Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

L'antistoricismo degli anni settanta uomo che avrebbe ormai reciso « la coscienza di se stesso come natura»: tema questo, comune all'antistoricismo odierno e non tipico della scuola dei sociologi di Francoforte o di certi teorici delle scienze umane. Un altro filosofo tedesco contemporaneo, infatti, la cui voce, anche se non eclatante e tonante come quella della triade Adorno - Horkheimer - Marcuse, non è tuttavia tanto sommessa da non avere incidenze di rilievo, un filosofo contemporaneo, dicevamo, Karl Lowith, ha scritto che la storia non ha « mai insegnato all'uomo a diventare altro e a mutarsi», ché anzi lo ha rivelato sempre identico a se stesso sia nel bene che nel male; che l'uomo stesso, per la presunzione che lo caratterizza, « ha dissolto l'unico mondo fisico in una pluralità di mondi storici» e la sua natura sempre identica « in una molteplicità di forme di esistenza storica»; che se è vero che l'uomo « si trova inevitabilmente entro la storia ed ha una storia, pure non vive di questa, non è la storia stessa e di conseguenza la storia e l'uomo non vengono mai ad identificarsi », restando anzi fra di essi una frattura profonda che potrebbe essere ricomposta soltanto ove l'uomo cessasse di considerare se stesso come centro di tutto il creato. Del resto, conclude Lowith, questa considerazione della centralità dell'uomo sarebbe soltanto « un'affermazione del passato più recente » ( da Vico, quindi, in poi) e che potrebbe tranquillamente essere cancellata, non essendo un attributo determinante per un soggetto il quale per secoli e secoli aveva comunque vissuto senza attribuirsi questa prerogativa di centralità. L'aspetto singolare di queste affermazioni sta, soprattutto nella coincidenza che presentano con le tesi di un Lévi-Strauss o di un Foucault sulla cosiddetta « morte dell'uomo»; il che dimostra come il tema costante dell'antistoricismo di questi ultimi anni sia appunto l'antiumanesimo (almeno a livello teorico, se non addirittura, o non ancora, pratico). Ma proprio questa comunanza di temi, questa insistenza sull' antiumanesimo (poco importa se a favore delle « strutture » alla maniera di Althusser, Foucault o Lévi-Strauss, o della « natura » alla maniera di Lowith e in certa misura anche di Marcuse e dei suoi predecessori francortesi), ci. fa intendere l'insidia che l'antistoricismo di oggi contiene. Che cosa vuol dire, infatti, almeno nelle teorie filosofiche dell'antistoricismo contemporaneo, antiumanesimo teorico? Esso vorrebbe significare la .fine del privilegio concesso alla ragione umana, l'umiliazione di essa a vantaggio di entità metafisiche o pseudometafisiche come le « strutture » o la « natura »; l'uomo sarebbe quindi una parte di un quid che lo trascende, in .rapporto passivo con 17 BibliotecaGino Bianco

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