Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà - n.1 mag-giu 1944
- lOf - Interroghi però ciascuno la propria esperienza e si domandi se nella gestione delle iniziative estranee alla propria azienda e genericamente nella scelta degli investimenti per i propri rispar– mi è altrettanto fortunato, possiede altrettanti elementi di orien" tam~nto e si sente altrettanto sicuro, quanto nella direzione des gli affari della sua ditta. Nella stessa deliberazione di addivenfoe a degli immobilizzi di qualche ampiezza sono impliciti elementi di giudizio che rivestono un grado di sicurezza molto miµore. In questo argomento della for,mazione dei capitali non si rono ancora tratte generalmente dagli economisti tutte le nozioni implicite nel concetto di equilibrio economico. In quasi tutte le loro opere sulla teoria della prodUZione voi avvertite a un certo punto un salto: quando studiano il processo di formazione dei ca– pita,li abbandonano l'imprenditore e si portano in un divierso grado di astrazione; nell'aria più rarefatta di uno schema pura– mente indivJdualistico, concependo il risparmio come una diffe– renza fra il reddito guadagnato, diremo così, e il redclito consu– mato. Permane una certa confusione della quale .sono vittima gli econom:istici classici e lo stesso Marx ( « al primo sguardo la ric– chezza borghese apare come una mostruosa congerie di ·merci e la merce singola sembra cootituire l'essere elementare » ... ). Il reddito reale è un co1Tlplessodi merci e il. risparmio è una frazione <ti questo neddito. Ma istituzionalmente il risparmio del paese è un complesso di valori monetari; e gli -economjsti devono sforzarsi di coglierne il processo di trasformazione in capitali in tutta la sua complessità, mettendone a fuoco il momento fonda– mentale che è costituito dal potere di disposizione di quelle merci e di quei beni. Ciò è tanto più necessario oggi, dopo che per altra via gli studi degli stessi economisti ci avvertono che nella tra– sformazione del risparmio dn beni si verificano degli ero-oridi pre– visione che sono estremamente dannosi alla accumulazione dei capitali. Ora, com,pit.o fandamenta:le del nostro Stato è di assicurarsi che questi errori avvengono nelle proporzioni più rid;:tte ,passi– bili. Ma senza « interventi ». Guardiamoci attomo. Chi ha interesse a dar.e la massima sta– bilità alla produzione? Evidentemente chi vive di salario. Quando gli affari vaMo bene l'imprenditore, per l'attrattiva stessa del suo lavoro, per le soddisfa'Zioni che questo gli procura, non ultima 9uella di. potersela scialare con la iam~lia, è_ sempre 1>iù'l'ronto anche p1u proclive d1 costoro potendosi dedicare ai v1agg1, alla pesca o anche ad iniziative filantropiche che appagano le nobili inclinazioni del suo animo a chiudere bottega quando gli affari vanno male, mentre l'operaio è visitato dalla disoccupa2lione e 'dei suoi dipendenti a prodigami in attività e in iniziativ-e; ma è &Ila fame. Noi abbiamo fiducia nella <:hiaroveggenza del nostro popolo e lliamo persuasi della convenienza di pennettere che l'intereaw– dell'operaio per una stabilità dell'economia debba &""1"e c1allo
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