Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

Ernesto Mazzetti ai fini di ogni possibilità di sviluppo» (Svimez, cit., pag. 46). Il resto dei centri e delle aree urbane si configurano più come laoghi di addensamento di popolazione, o nel migliore dei casi di attività industriali che non come sedi di servizi contraddistinti da un minimo di qualificazione urbana. Né Napoli, né, ovviamente, il resto della regione, traggono giovamento dai processi finora deterniinatisi, i quali, lungi dall'esaltare le funzioni metropolitane del capoluogo (come erroneamente si potrebbe dedurre dall'esasperato grado di polarizzazione che contraddistingue Na-. poli) hanno finito per deprimerle nella misura in cui le hanno reso per larga parte difficilmente esplicabili (oppure esplicabili ad un costo crescente in termini di tempi e spese di trasporto, di adeguatezza e qualificazione dei s·ervizi resi). Onde ben. giustamente può argomentare il citato studio della Svimez che « razionalizzare l'area metropolitana vuol dire essenzialmente economizzare lo spazio, rendendo possibile, attraverso decentramenti di attività e funzioni suscettibili di localizzazioni alternative, e, ove necessario, ristrutturazioni del tessuto urbano, lo sviluppo e la specializzazione delle funzioni metropolitane e una loro adeguata accessibilità dall'esterno. Il primo considerevole tentativo di approfondimento dei fenomeni in atto sul territorio campano promosso da pubblici poteri fu il piano territoriale di coordinamento. Maturato agli inizi degli anni 60, questo documento, più noto come « piano Rossi Doria-Novacco » costituì anche il primo concreto fondamento per l'elaborazione di una strategia di rianimazione dei vari settori economici delCa regione e di riequilibrio tra aree interne ed aree costiere. Tra queste ipotesi e i successivi approfondimenti e precisazioni corre però un non breve lasso di tempo. Il discorso globale sui corretti termini per affrontare, insieme, la « questione napoletana » e i problemi di assetto territoriale ed economico della Campania verrà ripreso, alla metà degli an.ni 60, attraverso l'esperienza del Co1nitato Regionale di Programmazione, dal cui lavoro scaturisce lo « Schema di Sviluppo della Campania», che diviene a sua volta premessa per il nuovo « Schen1.a di piano territoriale campano » elaborato sotto l'egida del Provveditorato alle opere pubbliche. Si delineano così con maggiore chiarezza i modi e i te1npi per trasfondere in scelte operative ed interventi specifici i risultati delle elaborazioni teoriche e delle più congrue valutazioni che le forze politiche sono andate maturando delle realtà regionali. Nell'ambito comunale, un· faticoso, pluriennale dibattito porta infine (aprile 1969) al varo del nuovo Piano Regolatore, la cui « filosofia » appare finaln1.ente coerente al ruolo metropolitano che è giusto rivendicare per Napoli. La procedura di approvazione 70 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==