Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Il filo del mazzinianesimo sulla base di antiche e rinnovate istituzioni statali monarchiche. Dopo il '70, divenuta l'Europa per bocca di Bismarck, come già l'Italia per quella di Metternich, una semplice « espressione geografica », l'assetto politico continentale, temporaneamente sconvolto dal conseguimento dell'unità nazionale italiana e tedesca, si consolidò in nuovi equilibri, dando poi origine a quella gara di potenza cui anche il giovane Stato unitario dové piegarsi e adattarsi faticosamente, come poteva. Calatosi dunque, ma anche depotenziatosi, nel reale, l'ideale mazziniano, già ritenuto chimerica utopia, dell'unità italiana, sembrò a sua volta dissolto in maniera perentoria e relegato nel limbo dell'inattuabile l'auspicio dell'Apostolo, ormai prossimo alla fine, di un'Italia risorta raggruppante intorno a sé le novelle forze nazionali (secondo quanto si trova scritto in Missione italiana - Vita internazionale e Politica internazionale, rispettivamente del '66 e del '71 ). Come è noto Mazzini aveva sempre, a cominciare dalla Polonia, rivolto trepido le sue attenzioni a quelle nazionalità irredente del mondo slavo i cui problemi rimasero in sostanza congelati dopo il'70, fino alla prima guerra mondiale. Per tali problemi, va qui ricordato, il Genovese ebbe un impegno intellettuale quasi pari a quello che lo aveva animato nella battaglia per l'unità italiana, e si può anche aggiungere che egli intuiva nella rinascita o nell'avvento della coscienza nazionale dei popoli slavi l'esempio più alto della vitalità e della forza del principio nazionale. Mazzini aveva visto queste nazioni soffocate dall'anacronistica dominazione asburgica e ottomana, oltre che dall'autocrazia zarista, ma aveva temuto anche che a più lunga scadenza l'area slava e danubiano ..b.alcanica, la fascia di mezzo per così dire del Continente, potesse rimanere vittima delle ambizioni del già temuto nazionalismo tedesco da un lato e dall'imperialismo russo (per allora zarista) dall'altro. Alla luce degli avvenimenti europei dell'ultimo cinquantennio non c'è bisogno, ci sembra, di dover sottolineare la grande lungimiranza del Genovese, nonché la sua capacità di sorprendere i tratti essenziali del processo storico, sollecitandone ad una le spinte più profonde e pregne di significato universale. In effetti i nuovi stati nazionali preconizzati da Mazzini e sorti puntualmente nel primo dopoguerra sulle rovine degli Imperi centrali e di quello zarista hanno rivelato anche in seguito una vitalità straordinaria, sopravvivendo energicamente a due terribili occupazioni, a quella cioè tedesca· fra 1 '39 e il '44 ed alla suvcessiva russo-sovietica. Fu dunqµe attraverso il sanguinoso travaglio del primo conflitto mondiale, impropriamente definito da qualche autorevole voce una« inutile strage », che i principi di nazionalità e di autodeterminazione na53

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