Nord e Sud - anno XX - n. 162 - giugno 1973

Giovanni Coda Nunziante l'interesse per un gioco che si svolge esclusivamente a livello parrocchia)e. Ciò non può che creare un certo sentimento di fastidio e di insofferenza per la sempre maggior invadenza delle decisoni prese a Bruxelles, che talvolta vengono a turbare le regole di questo gìoco. È necessario asserire nel modo più chiaro che questo atteggiamento può essere estremamente controproducente ai fini dell'inserimento dell'Italia nella Comunità. Esso non può che sfociare in una presenza magari aggressiva, ma in pratica rinunciataria dell'Italia a Bruxelles, proprio in un momento in cui questa presenza è più che 1nai necessaria. Diverso l'atteggiamento di coloro che lamentano come certi iinpegni in sede comunitaria siano stati presi dai Governi degli anni '60 e dei primi anni di questo decennio, senza sufficiente controllo del Parlamento. Anche in questo caso la colpa non può che ricadere su di un Parlamento troppo provincialmente impegnato solo nelle battaglie di casa nostra. Per far sì che questo discorso non rimanga solo uno sterile esercizio a proposito del latte versato, è auspicabile che a partire da oggi il Parlamento richieda 1naggiori assicurazioni di essere preventivamente consultato. Vanno perciò condivise recenti proposte procedurali in questo senso. Sarebbe, tuttavia, nocivo pensare di poter ancora decidere indipendentemente o in difformità da certì indirizzi della Comunità. Se una programmazione venisse basata su tali principi essa sarebbe destinata all'insuccesso. Al contrario, ripetiamo che uno degli obiettivi principali della programmazione non può che essere quello di favorire l'inserin1ento della nostra economia e della nostra società nella Comunità. Una volta fatta questa doverosa autocritica, bisogna però riconoscere che certe perplessità su alcuni sviluppi della Comunità Europea sono più che fondate. Aggiungendo subito che non può che essere responsabilità dei paesi membri, e quindi dell'Italia in primo luogo, di correggerli. È evidente che la Comunità non può pretendere che l'Italia operi sempre e comunque i suoi aggiustamenti avendo come modello le strutture e le situazioni degli altri paesi. Ciò dovrà pur avvenire il più delle volte, nella misura in cui tali strutture sono effettivamente più moderne e migliori di quelle italiane. Ma è chiaro, che la CEE dovrà anche tener conto di quelle che sono le situazioni ed i problemi reali del nostro Paese. L'impegno maggiore dell'Italia deve consistere nel presentare questi problemi in modo chiaro e credibile, non dando l'impressione di strumentalizzarli per giustificare certi ritardi. Non possiamo aspettarci che altri si assuma la funzione di nostro avvocato. Può essere fra l'altro ben chiarito che nella misura in cui la Co106 BibliotecaGino Bianco

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