Vittorio Barbati gli USA da una posizione valida, ma anche: di fare quelle concessioni commerciali e tariffarie che potrebbero aprire la via ad una nuova fase di collaborazione fra l'Europa e gli Stati Uniti. Una politica economica veramente comune potrebbe consentire ai Nove di assorbire i contraccolpi di tali concessioni con un'azione manovrata all'interno; la mancanza di tale politica li esporrebbe o a subire questi contraccolpi o a subire quelli di ordine politico-militare che potrebbero derivare da un mancato accordo con gli americani. È evidente che, in quest'ultimo caso, sia pure a non breve scadenza, l'URSS potrebbe agevolmente profittare della situazione. In pratica, il mantenimento dello « status quo » può permettere all'URSS di fare da spettatrice ai litigi degli altri, per trarne poi al momento opportuno i vantaggi. La modifica dello « status quo», con la nascita di un'entità politica europea, annullerebbe tutte queste prospettive vantaggiose. Bisogna dire che questo gioco sovietico, che non è scoperto ma rientra nella logica (ed anche negli interessi dell'URSS), è agevolato dalla miopia che in questo momento, a tale proposito, stanno dimostrando sia gli europei che gli americani: i primi, perché non riescono ancora a convincersi del fatto che solo nell'unità politica potranno trovare veramente la sicurezza e la stabilità economica sia all'interno che nei rapporti esterni; i secondi, perché, con la loro voluta «noncuranza» nei confronti delle vicende del dollaro, stanno dimostrando non soltanto di volerne il deprezzamento (che, in pratica còstituisce una forma di « dumping » a favore delle loro esportazioni) ma anche di volerne accentuare le conseguenze politiche, che, a causa dell'instabilità provocata da tali vicende, si traducono in ulteriori ostacoli all'unità europea, che pure, a parole, essi dicono di volere. Come si vede, in questi ultimi tempi, l'Europa ha rappresentato, oltre a quello dei :rapporti diretti, il principale terreno di manovra della diplomazia americana e di quella sovietica. Nello stesso periodo, invece, non si sono registrati fatti particolarmente notevoli nei loro rapporti con i paesi di altri continenti e, in particolare, con le due potenze asiatiche, la Cina e il Giappone. Anche queste due potenze hanno adottato, in un certo modo, una condotta di attesa. Però, con motivazioni e modalità completamente diverse. La Cina ha dimostrato apertamente di non gradire l'eventualità di un « condominio » delle due superpotenze nelle faccende mondiali e, per farlo intendere chiaramente a tutti, ha fatto esplodere, subito dopo il «vertice» Nixon-Breznev, un ordigno nucleare nell'atmosfera. Inoltre, la sua stampa ha reagito contro tale 34 BibliotecaGino Bianco·
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