Nord e Sud - anno XX - n. 162 - giugno 1973

Girolamo Cotroneo de facto, a realizzare storicamente i progetti e le potenzialità che contiene. A questo punto la distinzione fra ideologia e utopia cade da sola (e bene ha fatto Ronchey a utilizzare i termini come sinonimi) attraverso la semplice costatazione che nell'ambito dello stesso progetto vi è un margine trascendentale, o un margine toutcourt, che in nessun caso può essere compiutamente realizzato (e questo sia che si tratti di un « progetto » individuale che di uno collettivo, diciamo, di classe o di gruppo). Tutto ciò per due ordini di ragioni: prilno, perché, in senso generale, la « idealità » - a causa, se si vuole del'imperfezione e :finitezza dell'uomo - non riesce mai a concretizzarsi interamente, per cui, partendo da questa prospettiva, fra l' « essere » e il « dover essere » resta sempre una incolmabile frattura (la critica hegeliana della « ragion pura pratica » di Kant è, al riguardo, esemplare); secondo, perché, in senso particolare, come Sartre ha insegnato, ogni « progetto » urta sempre con il progetto dell'Altro ( o degli altri), per cui nessuno di essi può mai attuarsi interamente. Che cosa vuole significare tutto questo discòrso? In primo luogo, che la critica delle ideologie è assai più complessa di quanto non abbia creduto certo neomarxismo semplicista, che non sembra avere compreso neppure il significato pratico-politico del discorso di Marx; in secondo, che per impostare un discorso sulle « ideologie » occorre anzitutto saper distinguere in che se.nso esse si presentino in maniera positiva (cioè come stimolo a un'azione politica di natura progressista) o in maniera negativa (come intralcio all'azione); oltre che collocarsi « all'interno » di esse per conoscere l'ambiente culturale e socio-politico in cui nascono e si sviluppano - come appunto ha fatto, e lo vedremo meglio dopo, Alberto Ronchey. Ora, senza quella preliminare distinzione fra momento empirico (diciamo noi: utopico, direbbe Mannheim), che rappresenta la realizzazione storica delle dottrine politico-sociali, e momento trascendentale (o ideologico, secondo Mannheim), che ne rappresenta il margine di irrealizzabilità, qualunque discussione si presenterebbe poco meno che superficiale, privandosi di uno strumento metodologico essenziale per leggere in chiave storica e non in termini di astratto razionalismo le avventure delle ideologie. Ronchey - poiché è sempre lui il punto costante di riferimento del nostro discorso, anche quando sembra esserne lontano - ha dato implicitamente una risposta che chiameremmo, senza alcun intendimento svalutativo, « positivista »: e se volessimo andare a cer10 BibliotecaGino Bianco

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