Giornale a più voci ai limiti delle opere dissestate e di tutte le altre realizzate nei vari bacini che ha salvaguardato la sicurezza di vite e beni. Ovviamente la stessa alluvione ha messo in evidenza quanto ancora resti da fare sui torirenti, che non è certo poco. Oltre, infatti, alla necessità di ripristinare le opere messe in crisi, ristrutturandole alla luce delle nuove conoscenze acqtùsite, molto resta ancora da fare su diversi bacini e tra questi, limitatamente alle aree più disastrate dalla recente alluvione, si citano: il bacino del Ciancio; l'alto bacino dell'Allaro; il bacino dell'Elia e un po' quasi tutti i tratti medi e superiori dei vari torrenti, i quali, per lo più, risultano sistemati nei tratti terminali e di foce, dove lo sfruttamento del territorio è maggiore. Ma se una constatazione positiva può essere fatta per quanto concerne il comportamento dei fiumi, date le sistemazioni ivi operate, altrettanto non può dirsi per quanto concerne la reazione propria dei terreni all'eccezionale evento alluvionale. E ciò sia per l'assoluta scarsità delle opere estensive a difesa e conservazione del territorio, sia perché il fenomeno meteorico è stato di tale intensità da determinare dissesti che, travalicando qualsiasi intervento umano di sistemazione preventiva, derivano direttamente dai caratit:eri geologici fondamentali della regione. In relazione al problema della stabilità dei versanti, ivi considerando litologia e geotecnica, una schematizzazione per grandi linee della Calabria, almeno della valle di S. Eufemia allo stretto di Messina, può essere quella riportata di seguito. Un'ossatura centrale, costituente il basamento di quanto è in emersione, forma le dorsali appenniniche del gruppo delle Serre e dell'Aspromonte e, a luoghi, si estende fino quasi a picco sul mare, come sul Tirreno all'altezza di Palmi e Scilla o sull'Ionio tra Catanzaro Lido e Soverato. Tale formazione di base presenta una costituzione prevalente cristallina: granitica (gruppo delle Serre) o gneissica (Aspromonte). Ma, come si è più volte rilevato, questi terireni, intensamente fratturati a seguito delle subite vicissitudini tettoniche fino a notevole profondità, danno origine a spessi manti di materiali degradati e a luoghi fortemente argillificati. Tali manti raggiungono in media spessori attorno ai 20-25 metri e la variabilità per punti dipende dalle maggiori o minori condizioni di protezione del versante dagli agenti erosivi esterni. Gli stessi costituiscono comunque dei terreni in perenne condizione di stabilità precaria per poco che le pendenze dei versanti superino valori angolari sui 15-200. A tali formazioni rocciose, che, come detito, costituiscono la dorsale mediana della penisola calabrese, succedono sovente a quota più bassa, segnatamente nelle zone aspromontane e più sui versanti jonici che su quelli tirrenici, terreni filladici per lo più in stato di elevata degradazione fino all'a,rgillificazione. Si citano a riguardo gli affioramenti delle medie valli dello Stilaro, dell'Allaro, dell'Amendolea, del Pisciato, del Melito. Sulle filladi o direttamente sui graniti e sui gneiss, si sovrappongono, in genere alle quote più basse e a costituire per lo più le fasce collinari pedemontane, i sedimenti trasgressivi dei vari cicli dal Miocene al Quaternario. 49 BibliotecaGino Bianco
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