Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Maurizio Mistri dovuto avere come vertice l'un1anità si è rovesciata, con un vertice che si dilata ed una base che si restringe sempre di più. Ora si rimprovera alla scienza economica di aver impostato i calcoli sull'accrescimento della ricchezza collettiva su assunzioni con1pletamente errate. Prima di tutto si fa notare che gli economisti hanno assunto l'ipotesi che la terra fosse un sistema aperto e quindi non mai esauribile. Inoltre si obietta che i calcoli di efficienza economica sono stati condotti prescindendo da ogni considerazione dei costi sociali (le attuali diseconomie esterne) scaricati ora sulla collettività, ora sulle generazioni future. In tal modo sembra che il vantaggio economico che l'u1nanità ha ritratto dalla trasformazione produttiva generalizzata vada ridotto dalla presenza di un pesante passivo sociale che, tra l'altro, sembra aumentare anch'esso in maniera esponenziale, ed ora molti, forse un po·· millenaristica1nente, attendono il momento del collasso ecologico del nostro pianeta, il momento del « crack», causato da una disennata amministrazione delle risorse naturali. Per questo motivo ci si sente autorizzati a parlare di « limiti dello sviluppo», in quanto si argomenta che prima o poi lo sviluppo economico dell'umanità, che si traduce nella crescente utilizzazione delle risorse naturali, impatterà nei confini costituiti dalla crisi dell'intero ecosistema, incapace orrnai di attivare i naturali meccanismi equilibratori. Altri, poi, si augurano che un limite allo sviluppo venga messo in atto mediante una scelta precisa di tutto il genere umano. Indubbiamente moìti dei rilievi critici degli ecologi nei confronti della scienza economica hanno una loro validità, perché è giusto rimproverare agli economisti il fatto di non aver preso nella dovuta considerazione il peso delle diseconomie esterne, il fatto di aver considerato le risorse naturali corr1e inesauribili, il fatto di non aver posto tra gli obiettivi della programmazione quello della salvaguardia dell'ambiente naturale. Ma pur amn1ettendo la validità dei suddetti rilievi, come economisti ci sentiamo in obbligo di muoverne alcuni agli ecologi. Il primo rilievo che dobbiamo muovere è relativo allo spirito con cui le proiezioni degli ecologi vengono fatte; si tratta, cioè, di uno spirito, come ebbe modo di dire un marxista italiano (G. Berlinguer al Convegno dell'Istituto Gramsci su Uomo, natura e società}, pervaso di 1nillenarismo. Invero si può ravvisare una certa analogia tra antiche condanne, basantesi sul rifiuto religioso della conoscenza acquisita dall'uomo prometeico, e le attuali condanne dell'ecologia nei confronti dell'uomo utilitaristico. Così l'ecologia rischia di ricondursi sul terreno di quelle filosofie neganti ogni valore allo sforzo umano, ed il pericolo è maggiore perché l'ecologia riesce a porsi sullo stesso terreno del materialismo economico ed a ragionare in termini di convenienza prospettica. Si tratta di uno stravisamento concettuale dal quale gli ecologi debbono guardarsi e già basta osservare l'atteggiamento dei 1narxisti nei confronti della critica ecologica per accorgersi di quanto profondo sia diventata l'incomprens10ne del messaggio ecologico in persone che pur dovrebbero essere abituate 24

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