Prospettive della Calabria del nostro secolo, della atavica miseria degli abitanti. Gli appariranno inattuali le valutazioni socio--economiche formulate negli ultimi vent'anni, del tutto remote le impressioni di tanta letteratura italiana e straniera, i giudizi di tante inchieste, non solo quella settecentesca di Giuseppe Maria Galanti, o quelle di Lombroso, di Franchetti, di Nitti a cavallo tra lo scorso secolo e il nostro, ma perfino quella compiuta tredici anni fa dall' équipe di studiosi francesi guidati da J ean Meyriat. Gli sembrerà, al contrario, che la società « consumista » si sia ormai spinta fino all'estremo limite della penisola, diffondendovi i suoi simboli più appariscenti e imponendo i suoi riti. Eppure, se è vero, senza alcun dubbio, che Eboli non più il limite emblematico tra due mondi, se è vero che la Calabria e stata sottratta ad un isolamento ingiusto e soffocante e beneficia perciò delle prime avvisaglie d'una condizione civile e sociale radicalmente diversa da quella che per secoli era stata costretta a subire, è anche vero, però, che questa regione continua a scontare il peso dei fenomeni negativi impostile da fattori geografici e da vicende storiche. Onde, se i suoi attuali progressi possono, in più casi, stupire rapportandoli alla situazione di sottosviluppo estremo in cui versava appena quindici-venti anni fa, essi, tuttavia, data l'arretratezza del punto di partenza, non sono stati tali, in valore assoluto, da consentire alla Calabria di colmare le distanze che, in termini di risorse, servizi sociali, consumi, la separavano dalle al tre regioni. Le ombre della storia. - Nel vasto quadro del problema del Mezzogiorno, la Calabria è tuttora una « regione-problema ». La geografia ha certo colpa di tale stato di cose. Eppure, sebbene troppo ricca di montagne e colline (più del novanta per cento dell'intero territorio) e troppo povera di pianure (solo 1'8,7 per cento della superficie regionale, contro il 23,2 di quella nazionale e il 18,4 di quella meridionale), questa regione aveva conosciuto un'età di opulenza. Ma lo splendore della Magna Grecia è durato qualche secolo, mentre l'età della miseria ha superato il millennio, protraendosi fin quasi ai nostri giorni. Modificate le circostanze politiche che nell'età classica avevano reso le sue città (Crotone, Reggio, Locri, Sibari) fiorenti di commerci, e le campagne fertili' e ben curate, svanirono nel giro di poche· generazioni le condizioni di relativo privilegio dei suoi abitanti. L'insicurezza della vita lungo le coste battute. dalle scorrerie piratesche pro"vocò l'allontanamento dalle pianure. Nelle piane costiere abbandonate all'acquitrinio sopravvanne la malaria a scacciare i residui abitanti: « campagne deserte, povere d'alberi, poverissime d'abitatori » (Fortunato); il disboscamento dei rilievi 75 BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==