Ferruccio Grandi « gigantismo » industriale, questi « giganti » sono raramente piazzati in testa alla scala delle redditività: ad essi sarà stato facile accontentarsi dei risultati raggiunti nell'ambito nazionale, difficile sottrarsi in taluni casi da impegni ed iniziative non economiche. Molto spesso queste sono collegate con necessità sociali o con ]a stessa logica del « gigantismo ». In altri paesi (Germania, Svizzera, Svezia) il gigantismo è meno probabile per la struttura industriale di questi paesi. In Germania - cioè nel paese che per le dimensioni del suo mercato ben può paragonarsi ai tre precedenten1ente citati - le tre maggiori società chimiche Hoechst, Bayer e BASF sono tutte più piccole della inglese Imperia! Chemical Industries (I.C.I.) e della italiana Montedison, ma di queste ultime assai più redditizie. Ma la storia economica recente e meno recente ha lasciato in Germania una struttura particolare, in cui economia di mercato e rapporti amichevoli all'interno della categoria si danno la mano, eliminando una delle principali spinte verso l'integrazione infranazionale. Il tutto è dominato da una struttura bancaria accentrata su tre banche che controlla largamente la struttura industriale: la legge ha recentemente limitato a 10 il numero di società del cui direttivo o consiglio di amministrazione un dirigente bancario può contemporaneamente far parte. Possiamo terminare queste considerazioni, riassumendo le linee essenziali dei fenomeni dinamici - ossia in continua evoluzione da paese a paese - che abbiamo testé descritto: persistenza della piccola industria in misura massiccia nei sistemi industriali maturi; grande vitalità della stessa, anche dal punto di vista dei profitti, soprattutto quando essa si inserisce in forniture di beni o servizi ad alto contenuto tecnologico; tendenza, contrastante con quanto detto prima, alla concentrazione industriale. Il fenomeno però o riguarda aziende medio-grandi (fenorneno delle fusioni, tipico soprattutto dell'Europa occidentale e segnatamente della Francia e dell'Inghilterra) o, soprattutto in America, aziende medio-piccole. Se si volesse aggiungere qualche proiezione circa future tendenze non si può tacere l'opinione più volte espressa da uno studioso di questi problemi, Howard V. Perlmutter 9 • Egli prevede un acuto enfatizzarsi della tendenza testé descritta con addirittura la pratica scomparsa della media industria a favore delle industrie in posizioni estreme nella classifica di frequenza per numero di addetti o capitale investito, ossia le grandissime aziende - in genere multinazionali - da un lato e la piccola industria dall'altro. Da sottolineare che la piccola industria non sopravviverebbe solo per una sorta di forza di inerzia socio-econo9 HOWARD V. PERLMUTTER, Supergiants {zrms in the future, « Wharton Quaterly », Inverno 1968. 88 BibliotecaGino Bianco
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