Nord e Sud - anno XX - n. 166 - ottobre 1973

La marcia su Roma: consuntivo di una rievocazione Il Salvatorelli, che fu amico personale di Giolitti, afferma che dopo il 28 ottobre, lo statista piemontese negò di essere stato in trattative con Mussolini per costituire un nuovo governo presieduto dallo stesso Giolitti, con la partecipazione dei fascisti. La notizia è di rilevante interesse, perché viene a confermare ciò che lo scrivente ha ripetutamente sostenuto: cioè che al vecchio presidente del Consiglio non garbava ammettere di essere stato giocato dal giovane demagogo capo del fascismo. Occorre infatti non dimenticare che le trattative effettivamente vi furono, condotte a Milano dal prefetto Lusignoli, e a Roma da Camillo Corradini: e bisogna dare atto a Giolitti che la notizia di tali trattative si deve proprio alla sua rettitudine, par avere egli, poco prima di morire, depositato i documenti che le comprovano, all'Archivio centrale dello Stato. Se a questi documenti si aggiungono quelli provenienti dall'Archivio Facta, pubblicati dallo scrivente, il quadro delle trattative si completa, giacché risulta che alle stesse partecipò pure il presidente Facta, in quanto protagonista di quella operazione, che avrebbe dovuto aprire la strada all'avvento di Giolitti. Poiché tutto ciò era ignorato all'epoca dei fatti, nonostante che qualche notizia sia trapelata tra smentite e mezze ammissioni, venne naturale addossare a Facta la responsabilità del fallimento dell'operazione, e attribuire allo stesso Facta il proposito di fare lo sga1nbetto a Giolitti col trattare segretamente coi fascisti per formare un suo terzo ministero. Tutto ciò ormai è entrato nel regno delle favole, nonostante che non pochi degli autori che hanno rievocato gli eventi dell'ottobre 1922, si siano compiaciuti di sostenerlo ancora. Le leggende sono dure a morire, e parimenti dura è la lotta della verità contro il mito. E dire che Giovanni Giolitti non ha bisogno di una mitologia per rivendicare di fronte alla storia la sua grandezza di uomo di Stato! Sarebbe infatti antistorico oltreché ingeneroso tacciare Giolitti di inettitudine e di scarso intùito politico per il semplice fatto di essersi fatto ingannare da Mussolini. Bisogna non dimenticare che la indole più autentica del fascismo era sfuggita alle menti anche più acute della classe politica del tempo: e in effetti il fascismo rappresèntò allora un quid novum rispetto a ogni altra tecnica politica. È ben vero che un precedente assai sintomat~co non era mancato sette anni prima, e di esso vittima illustre fu proprio Giovanni Giolitti: codesto precedente è quello delle « radiose giornate» del maggio 1915, ma è assai difficile stabilire fino a qual punto Giolitti ne colse la intima iden~ità e ne individuò il processo genetico. 117 BibliotecaGino Bianco

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