Elena Croce che è fantastica,) che da un momento all'altro può dilagare spazzando via ogni progetto di riforma: e allora siamo veramente perduti perché, tutti lo sanno salvo quelli che non vogliono saperlo, questo colera è uno di quei segni sociabnente biblici con cui non si può scherzare. Che se questa volta non si fa qualche cosa è veramente la fine delta città. Tanto più che il qualcosa da farsi è veramente di una modestia quasi ridicola. Poiché in fin dei conti si tratta di impiantare, come la prefettura si propone, una coltivazione igienica, una specie di monopolio controllato di quelle cozze per cui i sobri napoletani hanno una passione quasi · orgiastica, fonte pern1anente di gravi malattie, che rischiano di diventare permanente riserva di un po' di colera. Questa riforma non porterebbe una disoccupazione più lunga di quella che sarà in ogni modo determinata dalla lunga quarantena che un'epide111ia di questo tipo comporta. E in ogni modo la disoccupazione dei venditori di 1nitili in questo 1nomento è così benemerita che si dovrebbe potere offrire loro il 1naggiore dei sussidi, o magari anche la pensione. Non è così impossibile. L'altra cosa a cui si aspira a Napoli è di tipo un po' fantascientistico, il che non è l'ultima ragione per cui lo si desidera. Sarebbe cioè, un corpo specializzato (con particolare istruzione sanitaria), nella nettezza urbana, che per equipaggiamento e dignità si accosti un po' al modetlo dei pompieri. Un corpo, inso1nma, in cui fosse difficile ed onorevole essere assunti, destinato a bonificare· con azioni sistematiche una città in cui ha preso sede permanente l'epidemia. Ciò che consentirebbe, nel frattempo, di affrontare sisten1aticamente lo studio del famoso organico dei netturbini comunali; fra i quali sen1bra vi sia insediata da anni una così forte percentuale di raccomandati. I quali, appartenendo alla categoria piaga dei laureati e diplomati disoccupati, usano il « posto » di spazzino come un sussidio, e danno anche ai veri spazzini un ese1npio che questi, per non essere diplomati, non hanno ragione di non in1itare. Entrambi i provvedimenti (così come altri che vengono sostenuti dai politici napoletani che più si sono adoperati in questa occasione come l'on. Compagna) sono molto 1nodesti, se si pensa che con1e alternativa c'è l'applicazione e Napoli di una etichetta di «lebbrosa» (sembrerà quasi ereditata dagli antichi « lazzari ») con tutte le conseguenze economiche_ nazionali e internazionali che si sanno, e quelle morali che si possono immaginare. Naturalmente occorre fare lo sforzo di resistere ai piagnistei e alle strida della cosiddetta povera gente ossia i venditori di cozze, i laureati spazzini, accudita da ogni sorta di patroni variamente autorevolì. Uno sforzo che già si co1nincia a definire disumano, ed è appunto un'avvisaglia del possibile trionfo della fatale Idiozia. ' ELENA CROCE 42 . BibliotecaGino Bianco
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