Nord e Sud - anno XX - n. 163 - luglio 1973

Il 25 luglio cara la pelle, se necessario). Ma, soprattutto, con la sua relazione, il dittatore apparve fiacco e vulnerabile. Quella esposizione fu contrastata subito anche da De Bono e De Vecchi, sicché Grandi, quando ebbe a prendere la parola per illustrare l'ordine del giorno, trovò il terreno già arato. E, a questo punto, deve dirsi che le più diverse testimonianze concordano nel sostenere che l'intervento di Grandi suonò come una spietata requisitoria. L'antagonista numero uno vuotò il sacco: sotto il peso di quelle accuse il dittatore apparve, anche fisicamente, disarmato e stravolto. Nessun soccorso gli venne da Ciano che fece una filippica sui rapporti con l'alleato germanico, né da De Marsica, Federzoni e Bottai. Una grossolana difesa dell'alleato germanico, fatta da Farinacci, parve poi rendere ancor più pesante l'atmosfera. La breve sospensione della seduta non servì a placare gli animi. Semmai ne approfittò Grandi per far firmare ad altri gerarchi il suo ordine del giorno. Che a difendere Mussolini, dopo un attacco portato da Bastianini, fosse proprio il presidente del Tribunale speciale, Tringali-Casanova, appare piuttosto indicativo. La verità vera è che ormai il « Duce » stava per essere sconfessato dallo stesso sinedrio che aveva posto al vertice del regime. Un tentativo di riprendere nelle mani gli sviluppi della discussione, rese ancor piii evidente, per la freddezza con cui il nuovo intervento venne accolto, che la partita era perduta. Penoso, in particolare, apparve il riferimento alla « chiave » che avrebbe permesso di risolvere la situazione: non si capì bene se Mussolini voleva alludere alle armi segrete del Reich (una favola a cui nessuno credeva più) o ad una « carta politica» (l'appoggio del re). In ogni caso, faceva male i suoi conti. Si arrivò, senza rinvii (tuttavia tentati), alla votazione: 19 sì al documento Grandi, 7 contrari, 2 astenuti. Una sconfitta schiacciante per il dittatore di palazzo Venezia. Era anche il risultato atteso dalla Real Casa: su quell'ordine del giorno, formalmente, crollò il regime. Il gioco tornava, in pieno, nelle mani del re: en:\. il documento stesso a fare di Vittorio Emanuele l'arbitro della situazione. Come si sa, l'ordine del giorno faceva riferimento al1'« immediato ripristino » delle funzioni della Corona e degli altri organi stata~i, si richiamava alle « leggi statutarie e costituzionali », «pregava» la Maestà del re di_« assumere, con l'effettivo comando delle Forze armate di· terra, di mare e dell'aria, secondo l'art. 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione ... ». 19 BibliotecaGino Bianco

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