Giornale a più voci Si dovrà dunque parlare di un Giovanni Russo, oltre che giornalista e saggista, narratore, e propriamente « narratore meridionale»? La distinzione tra giornalismo e saggistica e letteratura si va facendo sempre più oziosa e difficile, soprattutto nel caso di un giornalismo ad alto livello e nutrito di problematica social-culturale quale è quello di Russo. Vogliamo co1nunque dire che se Russo può essere definito con questo libro (e prescindiamo per ora dalla sua destinazione) un « narratore meridionale», ha qualcosa di più, e di diverso, che gli deriva dall'avvicinare personaggi e problemi, anche quando li risolve narrativamente, col suo bagaglio critico di meridionalista e di esperto dei problemi del Sud; sicché il suo raccontare è sempre inteso a fornire un giudizio e uno strumento conoscitivo, è un accostamento alla realtà compiuto con l'acribia della diagnosi che non esclude ma invera l'umana intuizione e lo sguardo partecipante e co1nmosso dello scrittore. Ecco dunque perché diremmo di Russo, a proposito di questo libro, che il narratore più che «meridionale» si conferma meridionalista: secondo la distinzione di Raffaele Crovi, in quel suo saggio su <( Meridione e letteratura» apparso nel 1960 sotto l'insegna vittoriniana del Menabò: « La formula 'narrativa me1idionale ', facendo riferimento soltanto ai dati anagrafici degli scrittori, serve a dirci che gli autori delle opere cui si riferisce sono nati in province del Meridione, ma non ci fornisce nessun dato sulla direzione della loro ricerca letteraria; la formula 'narrativa meridionalista' ci permette di identificare, invece, ciò che la caratterizza nel suo insieme: gli elementi, cioè (non tanto ideologici, di costume più che storici, ambientali), di cui viene in essa fatto uso didascalico, operativo e, infine, programmaticamente culturale». E naturalmente per Russo, giornalista e saggista e meridionalista prima che narratore, è soprattutto l'elemento « operativo e programmaticamente culturale » che va messo in rilievo. E qui si aggancia la destinazione (che è poi la singolarità) del libro. I figli del Sud sono certamente un libro singolare non solo per i motivi fin qui esposti ma per l'innovazione che esso reca nei libri di lettura per la scuola media che oggi, come si sa, è anch'essa, dopo quella elementare, scuola dell'obbligo. Da più di un critico si è fatto in proposito il riferimento al Cuore di De Amicis: con la differenza dovutamente sottolineata tra l'impostazione idealizzante ed edulcorata di quello (che tuttavia ebbe per i suoi tempi un impegno civile quale troppo faciln1ente si dimentica e si trascura nelle ricorrenti dissacrazioni di moda) e il fine conoscitivo e sociale di questo. Se si pensa, citiamo ancora dalla prefazione, « che milioni di incontri fra compagni di scuola debbano tuttora superare l'ostacolo delle differenze di dialetto, di sensibilità, di abitudini e di reddito familiare, e la scuola non abbia strumenti adeguati per spiegarne le ragioni»; se si pensa che il problema meridionale, non solo al Sud ma anche al Nord dove ogni giorno e1nergono incomprensioni fra meridionali e settentrionali, è un problema che i ragazzi stessi « vivono oggi in mille episodi quotidiani, e che dovranno affrontare domani in termini pratici - psicologici e politici - per portarne a termine la faticosa soluzione»; se infine si pensa che « i ragazzi vedono coi loro occhi una con23 BibliotecaGino Bianco
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