Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

La • • 9 r1v1nc1ta di Croce di Girolamo Cotroneo Il 20 novembre dello scorso anno è caduto il ventennale della morte di Benedetto Croce. Non è certo il caso - a tanta distanza di tempo - di tentare un discorso che possa sembrare commemorativo: ma è ancora il tempo per chiedersi le ragioni della freddezza con cui la cultura italiana ha accolto quella data. Tutto ciò infatti che in quei giorni è stato scritto in Italia - tranne che in qualche lodevole eccezione - non è andato oltre certi luoghi comuni ormai abitualmente associati al nome di Croce, quando addirittura non sono state delle pure e semplici sciocchezze, che dimostrano soprattutto quanto poco familiari siano le pagine del1' opera crociana a coloro che si atteggiano a severi censori di essa (come del resto ha largamente dimostrato Alfredo Parente nell'ulLimo fascicolo del 1972 della « Rivista di Studi Crociani »). Ma, forse mai come in questo caso, più di quanto è stato detto, vale ciò che non è stato detto: nel senso che la scarsa eco ottenuta dal ventennale crociano è forse più significativa delle scialbe argomentazioni di un Abbagnano o di un Montale, o dei clamorosi fraintendimenti di un Arnold Toynbee, chiamato, non si sa a quale titolo, da quell'ineffabile istituzione che è la Rai, a commemorare la morte di Croce (fraintendimenti fortunatamente compensati dalle intelligenti parole di quel grande storico che è Fernand Braudel). Si tratta di un silenzio non certo casuale: il recente atteggiamento della cultura italiana di fronte a Croce ha seguito infatti un itinerario abbastanza preciso che va dalle furibonde discussioni degli anni immediatamente seguenti la fine della guerra - in larga parte coincidenti con gli ultimi anni della vita di Croce -, quando, finalmente liberi dalla « dittatura » crociana gli intellettuali italiani hanno sentito « drammaticamente» l'obbligo di polemizzare contro chi fino ad allora ne avrebbe soffocata la voce, al malcelato dispr~zzo degli anni intorno al Sessanta, fino all'attuale silenzio o, come usa dire, emarginazione. Si tratta di una parabola certa1nente molto approssimativa, ma della quale ci si può rendere benissimo conto con la semplice compulsazione dei cataloghi delle « grandi » casi editrici, nessuna delle quali negli ultimi anni ha praticamente 6

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==