Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Giornale a più voci critiche troppo semplicistiche, come l'unica risultante, in tal caso negativa, del processo di sviluppo volontario che si sta attuando: essi vanno certamente annullati o minimizzati, ma costituiscono anche il segno più tangibile di quegli effetti di polarizzazione che si volevano provocare. È anche da notare che sono stati condotti tentativi di misurazione del grado d'influenza di singoli fattori o di gn1ppi di fattori. Questi tentativi non hanno dato risultati veramente significativi. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che ogni impresa ha un suo particolare problema di localizzazione, onde non è possibile fornire norme generali in materia a meno che non si voglia ricorrere ad ipotesi talmente sen1plificatrici da non aver alcun valore in senso reale. All'inizio degli anni sessanta si paventava il pericolo che la politica dei poli di sviluppo non potesse realizzarsi pienamente se non fosse stata integrata dalla formula degli assi di sviluppo attrezzati. Fu inoltre rilevato che il limite della teoria dei poli di sviluppo consisteva principalmente nella possibilità che i poli venissero considerati solo nel senso restrittivo di impresa n1otrice e non anche in quello più proprio di aree capaci di attirare una serie di attività industriali, agricole, commerciali, turistiche. Oggi il pericolo di una carenza di assi di sviluppo si può dire superato anche nelle regioni più periferiche, resta invece ancora vivo il rischio che i grandi impianti insediati al Sud non riescano a detern1inare nelle loro aree d'influenza il sorgere di una fitta rete di attività produttive complementari e, in più, che si debba riscontrare una persistenza degli effetti poco auspicabili e del fattore inerzia e di taluni distorti fattori politici. GIULIO CATERINA 33

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