Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà - n.1 mag-giu 1944
prire gli animi alla fede, richiamandoli, anzitutto con l'esempio, al– l'ardua ma evidente bellezz,a della intransigenza schietta coerente intrepida; era di accattare la soluzione rivoluzionaria che il fasci– smo aveva con la sua violenza g1ossa e rozza aperto e precipitato. e contro il fiascismo o, se mai fosse stato e a chi possibile, entro il fascismo e dalla sua partie, lottare iapertamente con spiriti e fini rivoluzionari. E non era in Italia, quel che invece era forse in Ger– mania, un'impresa drisperalta. Disperata, s'intende, in quanto a un immediato, se non decisivo successo; che, storicamente-, imprese cosiffatte, per essere doverose, non sono disperate mai. Gentile s'era fatto intermediario tra la cultura italiana e il fa– scismo, e in questo rapporto e su questo piano si poneva per lui il problema della decisione e dell'azione. Ora, la cultura italiana in quegli anni era tutt'altro che intatta e sana: fin dall'anteguerra \Si p~nsi a un Papini) traeva a sè germi e fermenti corrotti; ma la fibre, era quella del Risorgimento, i;-obusta, e linfe nuove erano– confluite e confluivano nel tronco, e una garanzia di ripresa e di sviluppo era il fatto stesso che a brevissima distanza dalla guerra il dannunzianesimo potesse considerarsi ormai pacificamente di– ge5to e 3uperato. Un bilancio poi del ventennio fascista insegna che, per quanto diffuse e gravi ~iano state le complicità e corre– sponsabiUtà anche in questo campo, un'adesione profonda della cultura al fascismo non si ebbe mai, ed anzi da uomini cli cultura non meno che da maestranze operaie fu continuamente affrontata ed alimentata la lotta, affluendo ad essa, anno per anno, e in ra– gione in~rsa dell'inJ'lus;o che l'e;perienza della libertà prefa– scista poteva esercitare su chi ancora ne era stato partecipe, i gio– vani migliori delle università fasciste. Insomma a un Gentile, che per la sua vocazione non mai smentita di filosofo doveva porsi, anzi naturalmente ritro\113. 1 rsi a un specola più alta che i1 teatro deUe passioni e degli interessi contingenti, doveva cioè avvertire immediatam-ente il discrim.ine tra la verità e l'errore, sentire e se– guire la conseguenzialità logica deHe idee e dei fatti, a un Gentil-e– non soltanto non era lecito sottrorsi· alla responsabilità dell'ora storica, che volgeva ormai decisiva per il destino d'Italia e della civiltà stessa, ma a lui in Italia spettava forse più che ad ogni al– tro il dovere di assumere una posizione chiara e chia•rificatrice. Avesse ancP.e risolto la sua compromissione tecnica col farscismo– in una compromissione ideale, come ]'ultime sue manifestazioni politJche e la fine stessa porterebbero a credere: sarebbe stalo un caso forue inintelligibile di conversione mistica all'irrazionale, ma con la sua grandezza ed efficacia di reazione e di stimolo, come è– pur grande e catartico nel suo orrore il fanatismo germanico della guerra attuale. La verità invece è che Gentile non fu nè fascista nè antifascista, ove queste qualifiche s'intendano nel loro proprio· significato rivoluzionario. E 1anto meno in tal senso egli feoe parte per se stesso. Sul punto di dover scegliere, egli vide bene che un'altra via gli era aperta, come ad ogni uomo po.sto al bivio, uria via che a lui in
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