Nord e Sud - anno XX - n. 163 - luglio 1973

Letteratura fondo, si rivelava matrice di errori e ambiguità nelle relazioni umane 4 • L'antica duttilità stilistica, già tanto consapevole del fascino della parola diventa nelle Città invisibili scoperta ricerca formale, non mai gratuita, giacché anche il sentore di minuzia bizantina, che innegabilmente si avverte, contribuiisce a ricreare l'atmosfera di un mitico Oriente, dove la vicenda narrata acquista chiarezza e viene al tempo stesso allontanata in una dimensione oggettiva, dominata dall'alto e sottratto al pericolo di vibrazioni sentimentali. Infatti in tono di favola si svolge il dialogo tra Marco Polo e il Kublai Kan che ha invitato il mercante veneziano a visitare il suo vasto regno ed ora ne ascolta le relazioni. Viene adoperato così lo schema di un genere, il dialogo, cui la tradizione culturale occidentale ha affidato fin dall'antichità l'elaborazione del discorso letterario o filosofico che si volesse non sistematico. È una scelta che appare tanto più significativa quando si pensi che ricorrere a tale struttura indica - a dire di Fortini - « non solo rifiutare un atteggiamento dogmatico; ma anche credere ad un possibile equilibrio tra intelletto e psicologia, fra indagine oggettiva del vero e soggettiva saggezza » s. Infatti attraverso le parole dei due interlocutori è rimesso in gioco il 3 Op. cit., p. 65. problema dell'uomo e dell'oggetto della conoscenza ed affiora la difficoltà d1 conciliare soggettivo ed oggettivo, insieme all'ansia di eliminare falsi rapporti con il mondo e con gli altri. Il mercante veneziano costringe il suo interlocutore ad interrogare quando egli parla di città invisibi1i, di ricordi o speranze élpparentemente dimenticate; tenta di sottrarre il reale al relativo come di scoprirne le intime contraddizioni, guarda al futuro e desidera 1 ecuperare nella storia .passata i continuo tentativi umani di conoscere e vivere. Non stupisce che l'imperatore lo ascolti « con più curiosità e attenzione che ogni altro suo messo » né che egli veda nel desiderio di autenticità dello straniero « attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filograna di un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti». Né pertanto sembrano casuali sia il recupero di un genere 1etterario certamente desueto sia la scelta come protagonisti di personaggi ormai simbolici della tradizione letteraria. Si di•rebbe che in Calvino è presente il desiderio di una cultura consapevole di se stessa, che conservi e ricrei un patrimonio di esperienze intellettuali e rn.orali da accogliere negli elementi più vitali, desunti dalb favola popolare come dall'opera dotta 6. È anzi in un rapporto di 4 « I compagni del distaccamento sono una razza ambigua e distante, come gli amici dell'osteria con questa furia d'uccidersi negli occhi e questa loro bestialità nell'accoppiarsi in mezzo ai rododendri» (op. cit., pp. 177-8). 5 F. Fortini,• Ventiquattro voci, Milano 1968, p. 193. 6 « Io credo questo: le fiabe sono .vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi... » (I. Calvino, Le fiabe italiane [1965], Milano 1960, p. XX). 117 BibliotecaGino Bianco

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