Giulio Caterina zione, che sono capaci di provocare una vera e propria inerzia regionale per la quale l'opportunità di collocare l'industria in altro ambiente lontano non viene neppure presa in esame. Toschi rileva che la possibilità per talune industrie di stabilirsi nel Mezzogiorno, e magari prosperarvi più che se fossero state ubicate nel Nord, è stata per 1nolti una scoperta. I fattori politici hanno una importanza a volte decisiva per il superamento del fattore inerzia. Infatti la tendenza all'equidistribuzione territoriale e la tendenza ad aumentare le risorse nazionali orientano l'azione dello Stato verso una politica di pianificazione che ricorre a provvedimenti, debitamente graduati, ora incentivanti (creazione di infrastrutture, sgravi fiscali, aperture di credito) ora disincentivanti (vincoli sulla destinazione delle aree, impedimenti di varia natura). Abbiamo usato volutamente il termine decisivo jn quanto tra i fattori di localizzazione mentre numerosi sono i fattori indifferenti, incapaci cioè di avere influenza da soli sulla scelta del luogo, uno soltanto è fattore decisivo, cioè presenta un ulteriore vantaggio per una localizzazione. Naturalmente per fattore qui intendiamo sia un fattore elementare, sia una combinazione di fattori. Il concetto di fattore decisivo ci fa intendere il meccanismo di azione delle manovre dei governi al fine di orientare l'insediamento verso determinati luoghi. Così, ad esempio, una politica di incentivi e disincentivi può provocare delle mutazioni sul valore dei fattori in grado di trasformare in decisivi fattori che altrimenti sarebbero indifferenti. La modifica del valore dei fattori costituisce lo strumento cardine per perseguire un programma di equidistribuzione spaziale. Una critica spesso avanzata contro tali tipi di manovre è che l'artificiosità di talune localizzazioni, ispirate da fattori politici più che tecnici, possa generare situazioni di squilibrio. Contro queste tesi è stato osservat<? che tale squilibrio è solo temporaneo ed apparente, per il motivo che l'obbiettivo finale è pur sempre quello dello sviluppo equilibrato, cui si perviene attraverso la serie successiva di altre localizzazioni provocate da quelle strategiche originarie (cfr. MARIO DE LUCA, Formule di riduzione degli squilibri econon1ici territoriali, in « Rassegna Economica », n. 1, 1964). Dobbiamo ora dire che, se dalla teoria generale della localizzazione passiamo alle situazioni di fatto fornite dall'esperienza, ci rendiamo conto come certe schematizzazioni in materia d'insediamenti risultino almeno improbabili. Difatti con la manovra dei fattori non sempre si riescono ad ottenere i risultati voluti. Molto spesso appaiono distorsioni che, anche se temporanee, lasciano tracce più o meno rilevanti nel processo di sviluppo. La più appariscente di tali distorsioni è certamente quella, appena ricordata, dell'iniziale squilibrio cagionato da alcuni tipi d'insediamenti; pensiamo, ad esempio, a quello di una industria motrice in un'area di sottosviluppo. Tali localizzazioni sono immancabilmente accompagnate da sfasature di ogni sorta che vanno dalla insufficienza dei sistemi di trasporto alla inesistenza di abitazioni e servizi in genere. Questi squilibri non vanno però considerati, come invece fanno talune 32
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