Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

Francesco Compagna Sulla base di queste considerazioni, mi è :sembrato che la scelta della piana di Gioia Tauro come sito per il V centro siderurgico fosse forzata; e che comunque non tenesse conto di controindicazioni tecniche ed economiche facilmente percepibili. Di conseguenza ho ritenuto doveroso far valere pubblicamente le mie preoccupazioni, ribadite nell'ottobre del 1972, in sede di relazione al bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali: « si dica che le localizzazioni degli investimenti delle aziende a partecipazione statale per nuovi impianti devono essere meridionali, ma non si commetta l'errore di scegliere, tra le possibili localizzazioni meridionali, quelle che sono più discutibili per controindicazioni tecniche rispetto ad altre, pure meridionali». Non è forse proprio per compensare queste controindicazioni tecniche, che le richieste della Finsider per lo stabilimento di Gioia Tauro superano le quote massime previste dalla legge? Ma c'è anche un'altra considerazione che rafforza le mie preoccupazioni: non è affatto chiarito fino a che punto la sede dell'impianto siderurgico consentirà l'uso dell'acqua disponibile e reperibile per intensificare e per estendere l'irrigazione nella piana di Gioia Tauro. Non è stato, quindi, fugato il dubbio che, ai nuovi posti di lavoro da creare nella siderurgia, potrebbe corrispondere: 1) la compromissione dei nuovi posti di lavoro che una irrigazione più intensa e più estesa potrebbe consentire di chiamare in vita; 2) o addirittura la mortalità di una parte dei posti di lavoro già assicurati dall'agricoltura. Se questo dubbio non fosse fugato, 'il caso dell'impianto siderurgico di Gioia Tauro, quando fosse realizzato, si configurerebbe proprio come uno dei casi deplorati da Giorgio Amendola nella sua intervista a Gianni Corbi (« L'Espresso » del 5 agosto): la priorità dell'irrigazione sacrificata ad un'industrializzazione forzata da iniziative faraoniche. Quando poi dovesse risultare, nel 1980 o anche prima, che per il V Centro siderurgico la scelta della localizzazione è stata forzata, non tenendo conto di controindicazioni tecniche ed economiche (pare che anche per quanto riguarda lo approvvigionamento dei materiali preridotti ci siano incognite di sicurezza da chiarire), quanta credibilità perderebbe nel Nord, e in Europa, la terapia dell'industrializzazione che pure è più che mai necessario applicare al Sud? D'altra parte, se responsabilmente ci si deve porre questo interrogativo, altrettanto responsabilmente dev'essere formulato quest'altro: quanta credibilità perderebbe in Calabria la democrazia italiana se, dopo le promesse fatte, e sbandierate, si dicesse che il V centro di Gioia Tauro non si può fare più? Siamo dunque fra Scilla e Cariddi? Per sfuggire ad entrambi i mostri, ritengo che sia necessario accer64 BibliotecaGino Bianco

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