Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

Cronache meridionaliste certo periodo di tempo siano gli investimenti comunitari a fornire il maggiore impulso allo sviluppo delle sue aree depresse. Negli ultimi anni il legame fra Mezzogiorno ed Europa si è affievolito e gli investimenti intracomunitari si orientano verso l'Irlanda, la Scozia e le regioni meno congestionate degli altri Paesi, proprio perché non siamo riusciti ad adempire a nessuno dei due compiti elencati in precedenza. Negli. accordi per l' « europeizzazione » del problema del Mezzogiorno non può essere naturalmente inserita la fissazione di un livello salariale inferiore a quello del resto d'Italia. Se abbiamo scelto l'Europa non possiamo fon.darci sui bassi salari, ma dobbiamo tuttavia accentuare le convenienze nei costi del lavoro attraverso sostanziali sollievi negli oneri sociali ed un'organizzazione del lavoro che permetta una maggiore utilizzazione degli impianti industriali. Gli accenni sindacali ad un possibile dialogo sull'aumento dei turni in uno stesso impianto sono un chiaro (anche se non unico) esempio delle possibili innovazioni istituzionali. Gli attuali incentivi al capitale rappresentano invece già un forte elemento di convenienza, anche se non poche modifiche qualitative sono necessarie tanto nella regolamentazione quanto nell'amministrazione degli incentivi stessi. Ad una azione di sollievo dei costi del lavoro si deve aggiungere naturalmente l'impegno di una organizzazione finalmente moderna delle infrastrutture materiali e umane riguardo alle quali un impatto « europeo » potrebbe essere un utile strumento per rompere le attuali tragiche inerzie ed inefficienze della pubblica amministrazione. È tuttavia necessario che il « pacchetto » sia non solo riempito e confezionato, ma sia coerentemente presentato e difeso di fronte ai partners europei, i quali per ora sono unanimemente stupiti della scarsa fantasia e della debolezza dell'Italia nel proseguire una politica regionale realmente innovatrice. L'amarezza di essere l'unico Paese esportatore di mano d'opera e di capitali l'abbiamo sempre conservata a Roma senza esportarla a Bruxelles e senza tradurla in concreta proposta politica. Se conti .. nuiamo a credere che il contributo dell'Europa allo sviluppo del Mezzogiorno sia proporzionale alla quota dei_ 400 miliardi che potremo dirottare verso l'Italia, siamo totalmente dissennati. Anche se riuscissimo a prenderli tutti, ci troveremmo al momento di prima, perché non è di questi pochi capitali che abbiamo bisogno, ma di una presenza attiva dell'Europa nel Mezzogiorno. Il problema è vedere se la vogliamo davvero. ROMANO PRODI 53 . BibliotecaGino Bianco

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