Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Il filo del mazzinianesimo l'innaturale forzoso blocco interventista. La contrapposizione funesta fra classe e patria (fino all'insulsa e sciagurata parola d'ordine del '22 « rosso contro tricolore! » ), fra internazionalismo proletario e principio di nazionalità, portata avanti nel primo dopoguerra dalla sinistra di classe, apriva così il varco all'avvento del fascismo il cui capo, uscito proprio dalle fila di questa sinistra (e bisogna ran1mentare i grossolani sarcasmi del massimalista Mussolini, direttore dell'Avanti, rivolti all'indirizzo di « San Giuseppe da Genova »?), opererà a sua volta la scissione dell'indissolubile binomio mazziniano patria-libertà, idea di nazione-idea d'Europa. Come ha scritto Del Noce, « in realtà il fascismo sorge su un'intonazione estremamente notevole: al di sotto della realtà delle classi c'è un'altra realtà più profonda, che il comunismo ha ignorato, la realtà deHe nazioni ... Ma questa intuizione fu ripensata da Mussolini secondo le categorie del socialismo rivoluzionario in cui era cresciuto; per cui l'affermazione della realtà della nazione portò all'estremo quel momento ... sostituendo alla lotta delle classi la lotta delle nazioni per la potenza ». Il fascismo ad il suo capo pervennero così agli antipodi, checché ne abbia detto a suo tempo Gentile, del mondo ideale di Mazzini, stravolgendone del tutto il significato. Alla luce delle precedenti brevi considerazioni, tese a mettere in evidenza i nessi mediati o immediati fra mazzinianesimo e interventismo democratico, fra socialismo e nazional-fascismo, risulta tuttavia perlomeno sconcertante quanto lo stesso Del Noce ha voluto più volte sostenere. Dopo avere infatti testualn1ente riconosciuto che « la prima guerra mondiale fu imposta, da parte democratica, come guerra rivoluzionaria, all'insegna di Mazzini », Del Noce aggiunge, di quel Mazzini, « il massimamente inattuale tra tutti i pensatori politici dell'800 », il quale fu « il teorico di una rivoluzione che deve essere perpetuamente destinata alla sconfitta, il rivoluzionario che· apre la via al successo di modelli etico-politici che, da lui imprevisti, sono la negazione più completa dei suoi ideali ». La verità è invece eh non solo Mazzini previde con notevole esattezza il futuro assetto nazionale, ma avvertì anche che se la nuova Europa dei popoli non avesse contestualmente imboccato la strada del federalismo o, per rimanere più aderenti alla sua terminologia, della « associazione », essa sarebbe incorsa nel duplice rischio della « anarchia dell'indipendenza assoluta » e del « concentramento della conquista ». E non si può dire che le vicende europee successive al primo conflitto mondiale non abbiano confermato l'alto grado di realismo implicito nel presunto e un tempo schernito visionarismo del Genovese. Ma se in una parte del nostro Continente, che ha fato tesoTo della severa lezione degli eventi, noi stiamo assistendo al travagliato ma ir55

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