I Giornale a più voci di mc), del versante est di Punta Datò - bacino dell' Amendolea (6-8 milioni di mc), di Ortiano- bacino del Trionto (1,5-2 milioni di mc) tanto per _citare le più note e meglio rilevabili. Frane queste, nello sviluppo delle quali l'azione di faglie o di particolari situazioni st·ratigrafico-strutturali profonde ha avuto un ruolo determinante. Le stesse come conseguenza di un llll1.ico fenomeno alluvionale, non trovano alcun riscontro nella storia conosciuta delle calamiità -naturali in Calabria. Quanto finora esposto conferma da un lato l'eccezionalità del fenomeno rispetto a eventi analoghi succedutisi negli aTIJ1itrascorsi e d'altro canto dimostra la fragilità propria del suolo calabrese. Ma tale ·ultima constatazione non deve e non può essere qualcosa di fine a sé stesso quanto invece l'elemento di base da cui muovere per un organico intervento di difesa del territorio. Fine questo del tutto concreto e raggiungibile, almeno per zone, del che è un primo esempio la comprovata funzionalità di talune delle opere realizzate nei torrenti. Certo e come è ben noto, il problema della difesa del suolo in Calabria non è semplice e anzitutto obbliga a delle scelte di carattere socio~economico precise, olnre che all'individuazione di quelle aree dove, più che utile, è possibile l'intervento umano. In tale ricerca non va inoltre sottovalutato il rapporto tra difesa del territorio e difesa delle coste; rapporto che, in particolare per la stretta penisola calabrese, rende concreta ed esalta in tempi brevi la contrapposizione delle due finalità. Non bisogna, infatti, dimenticare che la persistenza nel tempo delle coste è strettamente legata alla quantità di materiale detritico che, attraverso i fiumi, fornisce la terra emersa: materiale detritico che una intensiva sistemazione di tutti i bacini fluviali può nettamente ridurre o addirittura annullare. Il problema quindi della difesa del suolo in Calabria si pone come ricerca di delicati equilibri che, partendo da varie ed esaurienti conoscenze di base, prima t,ra queste quella geologica, trovi una soluzione che però non pretenda velleitariamente di sostituirsi o di annullare la naturale evoluzione morfologica delle terre emerse, ma piegp.i invece questa naturale evoluzione alle finalità sociali ed economiche di un paese civile. FELICE IPPOLITO e ANTONINO IETTO La coltura del pomodoro in provincia di Salerno La coltura del pomodoro è, senza dubbio, una delle più difficili, sia perché risulta molto attiva ed esigente, sia perché è facilmente soggetta a gravi avversità di ordine economico e parassitario. Innanzi tutto, al fine di migliorare la produzione ed incrementarla quantitativamente, data la sua destinazione quasi globale ad uso industriale, bisogna procedere alla risoluzione definitiva del seme in relazione ai diversi tipi di col1 tura ed alla destinazione delle relative prqduzioni, nonché al miglio51 BibliotecaGino Bianco
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