvrissement de la masse populaire était considérée camme la raison dernière de la sagesse d'Etat. Dans son hisboiire de Henri VII, Bacon écri-t: :•Vers cette époque (1489) on s,e plaignaLt' de ,plus en plus de la tra.nsformat1on des terires culti– vées ~n pàturages, où quelques berges pouvaient suffire à tout; et des fer-
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