Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Tarcisio Anzato done insomn1a alla radice ogni possibile implicazione reazionaria!), conconsiderò sempre la nazione quale indispensabile anello intermedio fra il generico individuo e la generica umanità, nel corso della sua riflessione e della sua azione politica giunse anche a consolidare e perfezionare l'idea che non l'astratto cosmopolitismo massonico-carbonaro di stampo settecentesco e neanche il fuorviante diversivo dell'internazionale proletaria potevano e dovevano costituire l'approdo del travaglio storico della società europea, bensì in ultima analisi soltanto quegli Stati Uniti d'Europa cui anche Cattaneo, l'altro dioscuro della nostra tradizione laica e democratica, legherà la sua riflessione. Ciò venne riconosciuto implicitamente, come tutti sanno, da quel severo interprete di Mazzini che fu il De Sanctis, là dove egli rnise in risalto l'importanza storico-ideale della posizione mazziniana, la quale era volta a combattere « un'idea di falso cosmopolitismo, di libertà universale », a favore del principio che vera base « della futura federazione europea dev'essere la ricostituzione delle unità nazionali ». Ed è appena il caso, crediamo, di ricordare come persino Croce, mazziniano malgré lui nella sua Storia d'Europa, ma non propenso a dare .di Mazzini per ogni verso un giudizio storico del tutto benevolo, abbia riconosciuto non solo che l'europeismo del grande Genovese era « un pensiero serio», ma anche che sarebbe venuto il tempo in cui quel pensiero, risorgendo, avrebbe gettato « forti radici ». Proprio quando la quarantottesca « primavera dei popoli » si andava rapidamente estinguendo Mazzini, questo presbite eccezionale, proclamerà da Losanna nel 1849 con invitta fede: << Tendenza innegabile dell'epoca ch'or s'inizia è quella di ricostruire l'Europa, ordinandovi a seconda delle vocazioni nazionali un certo numero di Stati... E questi Stati s'assoderanno, mercé la de1nocrazia, intimamente più sempre. Le nazioni saranno sorelle. Libere indipendenti nella scelta dei mezzi a raggiungere il fine comune e nell'ordinamento delle loro forze per tutto ciò che riguarda l'interna vita, si stringeranno a una fede, ad un patto per tutto ciò che riguarda la vita internazionale. L'Europa dei popoli sarà una, fuggendo a un tempo l'anarchia d'una indipendenza assoluta e il concentramento della conquista ». Certo è che la quarantottesca « primavera dei popoli » (nella quale fra l'altro fecero già apparizione segni premonitori di futuri dissidi nazioI?-ali, di quello insomma che 1"1azzini bollò come « gretto spirito di nazionalismo, sostituito a quello della Nazione ») fu anche subitamente raggelata da una seconda Restaurazione. E in questa riuscì a far varco solo chi seppe, con realismo, virtù diplomatica e forza militare, conseguire obiettivi nazionali fuori del quadro universalistico mazziniano e 52

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