Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Argomenti Questa situazione si rivelò provvisoria. Nei giorni immediatamente seguenti, la speculazione contro il dollaro riprese più violenta di prima. Il 23 febbraio il prezzo dell'oro nel mercato libero riprese a salire, e toccò il livello mai più raggiunto di 95 dollari l'oncia. Il 1 ° marzo, una nuova ondata di acquisti di marchi portò ad una nuova chiusura dei mercati valutari il giorno seguente. Questa volta la sospensione delle contrattazioni di borsa durò tre settimane. Alla riapertura dei mercati, il 19 marzo, il regin1e dei cambi appariva sostanzialmente mutato. Franco, marco, e corona danese attuarono una fluttuazione congiunta delle proprie valute rispetto al dollaro; a tale tipo di fluttuazione si associarono anche Svezia e Norvegia. Lira sterlina e lira italiana rimasero fluttuanti rispetto a tutte le altre valute, ivi comprese quelle comunitarie. Con questo ultimo assetto, il regime dei cambi fissi era sostanzial111ente abbandonato, e le prospettive di una unione monetaria europea rinviate a tempo indeterminato. Sembra chiaro che le vicende del sistema monetario internazionale palesino l'esistenza di un conflitto di interessi all'interno del blocco occidentale, fra Stati Uniti e paesi europei. La natura esatta di questo conflitto è stata oggetto di diverse interpretazioni, ciascuna delle quali, in parte, è emersa dalla narrazione degli eventi effettuata in precedenza. Una prima ipotesi, già richiamata, è che la crisi del sistema dei pagamenti internazionali vada interpretata come un insieme di tentativi, da parte degli Stati Uniti, di conservare al dollaro la sua posizione di valuta chiave dei rapporti internazionali, nonostante l'affermarsi di altre valute più solide e apprezzate. In particolare, gli Stati Uniti avrebbero cercato di osteggiare la forn1azione di un'area valutaria europea, perché questa, più che le singole valute nazionali, avrebbe pregiudicato la posizione del dollaro. Ad alcuni questa interpretazione è apparsa ingenua, in quanto anche in presenza di una unione monetaria europea, gli Stati Uniti avrebbero sempre conservato piena indipendenza nel governo della propria moneta, e quindi piena possibilità di procedere a svalutazioni del dollaro, indipendentemente dal grado di solidarietà e di integrazione delle valute europee (L. Spaventa, in Rinascita, 1973, n. 13). In realtà, la creazione dell'area valutaria europea non avrebbe come scopo quello di imporre al dollaro un corso determinato, cosa questa che sarebbe eviden- · temente ingenuo attendersi; bensì quello di· creare una valuta che possa in parte sostituire il dollaro nei pagamenti internazionali. Per questo scopo, occorre una valuta che sia disponibile in quantità sufficientemente ampia da alimentare le riserve dei paesi partecipanti agli scambi; occorre una valuta che sia _disponibile in quantità sufficientemente ampia 43

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