Nord e Sud - anno XX - n. 163 - luglio 1973

Ernesto A1.azzetti mila unità pari al 33 per cento della popolazione. attiva. L'agricoltura, però, partecipa solo per il 20 per cento alla formazione del prodotto lordo regionale: la sua produttività è bassa, e assai modesta, quindi, la remunerazione per i suoi addetti. In queste condizioni, la fuga dai campi è destinata a continuare. Ma l'industria, che impiegando attualmente il 25 per cento della popolazione attiva contribuisce per circa il 28 per cento al prodotto lordo, stenta a svilupparsi e non garantisce l'assorbimento dei giovani che s'affacciano al lavoro e della popolazione che lascia la campagna. Chi cerca un'occupazione si volge allora alle attività terziarie: si gonfia quindi il settore del commercio e si frantuma in una miriade di piccoli esercizi, bottegucce, bar, accentuando l'aspetto arcaico dell'apparato distributivo. Un ruolo essenziale continua così a svolgere la pubblica amministrazione, che partecipa per il 18,5 per cento al prodotto lordo. In taluni centri la burocrazia è il sostegno indispensabile di debolissime impalcature economiche. I reggini che nei giorno caldi della « rivolta » rivendicavano il ruolo di « capitale » alla loro città, non obbedivano solo ad istanze municipalistiche e a frustrazioni da declassati, sapientemente utilizzate da gruppi politici eversivi, ma erano anche mossi dal miraggio dei « posti » che l'organizzazione della burocrazia regionale avrebbe potuto creare. L'agricoltura. - Finché l'industria non s~rà decollata e il promettente turismo non avrà posto solide basi, l'attività agricola è destinata ancora per anni a giocare un ruolo considerevole nell'economia calabrese, nonostante le condizioni sfavorevoli in cui si svolge. Dal dopoguerra ad oggi in questo settore sono stati profusi grandi sforzi. Le infelici caratteristiche geologiche del suolo hanno imposto anzitutto grandi lavori di sistemazione dei terreni collinari. Opere cospicue di invaso e conservazione delle acque hanno consentito l'irrigazione di circa duecentomila ettari, onde almeno quattro zone possono considerarsi altrettanti « poli » di sviluppo agricolo; le pianure del Crati, dell'Esaro e del Coscile; la fascia jonica tra il Neto e il Tacina; la piana di Sant'Eufemia; la piana di Rosarno. Nel quindicennio 1950-64 le spese per opere di bonifica e di sistemazione montana hanno superato i mille miliardi. La riforma agraria, pur se incompleta e non priva di errori, ha cancellato le punte più odiose del latifondo. Nel dopòguerra, la quasi totalità delle terre del Marchesato di Crotone erano ancora divise tra sette famiglie; alcuni baroni vantavano possedin1enti superiori ai quindicimila ettari. L'Opera Sila, sebbene non sempre a torto accusata di 80 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==